Scuola. Intervista a suor Anna Monia Alfieri: “Ecco le mie soluzioni per traghettare la scuola fuori dall’emergenza”

di Salvatore Di Bartolo – Nelle ultime settimane il tema scuola è nuovamente balzato con prepotenza al centro del dibattito politico. E si sa, quando si tratta tale tematica, non si può non dare spazio al punto di vista di Suor Anna Monia Alfieri,  religiosa delle Marcelline, laureata in Giurisprudenza nel 2001, in Economia nel 2007, conseguendo anche il Diploma Superiore di Scienze Religiose. E’ legale rappresentante dell’Istituto di Cultura e di Lingue Marcelline. Tra le voci più accreditate sui problemi dell’organizzazione dei sistemi formativi, collabora con la Divisione Enti non Profit di Altis (Alta Scuola Impresa e Società) dell’Università del Sacro Cuore di Milano, per l’organizzazione dei corsi di Alta Formazione (in management e alta dirigenza scolastica) per gli Istituti Religiosi e per la docenza negli stessi. Dal 2016 fa parte della Consulta di Pastorale scolastica e del Consiglio Nazionale Scuola della CEI. Numerosi sono i suoi contributi scientifici su Riviste specializzate e in volumi collettanei

Sempre diretta e mai scontata, la religiosa, fresca di vittoria dell’Ambrogino d’oro, ha analizzato approfonditamente per Messina Ora i tanti problemi che attanagliano il mondo della scuola fornendo interessantissimi spunti ed esaustive risposte alle domande che oggi si pongono milioni di famiglie italiane.

  1. È slittata ulteriormente la riapertura della scuole superiori. Ritiene corretta la decisione assunta dal governo? La decisione era abbastanza prevedibile. In Italia la scuola non è rimasta chiusa a causa del Covid, basti pensare che negli altri paesi europei si è progressivamente provveduto alla riapertura già dallo scorso mese di aprile. Nel nostro paese ciò non è avvenuto perché l’emergenza sanitaria non ha fatto altro che acuire i problemi di un sistema estremamente stressato che sovrautilizza le scuole statali causando il sovraffollamento delle aule e dei mezzi di trasporto e la carenza degli organici. La differenza con i sistemi scolastici europei risiede proprio in un’eccessiva sproporzione tra l’utilizzo delle scuole statali e di quelle paritarie.
  2. Come avrebbe gestito la situazione al fine di garantire la riapertura in presenza delle scuole superiori già dal 7 gennaio? Sarebbe stato opportuno stringere dei patti educativi tra le 40mila scuole statali e le 12mila paritarie presenti sul territorio nazionale al fine di poter redistribuire al meglio gli 8 milioni di studenti italiani, garantire loro un’adeguata istruzione in strutture già collaudate e decongestionare i mezzi di trasporto. Ciò era quello che andava fatto nei 200 giorni estivi. È semplicemente impensabile credere di poter ripartire in sicurezza solo munendo le aule di gel e banchi a rotelle. A queste condizioni si rischia seriamente di ripartire solo a settembre 2021, lasciando peraltro indietro decine di migliaia di studenti.
  3. A tal proposito, ritiene che in questi mesi di didattica a distanza sia stato leso il diritto allo studio degli studenti italiani? Assolutamente si. In questi mesi la didattica a distanza è stata del tutto improvvisata ed è potuta andare avanti solo grazie agli eroici sforzi dei docenti. Ha letteralmente escluso 1 milione e 600 mila studenti appartenenti alle fasce sociali più deboli o ad aree geografiche più disagiate ed emarginato 300 mila studenti con disabilità. Il risultato è pertanto fallimentare, avendo determinato arretratezza culturale ed ampliamento delle diseguaglianze sociali.
  4. Da anni lei si batte per la libertà di scelta educativa. Crede che in questi mesi il Ministero dell’istruzione abbia garantito la giusta attenzione alle scuole paritarie? In questo momento il vero allarme è dover assistere ad una depredazione culturale senza precedenti ed alla perdita di un immenso patrimonio umano. In questi mesi il governo ha pericolosamente sottovalutato i problemi che affliggono il sistema educativo ed ignorato volutamente una grande risorsa qual’è la scuola paritaria. Le conseguenze di questa miopia politica oggi la pagano gli studenti italiani. Per ripartire davvero la scuola statale deve necessariamente andare di pari passo con quella paritaria. Non dimentichiamo che, tra l’altro, uno studente della scuola paritaria costa al sistema in media 5.500€, mentre uno di quella statale ben 8500€, risorse, quest’ultime, che tuttavia si perdono nella farraginosità della macchina burocratica italiana.

5. Se potesse cambiare una sola cosa dell’attuale sistema educativo di istruzione, cosa cambierebbe? Il Covid ha sfidato la scuola nel suo unico nodo irrisolto, ovvero l’assenza di pluralismo e di libertà di scelta educativa. Bisognerebbe semplicemente rivedere le linee di finanziamento e concedere alle famiglie italiane la libertà di scelta del percorso educativo per i propri figli assegnando loro direttamente una quota capitale sotto forma di voucher, bonus o sgravio fiscale. Questo è quanto già avviene nei sistemi scolastici dei principali paesi europei, ma non nel nostro, perché, evidentemente, andrebbe a ledere pesantemente degli interessi particolari. L’unica modalità per attuare una soluzione del genere è, pertanto, un coinvolgimento trasversale di tutto il parlamento. Solo attraverso la partecipazione responsabile di tutte le forze del panorama politico nazionale si potrà dare attuazione ad un piano di questa portata, il solo che consentirebbe di traghettare la scuola italiana fuori dall’emergenza.

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