EOLIE: TRA LIPARI E PANAREA UN TESORO SOMMERSO, LE ULTIME SCOPERTE “AMERICANE”

L’Italia è tra le poche nazioni europee che, nonostante il grande patrimonio sommerso, non è dotata di una nave di ricerca. Una questione non da poco, visto che negli ultimi anni le scoperte più importanti sono state possibili grazie alla tecnologia messa a disposizione da grandi società americane di veri e propri “cercatori di tesori”, che hanno affiancato il lavoro delle soprintendenze.

Relitto ripreso dal sommergibile, ph. Salvo Emma
Relitto ripreso dal sommergibile, ph. Salvo Emma

E’ il caso della recente notizia di un importante ritrovamento di anfore risalenti a circa 2000 anni fa tra Lipari e Panarea, dove lo scorso settembre si è svolta con successo un’attività di ricerca sul relitto di Panarea III, già identificato nel 2010 in seguito ad una campagna di rilevamenti a mezzo side scan sonar con la collaborazione della Fondazione Aurora Trust, e con un team formato dagli archeologi Timmy Gambin, Philippe Tisseyre e Stefano Zangara (questi ultimi due della Soprintendenza del Mare).

La campagna di esplorazioni archeologiche in alto fondale è stata condotta nelle acque di Pantelleria, Lipari e Panarea, coordinata per la Soprintendenza del Mare da Sebastiano Tusa e Roberto La Rocca con l’ausilio di Salvo Emma, nell’ambito del progetto “Project Baseline” della GUE, coordinato dal Presidente Jarrod Jablonski e con il supporto di Francesco Spaggiari e Mario Arena, che ha messo a disposizione due mini sommergibili biposto dotati di braccio meccanico e attrezzature di documentazione videofotografiche.

E’ stato trovato anche un antico altare con decorazione in rilievo ad onde marine che dimostrerebbe come a bordo delle navi si sacrificava agli dei per propiziarsi la navigazione. Del relitto Panarea III si è esplorato l’intero carico per la prima volta. La maggior parte delle anfore sono del tipo greco-italico, comprese anfore puniche. Sono riemersi anche una macina (catillo), alcuni vasi cilindrici del tipo sombrero de copa (alcuni impilati uno dentro l’altro), alcuni piatti cosiddetti da pesce, altri piccoli piattelli e ciotole e un “thymiaterion” intero rotto in due parti con la base modanata recante un’iscrizione in greco costituita da tre lettere (ETH).

A Pantelleria sono state effettuate ricognizioni subacquee sui fondali di Cala Levante, Cala Tramontana e Cala Gadir fino a profondità di oltre 100 metri individuando vari areali con presenza di anfore di varia tipologia (principalmente greco-italiche e puniche).

Team Project Baseline e Soprintendenza del Mare: Jablonski, La Rocca,Tusa, Emma
Team Project Baseline e Soprintendenza del Mare: Jablonski, La Rocca,Tusa, Emma

La missione della GUE è stata possibile grazie alla partecipazione di diversi sponsor tra i quali la Brownie’s Global Logistics (BGL) e il suo Presidente Robert Carmichael. Senza dimenticare la fattiva collaborazione delle Capitanerie di Porto di Pantelleria e Lipari,  in particolare l’Ufficio circondariale marittimo di Lipari comandato dal TV Paolo Margadonna, che ha partecipato direttamente alle operazioni di recupero di alcuni reperti effettuate sul relitto “Panarea III” con l’ausilio della Motovedetta CP 322 comandata dal M.llo Roberto Mangione.

Secondo una stima della stessa soprintendenza, questa attività, qualora eseguita in regime di appalto dall’Amministrazione regionale, avrebbe comportato un investimento di almeno € 300.000 per nolo imbarcazione e prestazione di subacquei altofondalisti, nonché produzione di filmati e riprese fotografiche ad alta definizione. Dati i risultati estremamente soddisfacenti di questa campagna, quindi, il Soprintendente del Mare Sebastiano Tusa e il Presidente della GUE Jarrod Jablonski hanno deciso di proseguire la fruttuosa collaborazione anche il prossimo anno nel quadro di una convenzione stipulata sotto l’egida dell’Assessorato dei Beni culturali e l’Identità siciliana della Regione Siciliana.

“Di relitti antichi e moderni nella mia lunga carriera di archeologo ne ho visto e toccato a decine – ha dichiarato entusiasta Tusa –  ma essere riuscito a raggiungere un relitto di una nave naufragata 2000 anni fa che si trova nel buio e nel silenzio di 130 metri di profondità mi ha dato un’emozione indescrivibile che non avevo mai provato. Avere la possibilità, grazie al batiscafo messo a disposizione dalla GUE, di adagiarmi dolcemente sulla distesa di anfore ed osservarle una ad una per oltre tre ore, di “toccarle” con il braccio antropomorfo facile da usare come un gioco elettronico da Luna Park, è stata una delle esperienze più interessanti della mia vita che mi ha fatto comprendere ulteriormente quanto la tecnologia possa ormai aiutare la scienza. Il risultato più eclatante è stata la scoperta di un reperto eccezionale: un altare in terracotta su colonnina con decorazione in rilievo ad onde marine. Avevo letto sia su saggi scientifici che sulle fonti storiche che a bordo si sacrificava agli dei dopo aver superato un passaggio difficile, prima di salpare o prima di arrivare al fine di trovare genti non ostili e ristoro alla navigazione. Mai avevo, però, scoperto un vero e proprio altare intuendone la diversità in mezzo a centinaia di anfore rotolate dal carico dopo il ribaltamento della sfortunata nave”.

Reperti recuperati dal relitto Panarea III ph.Salvo Emma
Reperti recuperati dal relitto Panarea III ph.Salvo Emma

La missione congiunta tra la Soprintendenza del Mare la GUE e BGL è stata salutata come un successo sia perché si è aggiunta una documentazione preziosa per lo studio e la tutela dei relitti, sia perché si sono recuperati oggetti di pregio che arricchiranno la già nutrita collezione archeologica subacquea del Museo Archeologico Eoliano L. Bernabò Brea di Lipari.

Sebbene, infatti,  la conservazione in situ sia indicata “come opzione preferita” dalla Convenzione Unesco (elaborata nel 2001, ratificata in Italia solo nel 2011 e spesso mai applicata correttamente  – vedi la vicenda del rostro di Acqualadrone, nelle acque di Messina), il recupero di oggetti può essere autorizzato al fine di apportare un contributo significativo alla protezione o conoscenza del patrimonio culturale subacqueo.

Un aspetto sottolineato dall’assessore dei Beni culturali e l’Identità siciliana prof.ssa Furnari che ha visitato sia il cantiere di scavo di Sottomonastero che la nave della BGL/GUE rendendosi conto di persona della validità delle attività di ricognizione ed acquisizione culturale condotte. La prof.ssa Furnari ha auspicato la realizzazione di materiale visivo didattico da fare veicolare nelle scuole e nelle principali città e borghi marinari della Sicilia, ma anche al di fuori dell’isola, al fine di diffondere la conoscenza del patrimonio culturale marino della Sicilia.

 

 

 

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