L’AUTOCRITICA DI OCEANO: “MESSINA ANDAVA A FONDO MA NON CE NE ERAVAMO RESI CONTO”

 

Il segretario generale della Cgil di Messina Lillo Oceano, interviene, con un lungo comunicato che pubblichiamo integralmente, a proposito della Relazione della Corte dei Conti circa le condizioni economico-gestionali del Comune e sul futuro della città.

“Leggendo l’analisi impietosa della Corte dei Conti sulle condizioni finanziarie e sulle modalità con le quali si sono redatti i bilanci e si è tenuta la contabilità dell’Ente oltre le necessarie considerazioni sulla gravità delle valutazioni dell’organo giurisdizionale, la riflessione che sedimentiamo il giorno successivo, a freddo, è di autocritica- scrive Oceano-.  Dobbiamo ammettere che nelle nostre denunce, negli allarmi lanciati dalla CGIL non vi era tutta la conoscenza e l’intera consapevolezza delle gravissime condizioni cui è stato condotto il Comune di Messina.

La CGIL ha denunciato a più riprese gli errori e le sottovalutazioni, l’assenza di programmazione, di interesse per le condizioni dei lavoratori. Abbiamo segnalato come peggiorassero le condizioni di bilancio, diminuissero entrate per via della riduzione dei trasferimenti,  la evidente incapacità di riscuotere i tributi locali. Come aumentassero i debiti, gli sprechi e i privilegi, come si compromettesse il funzionamento dei servizi pubblici e dell’intera macchina amministrativa. Abbiamo denunciato il progressivo atteggiamento “proprietario” dell’Ente pubblico e dei suoi spazi: il divieto di accesso a palazzo Zanca per i sindacalisti, e dell’uso di piazza Municipio per le manifestazioni, la sostanziale impossibilità di utilizzo del Palacultura per organizzazioni e sindacati “sgraditi”. Abbiamo lanciato l’allarme sul progressivo declino delle condizioni operative e finanziarie delle società partecipate, gli scontri tra società, e i disallineamenti nei bilanci e per l’indebitamento che ciò produceva, per le scelte sbagliate e le conseguenze per la qualità dei servizi e per i livelli occupazionali in settori strategici (trasporto pubblico e ciclo rifiuti) per l’ente locale e per l’intera città. Abbiamo segnalato l’abbandono di verde pubblico, pulizia dei tombini, manutenzioni stradali.

Abbiamo detto e denunciato condizioni reali. Non sempre siamo stati creduti e spesso siamo stati accusati – non solo dall’Amministrazione e dalla sua maggioranza – di opposizione preconcetta e strumentale, di catastrofismo ed eccesso di critica, di provenire da Marte. Abbiamo provato – spesso da soli – a cambiare alcune scelte, a volte ci siamo riusciti, altre  non ce l’abbiamo fatta.

Ma dobbiamo ammettere che neppure noi avevamo compreso per intero la gravità di quanto stava accadendo al Comune di Messina, di quanto oltre si fosse superato il limite.

La lettura dell’Ordinanza fa cadere ogni velo,spazza via tutti le opinioni a parcella e i commenti da bar, traccia una linea di obiettività che non può essere smentita né puerilmente ricondotta a presunti complotti senza cadere nel ridicolo.

Le considerazioni, formulate nelle 26 pagine della deliberazione, sono durissime: non rispondenza degli strumenti di programmazione economico finanziaria ai princìpi di veridicità, universalità e competenza. Evidente tendenza dell’ente a sopravvalutare le poste in entrata e a non porre i necessari accorgimenti correttivi entro il termine di assestamento generale di bilancio, dando luogo a pericolose prassi che collidono con i basilari princìpi di veridicità e integrità del bilancio. Debiti fuori bilancio trasformati da fattore patologico a ordinaria modalità di gestione della spesa. L’indebita postergazione di oneri finanziari ad esercizi successivi rispetto a quello in cui maturano i presupposti del riconoscimento, oltre a rendere molto più problematiche le manovre di riequilibrio e di risanamento in ragione dell’indebito procrastinarsi della situazione debitoria e del conseguente incremento delle passività accessorie, può costituire una prassi elusiva del patto di stabilità interno, e dunque illecita, nella misura in cui finisca per rinviare artificiosamente ad esercizi futuri oneri finanziari di cui l’ente è già a conoscenza.

Ancora: genericità e inadeguatezza delle misure correttive, precedentemente richieste dalla Corte dei Conti, adottate dal Consiglio Comunale a febbraio del 2012.Per ciò che attiene il piano triennale di rientro dal debito, la Corte contesta l’omissione dell’intero ammontare dei debiti censiti alla data del 31/12/2011 (aggravata dall’esistenza di ingenti passività latenti non ancora censite) e pertanto una rappresentazione non attendibile della reale esposizione debitoria complessiva. La Corte ha inoltre contestato la tesi – che abbiamo più volte ascoltato e avanzata anche in occasione di precedenti adunanze da rappresentanti dell’Amministrazione – circa l’irrilevanza dei debiti censiti sino al loro inserimento in bilancio e circa la pretesa non obbligatorietà del riconoscimento da parte del Consiglio comunale. Su tale punto, senza alcun tentennamento, la Corte definisce il riconoscimento dei debiti “atto dovuto e vincolato da espletare senza indugio al fine di evitare indebito aggravio di spesa per il maturare di oneri accessori”.

Ogni comportamento difforme, sempre secondo la Corte, potrebbe costituire “prassi tese a dissimulare la reale esposizione debitoria”.

La Corte continua con pesantissimi rilievi su le anticipazioni di tesoreria, la governance delle partecipate, il mancato allineamento dei bilanci delle partecipate con quello dell’Ente e addirittura tra di loro, la protratta insolvenza dell’amministrazione che non riesce a fare fronte al pagamento di debiti già riconosciuti né alla continuità dei servizi essenziali, l’irregolare utilizzo dei capitoli relativi ai servizi per conto terzi, la gestione in conto residui soprattutto relativamente ai residui attivi.

Com’è evidente ci viene consegnato  un quadro gravissimo e preciso che descrive una gestione inadeguata che ha compromesso la capacità dell’ente e delle sue partecipate di assicurare la continuità aziendale e i servizi pubblici, che ha causato gravi ed evidenti squilibri strutturali. Ma anche una grave e reiterata condizione di opacità delle condizioni economiche e finanziarie del Comune di Messina.

Su queste considerazioni la richiesta – annunciata -di misure autocorrettive, ma soprattutto le gravi prescrizioni imposte per ristabilire la trasparenza, veridicità ed equilibrio delle condizioni economico finanziarie e di contabilità, insieme alla decisione della Corte, non scontata, di inviare questa ordinanza alla Procura Regionale della Corte dei Conti ed alla Procura della Repubblica di Messina.

In ogni caso, al di là delle eventuali responsabilità amministrative, contabili o penali che la Magistratura dovesse accertare, al di là delle considerazioni sulle radici pregresse della condizione debitoria e delle carenze organizzative del Comune e delle sue partecipate, c’è nella gestione di questi ultimi quattro anni una gravissima responsabilità politica nei confronti della Città e dei suoi abitanti che è stata definitivamente accertata e che non può essere occultata.

Adesso è necessario agire in fretta per ottemperare a queste prescrizioni, adoperandosi affinché l’ente sia in condizione di farlo per scongiurare il dissesto e assicurare condizioni di trasparenza, verità, equilibrio dei conti. Il Commissario può e deve procedere in questa direzione. Il Consiglio comunale deve finalmente assumersi una responsabilità nei confronti della Città. L’unico dubbio a proposito di questi adempimenti riguarda la circostanza che a correggere le condizioni così duramente contestate dalla Corte dei Conti possa provvedere il Ragioniere generale dell’ente, che a quelle condizioni non può essere ritenuto estraneo, come emerge dalla deliberazione della Corte.

Verità, trasparenza, riduzione degli sprechi  -ce ne sono ancora tantissimi – recupero delle entrate proprie,  riorganizzazione della macchina amministrativa e delle partecipate. Garanzia di erogazione dei servizi pubblici e delle tutele sociali necessarie – soprattutto in un periodo di crisi economica come l’attuale – sono la premessa necessaria per chiedere aiuto ai governi nazionale e regionale e salvaguardare così l’occupazione diretta e indiretta del Comune ma anche l’intero impianto economico della Città e dell’intero territorio.

Per farlo serve tuttavia un approccio diverso, una visione meno gretta, una classe dirigente  – non solo politica – responsabile e competente che abbia come obiettivo l’interesse generale e il bene comune. Che guardi a come affrontare queste difficoltà e il futuro senza banalizzazioni, e fuori da logiche stantie o da schemi falsamente ed illusoriamente nuoviste e tecniche.

Risollevare le sorti di Messina, a partire dal Comune, comporta impegno e lavoro che passano da programmi e scelte politiche serie e trasparenti.Serve discontinuità nei comportamenti e restituzione della città alla sua essenza più genuina. Ciò che non serve al nostro futuro sono i cavalli di ritorno, i movimenti eterodiretti, le illusioni tecnocratiche, le esperienze meramente identitarie, minoritarie o velleitarie, i riciclati di tutte le specie.

Messina ha una essenza genuinamente produttiva e laboriosa, ha competenze e cultura, risorse e potenzialità.  Messina può e dovrebbe provare a sottrarsi alla assuefazione, recuperare partecipazione e impegno pubblico, rifiutando logiche e meccanismi clientelari, per realizzare, partecipare e sostenere una esperienza amministrativa nuova nella cultura e nei metodi, ma riconoscibile e accettata. Una esperienza che in tempi così difficili, rifiutando le facili demagogie, rifiuti di parlare alla pancia delle persone e provi a parlare alle menti e ai cuori”.

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