La storia di chi ha chiuso una relazione tossica: “una storia di resilienza”

In occasione del 25 novembre, Giornata Internazionale Contro la Violenza sulle Donne, l’artista Simona Ponzù Donato racconta la storia di una ragazza che ha chiuso una relazione tossica, ma anche il contesto e l’evoluzione della stessa.

Oggi voglio raccontarvi di una ragazza che ha un passato molto duro e doloroso. Credo che storie come la sua siano fondamentali in una giornata come il 25 Novembre. La sua è un’intera esistenza fatta di abusi, violenze e maltrattamenti. Non posso raccontarvela tutta perché sarebbe troppo lunga per il contesto, vi basti sapere che sin da bambina ha dovuto imparare cosa gli uomini sono in grado di fare alle donne, anche quando sono talmente piccole da essere totalmente incoscienti di ciò che accade loro. Vi voglio raccontare di come oggi, dopo una vita di traumi, nonostante tutto, lei sia riuscita ad arrivare fin qui e come è riuscita a sopravvivere all’ennesimo uomo violento.

La sua storia incarna perfettamente il significato della parola resilienza.

Chiusa l’ennesima relazione fallimentare, un giorno incontra un uomo che sembra diverso da tutti gli altri. Ormai non è più una bambina ma, nonostante tutto, mantiene uno sguardo troppo ingenuo per un mondo così spietato. Si è sempre fidata, sbagliando. Quest’uomo si comporta in modo totalmente diverso rispetto a quelli che aveva conosciuto in precedenza. Sin dal primo momento la riempie d’amore, di premure, di dolcezza, colma ogni spazio vuoto della sua vita riempiendolo di tutte le attenzioni di cui lei ha sempre avuto un disperato bisogno.

Quando sta con lui non è semplicemente felice, si sente dissetata.

Una vita intera trascorsa a cercare la metà della sua mela: finalmente l’ha trovata. Lui vuole un rapporto totalmente sincero e quindi lei gli racconta ogni cosa di sé. Parla a tutti di lui dicendo quanto sia meraviglioso e i suoi amici ogni tanto la prendono in giro perché, quando non sono insieme, si sentono per telefono mille volte al minuto. Con lui ha un rapporto del tipo “siamo felici solo insieme”. Lui le fa capire che preferisce che le “loro cose restino loro e basta”, quindi lei non racconta dettagli, ha capito che è un tipo riservato. Lo ama e lo rispetta, anzi in alcuni momenti arriva al punto di venerarlo. È un idillio e, spesso, sente come se fosse troppo per lei per meritarlo.

Se fosse questa la fine della storia sarebbe un happy ending, ma sappiamo tutti che non è così.

Ma il comportamento dolce e premuroso di quell’uomo cambia. Non è una trasformazione radicale, avviene in modo soft e graduale. Più che altro è un atteggiamento instabile, diciamo che ci sono delle ombre, atteggiamenti alla “bello e dannato”. Effettivamente, sin dall’inizio, le aveva detto che aveva un passato difficile e doloroso, con cui lei non poteva far altro che empatizzare. Ciò che lui le dà però, inizia a essere intermittente. In realtà lo era sempre stato solo che mentre prima era un fatto più sporadico, ormai era diventata un’abitudine.

Gli indizi ci sono, è lei che non riesce a vederli, ha la mente annebbiata.

Nel giro di poco tempo la relazione cambia, arrivano i primi litigi molto violenti, le prime crisi, momenti di disperazione assoluta in cui lei proprio non riesce a comprendere cosa stia accadendo, sa solo che rivuole i momenti belli e quindi inizia a sentirsi colpevole, anche perché ogni discussione si conclude come se effettivamente fosse colpa sua. Lei non si sente abbastanza, “cammina sui gusci di uova”, deve migliorare, si deve “elevare” per essere alla sua altezza.

Comincia l’inferno del sentirsi sotto esame per ogni cosa che fa, ma purtroppo l’esame non lo supera e lui è sempre più insoddisfatto.

I momenti belli tornano, ma sono sempre meno o comunque sempre troppo instabili e precari poiché ogni cosa può rovinarli e in qualsiasi momento, ma soprattutto in qualsiasi luogo può capitare che lei venga anche abbandonata dove si trova. Lei sprofonda in una totale disperazione, la sua quotidianità è ormai fatta di alti e bassi profondi, non dimentichiamo da dove proviene e soprattutto che lui ha sempre saputo il passato di quella ragazza. Basta niente per ricevere il trattamento di rifiuto, seguito sempre da lunghissimi momenti di silenzio punitivo, anche senza sapere il motivo, momenti che possono durare giorni, anche settimane intere. Nel frattempo lei si è costruita una rete di amici, i quali conoscono anche lui, amato da tutti perché anche con loro ha sempre fatto ciò che all’inizio faceva con lei ma, nel frattempo, con battute trasmette agli altri gli stessi messaggi contrastanti su di lei, messaggi che la destabilizzano: è la sua dea ma è piena di difetti e lui è un santo a sopportarla. Tutto è cosi ben fatto che nessuno se ne rende conto, figurarsi se può accorgersene lei, innamorata com’è.

Le cose precipitano, accadono molti eventi nella loro vita in cui non possiamo dilungarci, sono semplicemente episodi che tipici della vita di tutte le altre persone. Problemi, preoccupazioni, cambiamenti, dolore e anche lutti importanti. Sono passati anni, ma a quel punto è chiara la natura disfunzionale del rapporto, più lei soffre, più lui infierisce e a ogni evento traumatico, ne segue un altro ancora più traumatico, il tutto naturalmente senza mai uno schiaffo, perché questo vorrebbe dire avere segni da mostrare.

Lei un giorno, per caso, inizia a leggere le storie di altre donne incappate in rapporti definiti “tossici” perché ci si comporta esattamente come drogati, della serie “mi uccide ma non riesco a uscirne”. Inizia a imparare termini come abuso psicologico, manipolazione, lovebombing, gaslithing, svalutazione, scarto, hoovering. Inizia a capire chi sono le “scimmie volanti”, che fino ad allora aveva conosciuto solo nel film Il Mago di Oz. Inizia a comprendere che non è un caso ma uno schema preciso che si ripete all’infinito e che serve a mantenere il controllo su di lei. Inizia a provare paura, per quello che può accaderle, si sente oggettificata, capisce che quando sta accanto a lui è come se le facesse il lavaggio del cervello, tanto da perdere la lucidità e comportarsi come se avesse la sindrome di Stoccolma. Il punto è che non è lei a essere ammalata, o meglio, lo è ma non per colpa sua. A quel tempo non sa che le donne vittime di violenza piscologica sviluppano il disturbo post traumatico da stress e, poverina, non capisce che le idee sono confuse proprio perché è questo lo scopo del comportamento di lui: sei confusa, così io posso fare ciò che voglio e tu resti sottomessa.

A quel punto fa l’unica cosa da fare in questi casi, scappa e chiede aiuto.

Chiede aiuto ai suoi amici di sempre, ma nota qualcosa di strano. Sebbene tutti le avessero sempre detto che quei litigi non andavano bene e che forse era meglio che entrambi si prendessero una pausa o che comunque facessero qualcosa per migliorare la situazione reciproca, sembrano comunque non capirla. In quel momento lei è in dissonanza cognitiva e nessuno pare comprendere il suo stato confusionale. Lei percepisce soltanto che nessuno le crede. “Sì, il rapporto non va bene, ma tanti rapporti non vanno bene, semplicemente lascialo se non ti sta bene”. Si sente ripetere, “lascialo, ma smetti di farlo soffrire, non se lo merita”. Lei è sotto shock. Ogni volta che nomina la parola abuso, viene sistematicamente ignorata. Alle sue domande dirette “mi credi?” rispondono dicendo “credo nel tuo sentire”, che equivale a un atteggiamento di chi, in sostanza, vuole mantenersi neutrale, per lei è come se urlassero “non ti credo”. Alcune di queste persone l’hanno anche aggredita verbalmente e con violenza, dicendo che lo fanno per il suo bene, “per farla tornare in sé”, le dicono persino che non era vero che era stata abusata, come se fossero stati con lei per tutto il tempo della relazione con lui. Addirittura la psicoterapeuta da cui va, dopo aver ricevuto anche lui per una sorta di “mini terapia di coppia”, sembra avere un atteggiamento minimizzante, nientemeno le dice “l’amore supera tutto, devi solo imparare a modificare di te ciò che non è funzionale, dovete solo imparare a venirvi incontro”. È evidente, a quel punto, che anche la terapeuta è manipolata. In seguito lei scoprirà che le persone come lui fanno sempre così con gli psicoterapeuti della donna che abusano.

Nel momento più brutto della sua vita, si rende conto che la tossicità di quel rapporto ha inquinato ogni altra cosa che ha sfiorato, come una cancrena. Ha subito l’ennesima violenza della sua vita, perpetrata da ogni affetto che ha costruito. Il dolore è talmente lacerante da diventare fisico, infatti finisce in ospedale. La sua mente, il suo cuore e tutto il suo corpo sono al limite. Non sa che quel momento di disperazione le servirà per risalire e rinascere.

Oggi ha chiuso con tutte queste persone, grazie all’aiuto dei pochi affetti che le sono rimasti accanto e di un buon terapeuta sta cercando di ricostruire la sua vita.

Che la sua storia possa servire a chi non riesce a vedere la speranza. Non sentirti persa, chiedi aiuto, ricorda che ci saranno sempre persone in grado di aiutarti, impara a salvarti, ad amarti e a considerare il tuo valore, Non buttarti via, sei preziosa.

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