De Luca e la crociata sessuofobica: ma la prostituzione non è reato

di Palmira Mancuso – In Italia la prostituzione non è reato: siamo costretti a scriverlo a chiare lettere, visto che nelle ultime settimane il sindaco Cateno De Luca ha ingaggiato una personale crociata moralizzatrice che ha provocato polemiche e levate di scudi anche da parte di molte donne.  Di fatto da circa due settimane prostitute e clienti che il sabato sera (ma solo il sabato) si incontrano per fare sesso, rischiano di trovarsi dietro la porta sindaco, assessore, vigili urbani e cellulari pronti a scattare una foto che possa testimoniare il blitz.

Posto che chi decide di prostituirsi non commette alcun illecito, e che tuttavia, ci sono delle condotte che riguardano la prostituzione e che costituiscono reato, ovvero lo sfruttamento e il favoreggiamento della prostituzione, nonché l’esercizio della stessa all’interno delle cosiddette case di tolleranza,  di cui la famosa Legge Merlin ha segnato la chiusura.

In pratica l’esercizio della prostituzione in un luogo chiuso è sempre vietata; non sono però previste sanzioni per coloro che si prostituiscono, né per i clienti. Le sanzioni sono rivolte esclusivamente alle persone che, mettendo a disposizione un locale oppure gestendo, dirigendo o amministrando una struttura, acconsentono che in essa si svolga la prostituzione.

E’ facile capire quindi anche quali sono i limiti dell’azione propagandistica del sindaco-sceriffo che sostituendosi persino alla legge, piuttosto che creare le condizioni per affrontare in maniera seria una questione complessa, la spettacolarizza.

Alla legge non interessano le motivazioni che spingono una persona a prostituirsi: chi si dà al meretricio potrebbe essere mosso dalla volontà di arricchirsi, di guadagnare per tirare avanti, perché non ha altra scelta per poter pagare i debiti, perché vuole provare nuove esperienze, ecc. Insomma: per la legge importa solo che si faccia liberamente, senza alcuna pressione esterna.

Al sindaco invece cosa importa? non sarebbe più sensato che l’assessorato ai servizi sociali o alle pari opportunità, vista la sua “sensibilità” riguardo al tema dei sexworkers, offra dei servizi di informazione o uno sportello per le denunce di chi invece non lo fa per scelta, metta in rete chi ogni giorno affronta a vario titolo la realtà della sessualità a pagamento? Postare lenzuola “peccaminose” in un appartamento centralissimo in via Risorgimento, e farci sapere che li “operano” due donne straniere, con nazionalità di Santo Domingo, è un atto di giustizia o di giustizialismo? A chi serve, insomma.

L’approccio moralista e proibizionista è certo una scelta politica, ma il sindaco sappia che non è ridicolizzando o tentando di sminuire con attacchi personali chi muove critiche, o usando una donna-assessore per dare l’idea di un coinvolgimento di genere, che potrà cancellare la cultura del diritto per il quale molti cittadini sono pronti a dare battaglia. Non sulle persone, signor Sindaco, ma sulle azioni. La sua crociata sessuofobica non fa che alimentare pregiudizi e violenza verbale sui social: e prima o poi chi avvelena i pozzi è costretto a bere di quella stessa acqua.

 

 

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