LA CAROVANA INTERNAZIONALE ANTIMAFIA A BARCELLONA: RICORDARE PER RESISTERE

 

Sedici anni fa, in un 1994 testimone di una Sicilia scioccata dalla guerra di mafia, nasceva un coraggioso movimento di protesta, destinato a continuare sin oggi: stiamo parlando dell’European Caravan for Legality ovvero la Carovana Antimafie che solo due anni dopo sarebbe divenuta internazionale toccando paesi, soprattutto quelli dell’Europa dell’Est ma non solo, interessati da fenomeni di criminalità come quelli denunciati proprio pochissime settimane fa dalla Parlamentare Sonia Alfano, neoeletta Presidente della Commissione Antimafia Europea.

Perché quello che sembrava un problema soltanto Italiano negli anni si è dimostrato un cancro insidioso con tante metastasi su tutto il territorio mondiale, anche se con forme e modalità d’azione diverse.

Da qui l’importanza di quest’iniziativa che, partita in quel lontano ‘94 come manifestazione tutta siciliana con dieci giorni di viaggio da Capaci a Licata, oggi fa sentire ancora più forte una voce che quest’anno, dal 31 Maggio al 5 Giugno, continuerà a portare il proprio messaggio nella regione in cui è nata.

Così il 31 maggio è sbarcata a Messina e si è fermata per l’intera giornata nel comune più grande della sua provincia nonché quello, purtroppo, alcuni anni fa definito come “comune ad altissimo tasso mafioso della Sicilia” e, di lì a poco “Corleone della Sicilia Orientale”.

Le tappe molte e significative: prima fra tutte, cronologicamente e simbolicamente, l’OPG della città che, ricordiamo è quel carcere giudiziario che negli anni ha visto ospiti molti esponenti di mafia tra i quali un Leonardo Vitale (1941/1984) criminale della “vecchia” Cosa Nostra il quale, divenuto uno dei primissimi pentiti della storia italiana, finì, per questa collaborazione, vittima di un agguato considerato da alcuni l’inaugurazione di quella guerra interna alla mafia stessa che, contemporaneamente a quella contro lo stato, avrebbe insanguinato per più di dieci anni una regione intera.

A ricevere dunque l’arrivo della carovana il direttore della struttura, Nunziante Rosania, il sindaco Maria Teresa Collica, ed il presidente dell’associazione Arci “Senza Confini” Alessandro Campo.

Le parole sono state tante ma l’atmosfera non è sembrata ai più quella di una celebrazione senz’anima. In molti erano lì davvero per testimoniare la volontà di opporsi ad un sistema di pensiero, oltre che ad una associazione, che ha costruito quel muro di silenzi dietro i quali le mafie trovano riparo; proprio quei muri che la carovana si impegna a demolire facendo ciò che è alla base dell’anti-silenzio: parlare del problema non facendo finta che sia un qualcosa del passato.

“Ricordare e resistere” dunque, ma non solo: anche, ed è questa la vera sfida alla criminalità di ogni genere, impegnarsi come cittadini, tutti, nella vigilanza su istituzioni o enti, pubblici e privati, per chiedere chiarimenti su situazioni poco chiare, informarsi su esse, e prevenire infiltrazioni nuove in un tessuto precedentemente colpito con gravità tale da veder scorrere il sangue nelle strade.

Il sangue di Beppe Alfano come, come quello di  Attilio Manca, entrambe vittime barcellonesi, e tanti altri nomi dei paesi di una provincia indicata come “babba” da alcuni pentiti e col tempo rivelatasi invece importante scacchiera di Cosa Nostra, con un telecomando per la strage di Capaci forse partito proprio dal tranquillo comune di Barcellona P.G.

E’ stata anche una delle prime uscite pubbliche di Maria Teresa Collica quale sindaco neoeletto e le sue parole, oltre che ribadire le esortazioni di chi aveva già parlato, hanno visto una piccola dichiarazione sulla questione della sospensione (non si capisce se atto di “inizio” e non di fine della questione “scioglimento comunale” ) dei sei assessori di Palazzo Longano voluta dal Ministro dell’Interno.

A tal riguardo infatti il sindaco ha ribadito di non conoscere ancora le motivazioni che hanno provocato tale provvedimento ma di aspettare con determinazione chiarimenti così da poter, nel caso, prendere i dovuti provvedimenti disciplinari che secondo legge spettano, adesso, all’ente coinvolto.

Un ente che nelle ultime ore ha visto anche apporre i sigilli a due sue “imprese edili di fiducia” proprio per infiltrazioni mafiose, lasciando una cittadinanza sempre più confusa da un lato ma convinta dall’altro di come non serva soltanto “voltare pagina” alle elezioni, ma interessarsi sempre di ciò che le accade intorno chiedendo senza sosta un futuro migliore e quelle garanzie che le spettano, in un processo di collaborazione con le istituzioni che dopotutto possono operare bene soltanto con l’aiuto, nel caso anche un po’ “gridato” , di chi le ha votate e formate. (CARMEN MERLINO)

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