“MA NOO…IL CARCERE NON E’ TORTURA”, PAROLA DI ROMINA TAIANI, VICEDIRETTORE DI GAZZI

 

“Ma noo, il carcere oggi non è tortura, lo sa perché? Perché il carcere è vero…gestiamo delle persone, e però, questa gestione la fanno altre persone, mi creda, non è assolutamente così”…. Lo ha dichiarato alle telecamere del di corriere.tv la giovane vicedirettrice del Carcere di Gazzi, da cui è partita l’inchiesta del giornalista Antonio Crispino, dal titolo “Viaggio dentro l’inferno delle carceri italiane”.

Dall’inchiesta emerge non solo che ormai il carcere è un contenitore di rifiuti sociali, ma come ci sia da parte dei dirigenti la volontà di nascondere e giustificare le condizioni di detenzione che sfiorano la crudeltà e violano i diritti umani.

Tra le poche evidenze che è riuscito a riprendere il giornalista del Corriere, a cui di fatto non è stata data l’opportunità di parlare direttamente con i detenuti, il grave caso di un anziano di 82 anni, chiuso in cella e malato insieme ad altri otto, e le condizioni igieniche delle celle che a Gazzi hanno la tazza a vista.

Appena “sfiorata” la questione del CDT, il famigerato centro diagnostico terapeutico. Ricordiamo che proprio lo scorso 8 febbraio a Gazzi è morto il boss palermitano Nicolo’ Pecoraro, di 67 anni, che stava scontando una pena definitiva, è stato stroncato da un infarto. Nessun defibrillatore, nessuna puntura di adrenalina avrebbe potuto salvarlo? La questione è molto delicata: il centro diagnostico terapeutico, così come più volte denunciato anche con interrogazioni parlamentari da parte dell’On, Rita Bernardini, a seguito di due diverse visite ispettive, non è dotato di strumenti adeguati, ne di personale sufficiente: solo un infermiere e un medico che, come dimostra la stessa inchiesta del Corriere, “si arrangia”.

Nessuna immagine della nuova Sala Operatoria costruita all’interno del carcere, dotata persino di aria condizionata, e mai utilizzata. Una vera contraddizione rispetto al resto del centro diagnostico dove l’unica differenza con il resto delle celle è la maggiore larghezza, e la tazza del bagno chiusa alla vista, sempre che poi riesca a funzionare.

Sconcertante poi la giustificazione del vicedirettore del carcere che, alla vista di un detenuto in sedia a rotelle, che voleva raccontare al giornalista la sua storia, ha reagito con un ironico “bravo” cercando di giustificare la presenza di un malato non autosufficiente con il fatto che avesse commesso tre omicidi.

A noi quel detenuto, il cui viso era coperto, ha ricordato piuttosto un caso segnalato dalla Bernardini, durante la visita ispettiva dell’aprile 2011 : “Domenico Pacilio, nato a Grumo Nevano (Napoli), è un detenuto non autosufficiente – denunciava l’on nella sua interrogazione parlamentare –  il suo caso ci era stato segnalato subito, all’inizio della visita ispettiva, dai detenuti del reparto «sosta», preoccupati per le sue condizioni; Pacilio non vede la famiglia da molti mesi e afferma di aver intrapreso anche un lungo sciopero della fame e della sete; Pacilio racconta così la sua vicenda: «sono entrato nel carcere di Bellizzi Irpino (Avellino) il 9 agosto 2010 in forza di una condanna definitiva per calunnia; ero già stato condannato per truffa ed esercizio abusivo della professione, visto che esercitavo la professione legale dopo la laurea in giurisprudenza, ma senza aver conseguito il titolo di avvocato; in carcere sono caduto dalle scale e ho avuto un infarto; sono stato trasferito nel carcere di Secondigliano (Napoli) e il 31 dicembre sono stato portato all’ospedale Cardarelli, dove mi è stato diagnosticato un ictus; io non potevo più muovermi; sono stato ricondotto in cella a Secondigliano: lì nessuno mi assisteva, non ho ricevuto alcuna cura; in carcere ho tentato il suicidio, e mi sono fratturato il collo; il 25 marzo senza alcun preavviso mi hanno trasferito a Messina». Pacilio non ha un piantone – concludeva la Bernardini –  e non ha una carrozzina per muoversi all’interno della cella sebbene le sue condizioni fisiche non gli permettano di muoversi autonomamente; «per andare in bagno striscio per terra», racconta piangendo; secondo quanto riferito dagli agenti, a Pacilio non è stata data una carrozzina a causa delle limitate dimensioni della porta di ingresso della cella”. Dopo la segnalazione dell’on. Bernardini la carrozzina è arrivata.

Ricordiamo che il carcere di Gazzi non è attrezzato con l’area verde per i colloqui dei detenuti con i familiari minorenni; il reparto cosiddetto «sosta» si compone di 5 celle in cui le condizioni strutturali e igieniche permangono pessime; le celle sono buie, sporche e fortemente sovraffollate; le finestre delle celle presentano reti a maglia stretta, per cui l’illuminazione e la circolazione dell’aria sono sensibilmente ridotte; il tetto e i muri sono scrostati a causa della muffa e dell’umidità; all’interno delle celle non è presente la doccia; l’utilizzo della doccia comune è consentito tre volte alla settimana; l’acqua è fredda anche in inverno; in questo reparto non si svolge alcuna attività: i detenuti trascorrono in cella 21 ore al giorno, potendo recarsi al passeggio soltanto per un’ora e mezza al mattino e per un’ora e mezza al pomeriggio.

Esporre i problemi di detenuti e agenti dovrebbe essere nell’interesse dei dirigenti del carcere: aiutare l’informazione a fare il proprio dovere, anche se scomodo, gioverebbe a fare giustizia e chiarezza. Alla privazione della libertà, come pena assoluta per ogni uomo, non è necessario aggiungere la disumanità di trattamenti che in uno stato di diritto non vengono riservati neppure agli animali in allevamento intensivo.

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