Una legge aberrante, che considera “carta straccia” il voto dei cittadini, ed istituzionalizza “i sindaci di minoranza”

Quello che è accaduto e sta ancora accadendo a Messina in occasione dello svolgimento delle elezioni comunali e delle loro risultanze è semplicemente vergognoso. In quanto migliaia e migliaia di cittadini e cittadine non hanno potuto esercitare il loro diritto costituzionale alla partecipazione diretta democratica, mediante il voto, perché, a causa di una decisione inopportuna assunta da settori della amministrazione comunale, era stata cambiata la sezione elettorale in cui erano iscritti non curando che tale modifica venisse resa nota e notificata, con meccanismi certi agli interessati. A ciò va aggiunta la poca esperienza di molti presidenti di seggio chiamati a sostituire all’ultimo momento i circa novanta presidenti che, inspiegabilmente, essendo iscritti all’Albo dei presidenti di seggio elettorale, hanno rinunciato; con la conseguenza di un notevole ritardo e difficoltà per le già complesse operazioni di voto, e, soprattutto per quelle relative allo spoglio ed alla certificazione dei risultati elettorali, che, a quasi sei giorni dal voto, non sono ancora concluse.

Ma come se non bastasse, a questo caos, va ad aggiungersi l’epilogo grottesco riguardo alla validazione definitiva dei voti per addivenire alla composizione del nuovo Consiglio Comunale.
E ciò sta succedendo perché per la elezione del sindaco, secondo la legge n17 approvata dall’Ars l’11 Agosto del 2016, nei Comuni siciliani con più di 15000 abitanti, per evitare il secondo turno di ballottaggio non è piu necessario il 50% piu uno dei voti di coloro che si sono recati alle urne, ma (incredibilmente) solo il 40%; una legge che come si evince è quindi in totale contrasto con quella applicata a livello nazionale, dove rimane la regola della metà più uno degli elettori.
Nella nostra realtà, invece, pur avendo riportato il neo sindaco il 45% circa dei voti, e pur non avendo ricevuto i consensi del 55% degli elettori votanti, cioè in termini piu leggibili, pur avendo ottenuto 45.000 voti sui 106.438 votanti, e, quindi pur non essendo stato votato da circa 61.000 elettori, ovvero da una larga maggioranza dei cittadini messinesi che hanno votato, è stato eletto al primo turno.
Ma quello che è ancora più paradossale è la vicenda relativa alla assegnazione del premio di maggioranza per i seggi in consiglio comunale, che secondo la legge vigente, che è preminente rispetto a circolari o pareri, dovrebbe essere assegnato solo se le liste collegate al sindaco eletto raggiungano almeno il quaranta per cento dei voti.
Premio che, oltre ogni logica, assegna il sessanta per cento dei seggi in consiglio alle liste della coalizione che hanno superato la soglia di sbarramento del cinque per cento. Strafregandosene del fatto che il sessanta percento dei messinesi hanno scelto altre opzioni politiche, decidendo di non votare le liste collegate al candidato sindaco eletto.
Ma addirittura con delle interpretazioni cavillose si sta cercando di far prevalere la tesi bislacca che anche nel caso in cui tali liste nel loro insieme non dovessero raggiungere il quaranta per cento pieno, andrebbe lo stesso riconosciuto il premio di maggioranza, contravvenendo, ancora di più, ad ogni criterio di “democrazia diretta” e calpestando la volontà popolare.
È evidente, quindi, che ci si trova di fronte ad una legge aberrante ed incomprensibile, che va interamente modificata nella sua struttura parecchio contraddittoria, e che, anche con l’assurdo sbarramento del cinque per cento impedisce la presenza istituzionale di tante sensibilità politiche e civiche minoritarie, facendo così alimentare forti dubbi sulla “funzionalità” del diritto-dovere del voto democratico, e facendo subentrare il sospetto in tanti che il loro voto possa venire considerato “carta straccia”, con la conseguenza di un ulteriore aumento della “disaffezione”che già ha raggiunto livelli molto alti e preoccupanti.

Michele Bisignano

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