ASSEMBLEA PROVINCIALE PD: TRA CAPI E CAPRETTI. PARTITO DEMOCRATICO O PITTORESCA DEBACLE? “IN BOCCA AL LUPO”

I fatti: incontro previsto alle ore 18.00 del pomeriggio di ieri (lunedì 8 luglio) presso l’auditorium dell’istituto salesiano di Cristo Re.

Incontro iniziato dopo le ore 19.00 per ritardi vari ed eventuali dei big del partito, il segretario Regionale democratico Giuseppe Lupo e il Responsabile Nazionale d’organizzazione del Pd, Davide Zoggia, quest’ultimo non pervenuto.

Incontro a porte chiuse, poi socchiuse, poi aperte e in fine spalancate (fino alla fine non si era compreso chi sarebbe stato ammesso e chi no. Nel dubbio c’era più gente che alla prima di Superman al Taormina Film Fest).

Incontro con un chiaro ordine del giorno, avente i seguenti punti in oggetto: analisi del voto; dimissione del coordinatore provinciale Patrizio Marino e della tesoriera Cettina Cannavò, a seguito del coinvolgimento di questa nel caso dello scandalo della formazione.

 

Rapidamente: il primo a prendere la parola è proprio Marino che dopo aver assunto l’incarico di “traghettatore” fino ad avvenute elezioni, oggi avrebbe dovuto veder ratificate le sue dimissioni, annunciate alla fine del mese appena trascorso. Ebbene, ecco il colpo di scena.

Non voglio essere il capo espiatorio” , esordisce l’apri pista. Qualora aveste notato l’errore sappiate che non abbiamo sbagliato noi, ha detto proprio così, ignaro forse che ad espiare, di solito, non sono i “capi” ma i poveri capretti immolati sull’altare sacrificale. Cita Bersani che, adesso che non è più leader, riscuote numerosi consensi stando al gran numero di quote avute in seno all’assemblea: “Si sa, quando vinciamo, vinciamo tutti. Quando si perde si è soli. Ma io la politica la faccio da trent’ anni per passione”. Il suo è un intervento lungo ma unico e, come premesso sin da subito, non utilizzerà altro tempo per rispondere ad eventuali affondi di terzi. Descrive la sua idea di partito e parla -come molti dopo di lui faranno- di lealtà. “Registro un fatto su tutti, l’onestà di Emilio Fragale che ha ammesso di aver votato Accorinti”, non ci vuole un intuito spiccato per cogliere la prima azzannata ai vari Giuda le cui auree risplendono cupamente (ossimoro voluto) in sala. Ma qualora fosse sfuggito il riferimento ad personam, precisa, tornando indietro alle primarie: “chi perde deve essere leale verso chi vince”.

 Vi starete chiedendo dove stia il colpo di scena. Prima di lasciare il microfono, annuncia: “e comunque le mie dimissioni sono congelate”.

Da chi?”, domanda sorpresa l’on. Angela Bottari che, di questo incontro non è solo la moderatrice ma anche l’artefice, avendolo convocato da presidentessa dell’organismo.

Da me stesso”, le risponde lapidario.

La presidente dell’assemblea provinciale risulta evidentemente spazientita e così commenta il fuoriprogramma: “noi ti avevamo affidato un incarico che era relativo alla campagna elettorale. Adesso questa è terminata!”.  La Bottari sfila una sigaretta dalla borsa e corre fuori dall’auditorium, presumibilmente per stemperare l’animo indispettito. In molti prendono la parola, da Panarello all’ on. Laccoto, ma il clou si tocca quando il microfono passa in mano alla prof.ssa Liliana Modica.

 

Parte così un fiume inarrestabile che ne ha per tutti, specie per quei traditori che dentro un partito non ci sanno stare, perchè incapaci di rispettarne le regole di convivenza. Palano Quero è il destinatario del messaggio più vicino alla relatrice, ma solo in linea d’aria, essendo seduto di fianco al tavolo della presidenza e così il botta e risposta a voce alta non si fa attendere. “Ritengo che gli amici con le loro scelte si siano posti fuori dal partito”, tuona in riferimento ai renziani. Dal canto suo, il presidente della IV circoscrizione la provoca: “e chiedi l’espulsione!

La situazione degenera ulteriormente quando dal botta e risposta si passa al coro a più voci: la Bottari fa notare alla mancata senatrice che ha sforato abbondantemente i tempi consentiti a ciascuno; il marito della professoressa rivendica con tono imponente il diritto della consorte di continuare l’esposizione del suo pensiero; dall’alto del teatro una non meglio identificata voce reclama un rispetto dei tempi che non c’è e in men che non si dica è zuffa (e i video condivisi sui socials sono abbondantemente esplicativi). Con non poca difficoltà si riesce a rientrare nei ranghi -più o meno- e il dibattito riprende con la regolare turnazione.

Microfono aperto per chi si sia prenotato per tempo. Intanto, di fianco a Lupo prende posto l’ex consigliere comunale e aspirante sindaco Felice Calabrò che, al suo ingresso, esordisce -guardando la prima fila notoriamente riservata ai giornalisti- con un “quanto interesse da parte della stampa, se ne avessero riservato la metà agli incontri in cui presentavamo progetti e programmi …”, punzecchiata che si preferisce cogliere come un’ironica battuta. In fondo e di certo, lo era, specie perchè, nel caso specifico, gli incontri tematici del candidato Pd erano sempre seguiti mediaticamente da più emittenti, con tanto di dirette streaming e radio.

 

Quando prende la parola l’on. Genovese, la clessidra smette di scandire i secondi, tutto tace e la platea rimane in sacrosanto silenzio. “L’esito delle comunali è frutto di una guida illuminata”, dichiara il parlamentare guardando con stima Marino e specifica “oggi non parliamo di commissariamento”. E questa è la seconda grande novità per chi ascolta. Difatti, erano due le questioni extra che si riteneva sarebbero emerse: la richiesta avanzata dai Dioscuri di instaurare un regime di reggenza commissariale e la possibilità di dibattere sulla questione morale che arrovella le budella di qualcuno all’interno del partito. Sul primo punto si crea un clima che sembra far rima con “il capo dice e gli altri tacciono”: niente commissari! Neanche se ne deve parlare. “Non siamo qui per questo”, evidenzia il deputato. Sul fronte etico, l’ex sindaco commenta: “io sono sereno e lo sono anche per quel che afferisce l’ aspetto giudiziario, e lo dico a Domenico Siracusano che solleva la questione morale”, rivolgendosi all’organizzatore della segreteria cittadina del Pd.

 Ancora una volta, in sala tutto tace.

Vi sono persone che mi chiedono spiegazioni circa la vicenda. Io le daró, non ho niente da nascondere ma non è questa la sede. Io ho la coscienza apposto”. Quindi, a beneficio di chi fosse accorso per sapere che ne sarebbe stato dei dirigenti da sostituire, appare evidente che la situazione è diversa da quella che si era vociferata, su tutti i fronti (e non è poi questa gran sorpresa).

 

Andiamo ai renziani, tanto per essere rapidi -anche se di mezzo ci sono stati anche interventi di un certo spessore come quelli della massaia della Provincia o della neoconsigliera comunale il cui monologo ha perplesso in parte (specie QUELLA parte in cui dichiara “sono sempre stata una genovesiana doc ma alle primarie ho votato Fragale”. Embè? Calabrò non era un candidato libero e niente affatto scelto e spinto dall’apparato? Certi autogol comunicativi preoccupano, fortuna che la campagna elettorale è terminata … e la signora è tra gli eletti!), o rivendicazioni di onestà e serietà nonché analisi dettagliate e competenti come quelle di Giuseppe Grioli e di Luigi Azzarà, giovane democratico che si confonde sulla sua età ma, per il resto, va a ruota libera “cantandone quattro” -ma con umiltà- ai big del partito.

 

Tra Russo e Palano Quero è quest’ultimo ad avere diritto di parola e, quando tocca a lui, le orecchie sono tese. Ma l’aspettativa era forse troppo alta. Intervento sottotono teso più a riepilogare quello che è stato il percorso che nei mesi ha portato all’esclusione dei dissidenti dalle liste dei candidati. Mai un’alterazione di tono, neppure una sbavatura; anzi, il Presidente rieletto si scusa anche per aver risposto alla Modica senza aver avuto la parola e persino per aver -eventualmente- ferito la sensibilità di qualcuno con quell’abbraccio rivolto al sindaco Accorinti, nel giorno fatidico del suo arrivo a Palazzo Zanca. “Ero visibilmente felice; era una bella festa, io non mi nascondo dietro un dito”, specifica e continua sottolineando come lui sia prima di tutto padrone di casa, da presidente del quartiere che ospita il palazzo comunale e poi anche amico di chi lo ha appoggiato “senza avere nulla a pretendere”, come ribadito in più occasioni.

Sinceramente, però, da chi si è detto mortificato, indignato, sentito ridicolizzato e schernito oltre che maltrattato e boicottato dal suo partito ci si sarebbe aspettato un impiego del tempo a disposizione un po’ più agguerrito. Molto fairplay e le rivendicazioni in chiusura: tessere e conti sono i temi principali. Dopo Palano Quero un piccolo fuori programma. E’ l’ex consigliera di quartiere Olga Cancellieri a parlare. Meno di due minuti pieni di passionale e sovreccitato nervosismo. Un tesserino con su scritto “delegata” lasciato sul tavolo della presidenza in quell’assemblea di un partito “che non mi rappresenta più, che ha perso il contatto con la gente. Che questo contatto non ce l’ha mai avuto”. Punta il dito contro la dirigenza, critica l’analisi di voto dell’on. Genovese; riflette sul concetto di democrazia e torna indietro al tempo in cui era una giovane Ds:“gli uscenti si supportavano, se erano bravi si riconfermavano. Stavolta nessuno si è neppure preso la briga di dir loro grazie è stato un piacere ma non vi vogliamo più”. E’ disordinato e frenetico il suo contributo, uno di quelli di pancia che può disturbare o ammaliare perchè se ne coglie l’ardore. Ecco, sarebbe stata un’ovvia arringa renziana ma Palano Quero ha “peccato” di politichese nei modi e nelle parole a sto giro. Chissà, forse sarebbe stata più appropriata una sana incazzatura (alla Russo, per intenderci) .

Dal canto nostro, restiamo in attesa del famoso documento del quale avevamo sentito parlare dai dissidenti e che si preannunciava come un certo terremoto democratico. Intanto vien da domandarsi se non sia arrivato il momento di dare un nuovo senso a quell’acronimo che da il nome al partito-vedi titolo-.

L’assemblea si chiude con l’intervento del segretario regionale Giuseppe Lupo: reggerà lui il partito fino al congresso nazionale: ma tutti stanno attenti alle parole; non si tratterà di un commissariamento, ma di un accompagnamento: “E per favore, non dite in bocca al lupo”.(ELEONORA URZI’)

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