UNIME, GIORNATA IN RICORDO DI MORO E IMPASTATO. PENSAVALLI: “GIORNALISTI MESSINESI NON SCRIVONO DI MAFIA”

Si è svolto questo pomeriggio, nell’aula 4 del dipartimento di Giurisprudenza di Messina, un acceso dibattito sul tema “Il giorno che assassinarono Aldo Moro e Peppino Impastato”, organizzato dal collettivo studentesco Articolo 21 in occasione del 36esimo anniversario del ritrovamento dei corpi dell’ex presidente del consiglio di Dc in via Caetani, a Roma, e del giornalista e attivista di Cinisi (9 maggio 1978). La discussione, moderata dalla giovane Marica Piazza, ha avuto luogo dopo la proiezione di due film: Buongiorno notte, il quale racconta la vicenda del rapimento di Moro, e I cento passi, celebre film che narra la storia di Peppino Impastato.

 

Ad aprire il dibattito è stato il giornalista Gianfranco Pensavalli, il quale ha voluto ricordare i nomi di alcuni messinesi uccisi dalla mafia: dall’avvocato Nino D’Uva, assassinato il 6 maggio del 1986, al “Grifo” Luciano Sansalone ucciso il 6 dicembre 1984, fino al dottor Matteo Bottari, morto il 15 gennaio 1988. Pensavalli inoltre lancia delle frecciatine alla stampa messinese: “a Messina non esiste alcun giornalista che parli realmente di Mafia. In Sicilia – continua il giornalista – se ne parla quasi esclusivamente a Palermo”. A proposito di stampa, Pensavalli lamenta anche il mancato annuncio del dibattito sulle pagine della Gazzetta del Sud: “nelle pagine del quotidiano di oggi si parla di altre notizie universitarie, ma non del dibattito di oggi. Sarà colpa dell’ufficio stampa dell’Ateneo?”. In conclusione del suo intervento, il giornalista Pensavalli chiede l’istituzione di un serio corso sulla legalità e sull’antimafia presso l’Università di Messina, “spesso teatro di fatti gravissimi”.

 

Il dottore di ricerca in Storia Contemporanea, Alberto De Luca, ha invece ripercorso la storia della mafia in Italia, fenomeno nato “subito dopo l’Unità del paese, a differenza della camorra che era già presente. La mafia – spiega De Luca – è cresciuta quando il peso elettorale che poteva avere, cresceva, anche grazie al suffragio universale”. De Luca ha poi descritto Peppino Impastato come un’icona per tutti, senza distinzione di orientamento politico, “un esempio di come sia bello e rischioso ribellarsi, soprattutto se la ribellione avviene all’interno di una famiglia mafiosa”.

 

Non d’accordo con quest’ultima riflessione il giornalista freelance Tonino Cafeo, il quale sostiene che “Peppino non sarebbe d’accordo con De Luca, visto che era socialista e la sua lotta di certo non lo rende un’icona per tutti”. Il prorettore Antonio Saitta ha mostrato invece un’idea diversa sulla nascita della mafia, non riconducibile all’Unità d’Italia, ma ben più antica. Saitta ha anche voluto ricordare la figura di Aldo Moro, poco citato durante il dibattito, anche ricordando il clima surreale vissuto il 16 marzo 1978, giorno del rapimento dell’ex presidente del consiglio, quando frequentava il liceo classico Maurolico. “Ci fecero uscire alle 12 da scuola e la celere era in tenuta antisommossa. I genitori correvano per portare i loro figli a casa”.

 

Il prorettore inoltre ha ricordato che da qualche mese all’interno dell’Università di Messina è presente un Centro studi su criminalità mafiosa e fenomeni di corruzione, presieduto dal professor Giovanni Moschella, direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche e Storie delle Istituzioni. In conclusione del suo intervento, Saitta, ha spiegato che “quando gli studenti non chiederanno più raccomandazioni, e noi docenti non ne concederemo più, avremo fatto un gran passo in avanti contro la mafia nella nostra città”. Presente anche il dottore in Diritto Civile e attivista del M5S Letterio Interdonato, il quale si è concentrato sulla figura di Peppino Impastato, definita “affascinante, poiché lui era libero da ogni condizionamento, nonostante fosse figlio di Luigi, un soldato di mafia, e nipote del mafioso Tano Badalamenti”. (SIMONE INTELISANO)

Foto di Sebastiano Cordaro

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