GIOVANI E MESSINESI: TRA SCILLA E CARIDDI

“Annamu a venniri a luppina”. Credo siano queste le prime parole che vengano in mente ad un ragazzo messinese quando gli si pone una domanda sul suo futuro. Come facciamo a parlare di futuro quando non sappiamo neanche se domani avremo lezione? Come possiamo decidere di restare quando le prospettive più rosee consistono nell’arrangiarsi fino a quando, fino a quando non si sa… chiedendo un po’ in giro mi sono fatto un’idea su cosa pensano i giovani ed i meno giovani sul proprio futuro.  Sembra che Messina si stia trasformando in uno di quei luoghi da cui tutti vogliono scappare, uno di quei posti in cui va bene solo andare al mare per la stagione estiva. Il lavoro scarseggia, le università, pur con qualche piccola eccellenza, stanno diventando scadenti, disorganizzate e sempre più anziane. Proprio così: la classe dei professori va invecchiando e sembra non accorgersene, sembra che per i giovani non ci sia spazio, neanche a pagarlo. Restiamo o andiamo via? Le alternative sono queste. Non sento, non riesco a biasimare chi vuole scappare, chi vuole realizzarsi prima di diventare troppo vecchio per poter godere dei suoi meriti, di ciò che ha seminato. Sento però di lodare chi invece decide di restare perché questa situazione non gli va a genio, perché ama la sua città e non vuole vederla sprofondare nel baratro dell’indifferenza e dell’apatia. Basta una voce sottobanco, uno stimolo vero, la voglia di rendere Messina meglio di ciò che è ed anche meglio di ciò che è stata. Ogni volta che qualcosa non va, girarsi dall’altra parte è un ‘reato’, è sputarsi sui piedi, è incatenare Nettuno, lasciando prendere il sopravvento a Scilla e Cariddi, mostri di ieri, mostri di oggi. (SIRO BIZZI)

 

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