ABUSAVA DEI SUOI PICCOLI ATLETI: CONDANNATO ALLENATORE DI UNA SQUADRA DI CALCIO GIOVANILE

 

Condannato dalla Cassazione, per violenza sessuale ai danni di alcuni baby-calciatori, l’allenatore di una squadra di calcio giovanile, il «Messina Sud», che con «numerosissimi» sms chiedeva ad alcuni dei suoi piccoli atleti di «abbracciarlo e compiere atti di autoerotismo», abusando del «timore reverenziale e della volontà di compiacerlo da parte dei minori in quanto proprio allenatore». Il mister in questione aveva anche costretto uno dei ragazzini a «inviargli continuamente sms con parole affettuose, minacciando in caso contrario di non farlo giocare».

Senza successo l’allenatore (45 anni), ha tentato in Cassazione di ottenere l’annullamento della condanna (la cui entità non è precisata) per abusi sui minori emessa prima dal gup di Messina il 16 dicembre del 2009, e poi anche dalla Corte di Appello di Messina, il 14 luglio 2010. Il mister ha sostenuto che agli abbracci non può essere riconosciuta alcuna «valenza sessuale» e che, per quanto riguarda l’autoerotismo, la circostanza che «le sollecitazioni a tali atti siano state veicolate tramite il telefono escludeva che ci fosse stato un contatto diretto, dunque non era stato commesso alcun reato, ma solo un tentativo».

La Cassazione – con la sentenza 41412 – ha replicato che gli atti di autoerotismo sollecitati rientrano nella nozione di «atti sessuali» e servivano all’«appagamento sessuale» dell’imputato. Corretto è poi – spiega la Suprema Corte – aver ravvisato «l’esistenza di una forma di coercizione della volontà del minore nella minaccia di esclusione dalla squadra». Rilevano infine i supremi giudici che in casi del genere, in cui «gli atti di autoerotismo sono stati compiuti a seguito delle minacce dell’imputato», la «violenza sessuale è integrata pur in assenza di un contatto diretto con la vittima» in quanto gli atti sessuali «coinvolgono direttamente la corporeità sessuale della persona offesa e sono finalizzati ed idonei a compromettere il bene primario della libertà individuale, nella prospettiva del reo di soddisfare od eccitare il proprio istinto sessuale». All’allenatore sono state negate le attenuanti. (fonte corriere.it)

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