PERCHÉ UTOPIA È UNA SERIE DA NON PERDERE

Non riceviamo alcun finanziamento pubblico e abbiamo l’obbligo di innovare, sperimentare e distinguerci

Questo è il manifesto creativo di Channel 4, emittente britannica di proprietà pubblica (ma impronta commerciale) che mantiene sempre le sue promesse. Sono ospiti delle sue frequenze, non a caso, due tra le serie più sconcertanti ed originali del panorama televisivo: Black Mirror e Utopia. Di quest’ultima, in particolare, è sempre bene parlare, non solo perché si è appena conclusa la seconda stagione, ma perché gli ascolti quest’anno non sono stati molto incoraggianti e il rischio che la serie non venga rinnovata non è poi troppo remoto.

Utopia è un conspiracy drama, ovvero una serie la cui trama si sviluppa intorno ad un complotto su scala mondiale, un mistero in cui si trovano invischiati alcuni personaggi ordinari ed altri  – diciamo così – assolutamente straordinari.

Niente di nuovo sotto il sole, direte voi.

E invece no, perché a dispetto di qualsiasi sinossi – specie se spoiler-free – Utopia è uno dei prodotti più innovativi che vi capiterà di vedere in tv. Scopriamo in 5 punti perché dovete assolutamente recuperarla.

1) La natura della cospirazione

[ALLARME SPOILER PRIMA STAGIONE]

Che futuro ci aspetta quando le risorse disponibili non basteranno più? E cosa siamo disposti a fare per evitare che questo accada? Il dilemma etico posto di fronte ai protagonisti si pone anche per noi spettatori, nessuno escluso: “Qual è il confine tra libertà individuale e pubblica utilità?” ci chiede tra le righe Dennis Kelly, il creatore della serie. Non c’è niente che ci riguardi di più in quanto “animali sociali”, potremmo anche dire. Eppure è una domanda che tendiamo ad eludere, proprio come il problema della sovrappopolazione. Utopia, invece, ce lo sbatte in faccia e ci forza a scegliere da che parte stare, volenti o nolenti. Per questo è una serie che non potete perdere, né tanto meno dimenticare.

[ALLARME SPOILER OFF]

2) Gli aspetti tecnici

Utopia è anche il nome di un graphic novel che ha un ruolo importantissimo all’ interno della storia, in particolare nella prima stagione. Ma non è questo l’unico richiamo “fumettistico” che potrete ritrovare nella serie: per esempio la fotografia, fatta di colori saturi e brillanti, viene spesso accostata alle forti colorazioni del fumetto e in tv non ha rivali. Nasce da un complicato lavoro di post-produzione che viene descritto in questo articolo di Wired UK, in cui prende la parola Marc Munden, talentuoso regista che si è occupato di alcuni tra gli episodi più d’impatto della serie – ad esempio la straordinaria premiere della seconda stagione (di cui trovate un’ottima recensione qui), girata in 4:3.

3) I personaggi

Where is Jessica Hyde?” è il mantra che sentirete ripetere durante tutta la prima stagione: ma chi è questa Jessica Hyde? Un personaggio fumettistico – giusto per restare in tema – e alieno, che assumerà contorni più umani soltanto nel corso della seconda annata (senza per questo perdere una briciola del suo fascino). Come lei Arby, forse il vero simbolo di Utopia: l’andatura biascicata, il respiro pesante, gli occhi vitrei sono gli elementi distintivi di quello che è già un personaggio mitologico. Dennis Kelly ha creato innanzitutto delle icone e, con il tempo, ne ha arricchito la caratterizzazione riuscendo a non tradirle o snaturarle. Alcuni dei personaggi non verrano mai dotati di una propria multidimensionalità, ma questo fa parte del gioco: per esempio Lee è poco più che una macchietta, ma una macchietta disegnata benissimo e molto amata dai fan. Insieme a questi “supereroi” (ai quali aggiungerei Milner o Philip Carvel, che imparerete a conoscere soprattutto nella seconda stagione) c’è il gruppo delle persone normali; Becky, Ian, Grant, Dugdale, Alice: non sempre ragionevoli, non sempre affascinanti, non sempre furbissimi, proprio come noi. Vi verrà voglia di prenderli a schiaffi, ma poi capirete che non tutti possono essere Jessica Hyde – purtroppo o per fortuna.

4) La colonna sonora

Spesso considerata come un semplice “aggiunta” a qualcosa di per sé già costruito, in Utopia la colonna sonora dà forma e ritmo a ciò che vediamo sullo schermo e ne rappresenta senza dubbio uno dei maggiori punti di forza. E’ stata realizzata da Cristobal Tapia De Veer, un compositore canadese che aveva già lavorato con Marc Munden, ed è valsa al suo creatore un importante riconoscimento di settore e una discreta popolarità. Il successo dei temi di Cristo è tale che la casa di produzione, la Kudos, ha deciso di lanciare Utopia Remix Project, ovvero una sorta di contest per la “remixing community” di SoundCloud. I pezzi originali si possono ascoltare qui oppure su Spotify.

5) Un livello qualitativo tutto sommato costante

Dopo una prima stagione spiazzante ed inedita, Utopia ha continuato la sua corsa senza porsi alcun limite. Ci ha raccontato le origini e il cuore della cospirazione, ci ha condotti per mano nei suoi orrori e ci ha fatto conoscere sempre di più i suoi protagonisti. E’ cresciuta, ma non è cambiata, restando sempre la serie straordinaria che avevamo imparato ad amare l’anno scorso. Non sempre è stata del tutto coerente, va detto, e forse ha imboccato una strada dalla quale non sarà facile uscire indenni. Una terza stagione potrebbe rivelarsi un fiasco, insomma, e tuttavia vorremmo vederne ancora, ancora, e ancora.

Per fortuna(?) gli americani arrivano in nostro soccorso: HBO ha infatti annunciato l’intenzione di produrre un remake di Utopia a stelle e strisce, per la regia di David Fincher. Qualora non venisse rinnovata, dunque, potremmo consolarci con la sua versione USA. Anche se riuscire a ricreare le condizioni -e le combinazioni – che hanno dato vita a questo piccolo capolavoro è un’impresa non da poco.

 

P.s. per promuovere la serie, Channel4 ha creato una campagna pubblicitaria particolarmente disturbante e quella che è stata definita un’esperienza online per coinvolgere attivamente fan e  telespettatori. Per capire di cosa si tratta visitate il sito thenetworkiswatching.com

(Francesca Anelli)

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