FAMIGLIA OBBLIGATA A LASCIARE CASA. PER 8 ANNI COMUNE PRETENDE ICI E TARSU. CONDANNATO A RISARCIMENTO, NON PAGA

Si può essere privati di un tetto, mandati via insieme ai propri cari, e ricevere per anni delle ingiuste cartelle di pagamento per un appartamento che non si ha più? Sì, a Messina si può. Il 27 luglio 2000 al 51enne Santi Cucinotta viene notificata l’ordinanza di sgombero, emessa il 25 luglio dall’allora sindaco di Messina, Salvatore Leonardi, a tutela della “privata e pubblica incolumità”, per la palazzina A12 del consorzio Casa Nostra. Cucinotta, impiegato alle Poste, insieme alla moglie e al figlio Massimiliano, pena il deferimento all’autorità giudiziaria, si vede costretto a lasciare l’appartamento acquistato a fronte di grandi sacrifici, per trasferirsi a Rometta.

casa_nostra_quimessinaDa qui in poi, una volta incassato il danno sia economico che affettivo, inizia la trafila delle beffe. Il 29 settembre 2006, Cucinotta, oggi 65enne, si vede recapitare il conto della Tarsu, relativo all’abitazione sgomberata, per gli anni dal 2001, 2002 e 2003. Immediata l’istanza di sospensione della cartella di pagamento, il 23 agosto 2007. Nonostante le rassicurazioni dell’impiegato dell’ufficio Tributi del Comune, il 13 settembre successivo, Cucinotta si vede notificare il preavviso di fermo beni mobili registrati in forza del mancato adempimento.

Nel febbraio 2008, il Comune di Messina comunica il discarico delle somme iscritte al ruolo per l’allora tassa sui rifiuti solidi urbani a eccezione di quelle pretese per il 2000, dando adito alla Serit di notificare un ulteriore preavviso di fermo.
All’ufficio Tributi negano lo sgravio per il periodo da agosto a dicembre 2000, malgrado lo sgombero sia avvenuto a luglio, pretendendo il ricorso davanti alla Commissione Tributaria. Commissione che con sentenza del 30 giugno 2009 riconosce le ragioni del ricorrente. Tutto risolto, quindi? Nemmeno per idea. Perché il sistema fiscale italiano, siciliano e messinese in particolare è stato ordito non per alimentare correttamente l’erogazione di servizi pubblici ma per vessare e spolpare vivi i contribuenti.

palazzo_zanca6_quimessinaQuando Cucinotta si reca al solito ufficio Tributi a pagare i 78 euro di Tarsu per il periodo gennaio – luglio 2000, a fronte dei 134,80 iniziali, l’addetto lo rispedisce alla Serit, affermando che è in quella sede che la somma va liquidata. La Serit, bontà sua, pretende ben 170,59 euro, sostenendo che interessi maturati e tasse non possono essere sgravati perché di propria competenza. Così, dato ancora una volta l’assunto per cui le sentenze vanno rispettate, è vero, ma solo dai cittadini onesti ed estromessi dalla Casta, Cucinotta si ritrova a pagare ben 185,01 euro, inclusi i 71 pretesi dal Pra per la cessazione del fermo amministrativo sulla propria auto.

Inevitabili lo stress, la preoccupazione, la frustrazione generati da due anni di prevaricazioni e dall’impotenza di fronte alla prepotenza della pubblica amministrazione. Anche all’indolenza e alla totale capacità di immedesimazione da parte degli impiegati. Persone apparentemente come altre, ma totalmente indifferenti ai problemi di chi vive esclusivamente del proprio lavoro e dei propri sacrifici. Un’indifferenza che non ha limiti, capace di sconfinare nell’accanimento e nel sadismo, considerato che l’11 marzo 2009, mentre Cucinotta è ancora intento a riemergere dalle sabbie mobili della Tarsu, la solita Serit gli notifica una richiesta di 625,40 euro per l’Ici relativa sempre all’immobile della palazzina A12 del consorzio Casa Nostra, per gli anni 2002 e 2003. Obbligandolo, anche in questo caso e suo malgrado, a ricorrere nuovamente davanti alla Commissione Tributaria.

La stessa Serit si costituisce in giudizio ben due anni dopo, il 23 marzo 2011, difendendo la legittimità delle proprie pretese, infischiandosene che Cucinotta, nel luglio del 2000, è stato costretto a lasciare la propria abitazione, insieme a moglie e figlio, a seguito di un’ordinanza sindacale di sgombero dettata da un’ulteriore, immane ingiustizia quale è stata ed è quella scaturita dallo scandalo conclamato di Casa Nostra. Ancora più imbarazzante, tuttavia, la condotta del Comune che, non solo non ritira l’illegittima richiesta, ma nemmeno si costituisce per spiegare le ragioni delle proprie pretese. Così, dopo altri due anni abbondanti, il 7 giugno 2011, la Commissione Tributaria accoglie il ricorso di Cucinotta e condanna il Comune a rifondere le spese di giudizio, pari a 200 euro.

giudice di paceIl 27 dicembre 2013, con sentenza depositata il 14 gennaio 2014, è il Giudice di pace di Messina, nella fattispecie Giacomo Gambadauro, per la questione Tarsu, a riconoscere a Cucinotta – difeso da Massimiliano, il figlio nel frattempo divenuto avvocato – il diritto a vedersi risarcire i danni da palazzo Zanca, per 316,75 miseri euro.

Le speso di giudizio, invece, vengono compensate. Suddivise equamente fra le parti. Perché, del resto, tenere conto che Santi Cucinotta, dipendente delle Poste, sbattuto fuori dalla propria casa nel 2000, a 51 anni, insieme ai propri familiari, mai si sarebbe sognato di “disturbare” la quiete del Giudice di pace se non fosse stato ingiustamente perseguitato da due enti, Comune e Serit, che dovrebbero perorare gli interessi della gente, soprattutto quella onesta, anziché prevaricarla con ogni mezzo a disposizione?

Ultima annotazione. Questa vicenda, mettendo per un attimo da parte il doloroso capitolo dello sgombero, va avanti dal settembre 2006. E dopo 8 anni di soprusi, compreso il fermo giudiziario della propria automobile, un 65enne si vede riconoscere, oltre a 200 euro di spese di giudizio da parte della Commissione Tributaria, un risarcimento assolutamente oltraggioso. Otto anni di soprusi, a opera di impiegati, dirigenti, amministratori, legislatori, le cui braccia, più che all’agricoltura, sono rubate ai lavori forzati. Otto anni di soprusi che ancora oggi non sono finiti. Sì, perché, il Comune, ancora oggi, non ha liquidato quei pochi e maledetti 316,75 euro. (@FabioBonasera)

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