BEATIFICAZIONE DI DON PUGLISI : NEL LIBRO DI ROBERTO MISTRETTA IL MIRACOLO DI UNA CONVERSIONE

 

In occasione dell’imminente beatificazione di Don Pino Puglisi che si terrà a Palermo giorno 25 Maggio, si è rivelata molto interessante la presentazione del libro Il miracolo di Don Puglisi (EdizioniAnordest) di Roberto Mistretta, organizzata dalla Fondazione Antiusura Padre Pino Puglisi, tenutasi presso la libreria le Paoline.

“Tutti i bambini sognano i propri eroi. Io sognavo di diventare temuto e rispettato”. Con queste parole si apre il racconto di Giuseppe Carini, nato e vissuto nel quartiere palermitano di Brancaccio, che riattraversa i momenti trascorsi accanto a Don Pino. Si tratta di una vera e propria conversione, dal momento che il giovane “brancaccioto” nutriva il desiderio di diventare un uomo d’onore e riscattare, illusoriamente, la scomparsa, la “lupara bianca”, di un parente che respirava abbondantemente l’aria mafiosa.

L’incontro con Don Puglisi si è rivelato, invece, la sua salvezza. Regalando un’ora a settimana, portando i ragazzi a giocare a calcio in parrocchia, ha sentito sempre di più dentro di sé l’esigenza di cambiare insieme a Don Pino un sub quartiere, che non concedeva vita, ma la toglieva, seminando ignoranza e terrore. Il mondo costruito dal parroco, però, era scomodo per chi invece comandava da sempre a Brancaccio. Il racconto dell’escalation delle intimidazioni mafiose sempre più forti al parroco della chiesa di S. Gaetano, preannunciavano la sua triste fine, che non arrivò a tardare. Era il 15 settembre del 1993 e, davanti il portone di casa, Don Puglisi viene ucciso da Salvatore Grigoli, con l’ordine di Gaspare Spatuzza, dietro il mandato dei fratelli Graviano. Giuseppe Carini, esattamente un anno dopo, riceve la confessione di un amico che vede l’assassinio di un mafioso. I due decidono di denunciare tutto alle autorità. Da lì comincia il calvario di Carini testimone di giustizia. Oggi Carini non ha un nome, né un volto, né un luogo, vive sotto la protezione dello Stato, lontano dallo Stato stesso, costretto a iniziare la sua vita da “fantasma”.

Il ten. Col. Dei Ris di Messina, Sergio Schiavone, ha evidenziato come per loro carabinieri l’esempio di Don Puglisi sia uno dei riferimenti fondamentali, con i due magistrati Falcone e Borsellino, che rappresentano la lotta contro cosa nostra. «la parrocchia, con il centro “Padre Nostro”, erano davvero gli elementi alternativi alla mafia. Lì si scopriva e si ridava senso alla dignità umana. Come possiamo leggere all’interno dello stesso romanzo, la vera antimafia si fa con i fatti , non con le parole e la cosa più triste è sapere che gente onesta è costretta a nascondersi lontano come dei criminali».

Roberto Mistretta ha aperto il suo intervento portando i saluti proprio di Giuseppe Carini, con l’augurio che si risolva la questione dei testimoni di giustizia. A tal proposito, infatti, si è ricordato che una legge in merito è comparsa soltanto nel 2001, molto tempo dopo le grandi stragi di cosa nostra. «è importante non confondere il testimone di giustizia con un pentito. Carini ha ascoltato una confessione, non è un criminale, ma nonostante ciò, è costretto a rinunciare alla propria identità».

Il miracolo di Don Puglisi non è una biografia, né uno di quei classici racconti di mafia, ma la storia di due uomini che il destino, Dio per chi crede, ha voluto incrociare in un quartiere mancante di tutto, dalla cultura alla sicurezza, dal divertimento per i più piccoli alla protezione delle donne spesso violentate o costrette a finire in pasto alla strada.

«Quando Don Puglisi incontrò per la prima volta Giuseppe, questi aveva solo venti anni e frequentava una buona cerchia di figli di boss. Il primo colloquio fu superficiale, ma lo sguardo sincero e il dolce sorriso di Don Pino penetrarono l’anima del giovane ragazzo, che da lì a poco si ritrovò a diventare il suo braccio destro. Don Pino era un uomo che amava. Estremamente impegnato, diceva sempre: “toglietemi il pane, ma non la benzina”, con quella infatti riusciva a raggiungere chi aveva bisogno del suo sorriso».

Mistretta, però, ha voluto precisare che Don Puglisi non fu mai solo: dietro di lui, infatti, c’era un comitato intracondominiale che lottava già da molto tempo per la difesa dei propri diritti e fece del parroco il suo alfiere. «Giuseppe Carini racconta che in quel tragico 15 settembre si trovava a casa e riuscì a vedere il corpo, ormai morto, di Don Pino dentro la sala dell’autopsia: lì si accorse che ancora conservava il suo sorriso, come in vita».

Tra le ragioni che hanno spinto Mistretta a scrivere questo libro vi è quella di mostrare un uomo vivo attraverso le vive parole di Carini, che “lacrimando” ha permesso la realizzazione di questo progetto: «Non tutti conoscono la vicenda di Giuseppe Carini, perché manca tanta informazione. Chi parla più di Graziella Campagna, una giovane 17enne tremendamente sparata in pieno volto o dell’urologo Attilio Manca?». 

Forti le accuse dell’autore rivolte ad una Chiesa che si è dimostrata latitante e non si è costituita parte civile al processo. Certamente uno straordinario passo avanti è rappresentato dalla beatificazione “in odium fidei”, programmata per giorno 25 Maggio, di Don Pino Puglisi a Palermo, il cui corpo, lo scorso 15 Aprile, è stato riesumato, suscitando lo stupore nell’aver ritrovato la salma intatta con gli oggetti che vi erano stati lasciati: un vangelo, il ritratto della Madonna e una rosa.

Roberto Mistretta, proseguirà la promozione del libro a Caltanissetta, il 10 Maggio. (CLARISSA COMUNALE)

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