SERIE A, IL PUNTO: GRANDI COL VENTO IN POPPA, KAKÁ NOSTALGIA CANAGLIA

In differita di 24 ore rispetto al canonico lunedì mattina, tradizionalmente riservato ai commenti del day after. Si era deciso di posticipare la consueta analisi, relativa alla giornata di campionato appena trascorsa, sperando di poterla farcire con i colpacci di mercato dell’ultimo giorno. E invece no. Una sola bomba, peraltro annunciata, ossia il ritorno amarcord di Kaká al Milan (sì, stavolta è ufficiale), qualche colpetto e una discreta serie di operazioni serenamente qualificabili come “minori”. Ci si aspettava il nuovo difensore centrale del Milan, qualcos’altro da Roma, Inter e Juve, Yilmaz alla Lazio (ennesima figura barbina di Lotito in chiusura di campagna acquisti), un portiere alla Fiorentina e tanto altro. Nulla di tutto ciò: le big sono rimaste a guardare, verosimilmente confortate dai primi 180 minuti che hanno loro arriso.

Ma passiamo al calcio giocato, riservandoci qualche altro spunto “mercataro” per il prosieguo.

Va subito evidenziato che quest’atto II della serie A 2013-14 è stato caratterizzato da un’overdose di reti, ben 43 in 10 partite disputate: toccasana per gli scommettitori “overisti”, semi sciagura per i teorici tradizionalisti, quelli che inItalianonsivincesenzaunagrandedifesa: tesi rispettabilissima e sostanzialmente condivisa, ma i tre punti possono arrivare anche prendendo due gol a partita segnandone quattro, destino che potrebbe toccare in sorte a più di un top club nostrano. Come il bel Napoli di Benitez, la cui mano già è evidente: cambio di modulo metabolizzato e attacco (Cavani…chi?) che vola sulla cresta del capocannoniere Marek Hamsik, che quest’anno gioca ancora più avanzato -svenatevi al fantacalcio- e sui cerotti di un Gonzalo Higuain già sul pezzo. A proposito, qualcuno suggerisca a De Laurentiis di assumere un portavoce che ne filtri i pensieri: la sortita dei 100 milioni del risarcimento caprese ha suscitato ilarità alle latitudini più disparate. Nell’anticipo del “Bentegodi” contro il Chievo, però, la difesa partenopea si è rivelata più allegra del previsto, al punto da far ricordare ad Alberto Paloschi che veniva considerato il nuovo Pippo Inzaghi.

Capitolo Fiorentina: attenti a quei due. Giuseppe Rossi e Mario Gomez, come da copione, rischiano di sostituire il cacio e i maccheroni nell’immaginario collettivo dei connubi meglio assortiti. Ok, si dirà che la difesa del Genoa non rappresentava il più insormontabile dei banchi di prova, ma il gap tra le cinque-sei sorelle e il resto delle partecipanti potrebbe essere aumentato di molto. Insomma, non serve la sfera di cristallo per sentenziare che in tante occasioni i due saranno letali, a patto che la sfortuna non attanagli più Pepito. Ma anche per la Viola vale l’appunto mosso al Napoli: la retroguardia non pare imperforabile, con l’aggravante che i difensori dell’ottimo Montella son già rodati. Chiudiamo questa prima parentesi con il Milan, ugualmente vittorioso – Cagliari regolato 3-1 a San Siro – ma che non lascia dormire sonni tranquilli a tutti i suoi tifosi, per lo meno non a quelli più lungimiranti che lamentano, giustamente, il mancato ingaggio di un nuovo centrale difensivo titolare.

Non c’è più Boateng, volato inaspettatamente allo Schalke, sono arrivati Matri e Kaká. Passi per il primo, voluto fortissimamente dal suo mentore Allegri (nonostante la presenza in organico di Balotelli e Pazzini) ma, per quanto riguarda il brasiliano, i dubbi sulla bontà, tecnica più che economica, dell’operazione appaiono fondati. Il nuovo, vecchio, titolare della casacca rossonera numero 22 nei quattro anni a Madrid ha visto il campo con la frequenza non di una seconda bensì di una terza-quarta scelta e se anche Ancelotti, con il quale era maturato ed esploso, lo ha scaricato in un nonnulla (e ricordiamo che circa un mese fa Ricky si era detto entusiasta dell’avvento di Carletto), un motivo dovrà pur esserci. Magari non legato esclusivamente agli acquisti di Isco e Bale, sull’altare dei quali è stato sacrificato persino Ozil. In sintesi, il timore è quello di assistere ad uno Shevchenko bis, un ritorno da nostalgia canaglia non suffragato da argomenti tecnici all’altezza delle aspettative.

Venendo adesso a Juventus, Roma e Inter, i feedback non possono che essere positivi. I bianconeri, pur soffrendo, hanno calato un altro poker sul tavolo della Lazio nel replay della sfida valsa la Supercoppa 15 giorni fa. Sugli scudi Arturo Vidal, piacevolissima sorpresa Carlitos Tevez (al terzo gol in tre gare ufficiali), perfettamente calatosi nella nuova realtà e già sospinto dall’animus pugnandi di stampo prettamente contiano. Molto bene l’Inter, trascinata da diversi elementi ritemprati dalla cura Mazzarri, che ha espugnato il “Massimino” con un eloquente 3-0. E dopo la sosta si riparte col botto: andrà infatti in scena proprio il derby d’Italia contro la Juve, che potrebbe vedere il ritorno in campo, dopo il grave infortunio dello scorso febbraio, di Diego Milito. Lodi alla Roma di Sabatini e Garcia, i giallorossi hanno cambiato tanto ma bene, Maicon sembra tornato sui livelli cui aveva abituato nell’epoca d’oro nerazzurra e Ljajic ha esordito come meglio non avrebbe potuto, tramortendo il Verona con la botta del definitivo 3-0. All’ombra del Cupolone, il ventiduenne talento serbo potrebbe esplodere definitivamente. Dopo un’estate con la valigia in mano, Marco Borriello è invece rimasto di stanza a Trigoria, negli ultimi due giorni era stato impostato un valzer, comprendente anche Gilardino e Quagliarella, che alla fine non è andato in porto. 

Per quanto concerne le rimanenti sfide, prime gioie casalinghe per Atalanta e Udinese, ai danni rispettivamente di Torino e Parma, mentre il Bologna al “Dall’Ara” è stato agguantato dall’ex di turno Manolo Gabbiadini, che ha costretto i felsinei al 2-2 contro la Samp.

Infine, nella sfida tra neopromosse, il Sassuolo è crollato davanti al (non) pubblico amico sotto i colpi del Livorno di Innocent Emeghara, trasferitosi in prestito alla corte di mister Nicola negli ultimi giorni di mercato. Con tutto il rispetto per i labronici, dopo quanto dimostrato a Siena nella seconda parte della scorsa stagione, il forte colored della nazionale svizzera avrebbe meritato qualcosa di più. Ma le vie del mercato,  a volte, sono difficilmente comprensibili. (JODY COLLETTI)

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