RIFORMA PROVINCE, COMUNI IN CONFUSIONE. ARS STUDIA CORRETTIVI E DIFFERIMENTO DI 6 MESI

“La riforma delle Province è una rivoluzione ormai avviata che non può essere stoppata, ma necessita di importanti correzioni, perché al momento i Comuni siciliani vivono in uno stato di grande confusione. Per queste ragioni abbiamo lavorato ad un nuovo disegno di legge che mette ordine ed impegna il Governo a velocizzare l’attribuzione delle funzioni”. Così il vice presidente dell’Ars Antonio Venturino (Psi) commenta il proprio Ddl che modifica la Legge Regionale 8/2014 al fine di perfezionarla, rimuovendo i dubbi e le incertezze insorti in sede applicativa.

“E’ necessario – continua il deputato – che si offra ai Comuni siciliani il tempo necessario ad elaborare in modo sereno e consapevole una scelta strategica per il loro futuro amministrativo. Per questo motivo proponiamo un differimento di 6 mesi. La scelta dei comuni dovrebbe essere frutto di valutazioni legate alle funzioni e alle competenze attribuite ai liberi consorzi ed alle Città Metropolitane, piuttosto che a mere valutazioni di tipo campanilistico. In questi mesi abbiamo assistito a numerosi dibattiti in seno ai Consigli Comunali siciliani, che hanno fatto emergere difficoltà di valutazione e di scelta in ordine alla stessa applicabilità della riforma”.

“C’è poi il caso Catania che rappresenta la prima macro anomalia, infatti esaminando la cartina geografica, si nota che la nuova Città metropolitana di Catania spezzerebbe la (ex) provincia di Catania in due aree senza contiguità territoriale prevista dall’attuale legge: l’una comprendente i Comuni sul versante Nord di Catania; l’altra a Sud-Ovest”.

“Per quanto riguarda il referendum confermativo che segue la delibera dei consigli Comunali, pur riconoscendo quanto sia fondamentale che la popolazione sia coinvolta attraverso la partecipazione diretta su una decisione amministrativa fondamentale, lo si rende facoltativo le per due motivi; uno di natura economica perché non tutti i Comuni infatti non hanno i soldi per fare referendum e l’altro di natura tecnico-giuridica perché molti statuti comunali non contemplano nemmeno la formula referendaria per la ratifica delle delibere del Consiglio comunale”.

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