SERIE A: TEVEZ SLIDING DOORS, LA JUVE ACCELERA E IL PAZZO DEVE GIOCARE. VIOLA A PICCO

Il primo weekend di marzo potrebbe aver segnato la svolta in serie A, relativamente alle alte sfere, s’intende. Sette giorni fa vi avevamo detto che il doppio incrocio milanese avrebbe potuto incidere, non poco, sulla corsa scudetto. Ed è andata esattamente così, con buona pace del fattore campo. Anche se, in effetti, la Roma sabato con l’Inter ha impattato a reti bianche quasi in…campo neutro. Lo stadio Olimpico, privo del calore delle curve e dei distinti sud, non è riuscito ad apportare la consueta spinta ma, anziché protestare, i sostenitori della Magica dovrebbero soltanto cospargersi il capo di cenere. L’orientamento del Giudice Sportivo sui cori discriminatori è chiaro da mesi, ostinarsi a reiterare atteggiamenti inutili (e insensati) alla lunga ha finito col ledere Gervinho e compagni che magari, qualora fossero stati supportati dal tradizionale catino, un pallone in fondo al sacco sarebbero riusciti a depositarlo. Niente di tutto questo, pareggio giusto – come ammesso dallo stesso Garcia – che conferma le impressioni del periodo: al momento i nerazzurri si esprimono meglio lontano dalle mura amiche, senza sollecitazioni ambientali.

La Juventus, dal suo canto, è stata abile a sfruttare lo stop della diretta inseguitrice per prendere il largo – forse definitivamente – e portarsi a più 11 (potenzialmente è un più 8, considerata la gara in meno della compagine capitolina), tenendo altresì presente che alla prossima è in programma Napoli-Roma. Presentatasi con la tranquillità di chi sapeva che avrebbe anche potuto concedersi il lusso di un passo falso, la Vecchia Signora ha invece massimizzato la contingenza sbancando San Siro al termine di una sfida che l’ha vista soffrire contro un ottimo Milan, il migliore della stagione. Ricordate gli appunti delle due scorse annate, concernenti il poco cinismo generale e l’assenza di attaccanti muniti di killer instinct sotto porta? Ebbene, alla Scala del calcio la differenza l’han fatta Llorente e Tevez, la coppia gol più prolifica del campionato per la quale nel complesso – ci riferiamo ai cartellini – è stata scucita una somma inferiore agli 11 milioni che i rossoneri han versato nelle casse di Madama per Alessandro Matri, poi sbolognato in prestito sulle rive dell’Arno. Serata di rimpianti per Adriano Galliani che due anni fa Carlitos l’aveva preso, prima che i Berlusconi bloccassero l’affare col Manchester City per trattenere saggiamente l’ex cocco Alexandre Pato, già destinato al Paris Saint-Germain. Sliding Doors allo stato puro: a Torino esultano, a Milano sperano che Clarence Seedorf trovi la definitiva quadratura. Questo Pazzini, ieri mascherato non per ossequio al Carnevale, deve giocare: rispetto a Balotelli meglio si attaglia a fungere da unico riferimento offensivo nel 4-2-3-1 e allora perché non arretrare Mario sulla linea di Kakà e Taarabt? Dopo tutto Mancini e Mourinho ai tempi interisti lo facevano partire largo, non sarebbe insomma una novità per il colored bresciano.

Scorrendo la prima parte della graduatoria, spiccano le frenate di Napoli, Fiorentina, Verona e Torino e gli exploit di Lazio e Parma. I partenopei, orfani dello squalificato Higuain, non sono riusciti a superare il Livorno malgrado all’Ardenza abbiano menato le danze per ampi tratti della contesa. Altra chance buttata alle ortiche: alla vigilia dello scontro diretto con i giallorossi al San Paolo, ultimo treno per coltivare il sogno secondo posto, diminuire lo svantaggio sarebbe stato importante. La Viola si sta sgonfiando, il nuovo capitombolo interno contro gli uomini di Reja frustra, salvo sorprese, le ultime velleità di Champions. D’altronde, con un ruolino di 5 punti raggranellati nelle ultime 6 partite non si può certo pensare di andare lontano. Capovolgendo la medaglia e osservandone l’altra faccia, il blitz dell’Artemio Franchi consente ai biancocelesti di dimenticare subito la beffa bulgara e, soprattutto, di ridurre sensibilmente le distanze dalla quinta posizione che vale l’Europa League: il gap ammonta adesso a soli 3 punti e appare tranquillamente colmabile. Ma andranno fatti i conti anche col Parma, che, dopo aver espugnato il Mapei Stadium, si è portato ad una lunghezza dalla sopracitata soglia. Stendiamo un velo pietoso sul Sassuolo, per lo meno sui duellanti Malesani e Berardi. Il primo, reo di aver accusato e poi accantonato il gioiello di casa, ha inanellato soltanto sconfitte da quanto ha preso in mano le redini della squadra (quando leggerete queste righe potrebbe essere già un ex). Mentre il secondo, con l’inopinata espulsione rimediata dopo 48 secondi dal suo ingresso in campo, ha fornito nuove argomentazioni a chi lo vede ancora fortemente immaturo, a dispetto di un bagaglio tecnico di livello assoluto. La testa, per quanto possa sembrare paradossale, nel calcio conta più dei piedi: a 19 anni si può sbagliare – ci mancherebbe – ma non è la prima volta, pertanto forse andrebbe rivisitata l’alternanza tra bastone e carota. Secondo K.O. consecutivo per il Toro, fattosi matare a domicilio da una Samp che in trasferta, derby escluso, non vinceva da quasi 3 mesi. Neanche il Verona è riuscito a rispettare i favori del pronostico contro il Bologna di Ballardini che anzi, al tirar delle somme, avrebbe meritato di far propria l’intera posta in palio, al di là del rigore sprecato da Rolando Bianchi. L’assenza del totem Luca Toni si è rivelata decisiva per la bontà della fase offensiva scaligera.

Vanno infine rimarcati i successi casalinghi di Genoa, Atalanta e Cagliari, rispettivamente ai danni di Catania, Chievo e Udinese. Non si registrano scossoni nel borsino salvezza: la classifica resta cortissima, bastano un paio di vittorie per tirarsi fuori dal guado. Ma va consolidandosi sempre più la sensazione che per assicurarsi la permanenza, quest’anno, non sarà necessario raggiungere i fatidici 40 punti.

JODY COLLETTI    Twitter: @jodycolletti

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