Laudamo in città/Incroci. L’Icaro di Fiorino fa toccare il cielo con un dito: sala gremita, emozione e grandi applausi

Una valigia. Una piazza. Gli occhi sbarrati sul mondo, l’inutile tentativo di innalzarsi per l’ultimo volo. È Vanni, magistralmente interpretato dal messinese Luca Fiorino, il protagonista di “Icaro – l’ultimo volo”, spettacolo per la rassegna “Incroci” del progetto “Laudamo in città”, promosso dal Daf, con la collaborazione del Teatro Vittorio Emanuele.

Vanni entra in scena come un Diogene dei nostri giorni, cinico e spietato, fragile e ansioso, innamorato e deluso dalla vita. Il suo corpo lotta con la sua anima, con il desiderio di volare, di spiccare il volo al cielo, per poter guardare da lì la realtà come da un’altra prospettiva. Si, perché, “Icaro” è uno spettacolo di prospettiva. Dalla comicità al dramma, l’uomo è raffigurato come l’essere impotente per la gravità che lo spinge per terra e come l’essere potente per la sua capacità di immaginare e fingersi angelo o aquila in un sogno. Prigioniero della sua mente, Vanni odia ed ama, è l’uomo folle sbeffeggiato da tutti, è l’uomo solo nel caos del paradosso, è l’uomo che ossessivamente, nonostante il suo desiderio di purezza e perfezione, si attacca alla ricerca materiale delle penne per costruire delle ali, strumento necessario per diventare un “uomo nuovo”. La costruzione, però, si fa anche immaginifica e intima nei ricordi della sua “vita normale”, nel portare alla mente gli sguardi vivi e sorridenti di suo figlio, Pietro, un piccolo Icaro che l’istinto ha voluto che il mare lo facesse annegare o negli intensi baci di sua moglie Rosa, nell’amore voluttuoso che egli stesso ha un giorno rinnegato.

“E’ questo il modo per farsi bastare l’aria, ma prima o poi devi cambiare, devi respirare”: l’esigenza di riemergere dalla profondità del mare, l’esigenza di far percorrere velocemente il tempo, che sembra essersi arrestato è l’unica chiave per uscire dal labirinto. Quando si vola basso si rischia di affogare, rimanere preda della vastità di un mare che, per Vanni, è anche sinonimo di libertà, quella libertà che si scopre proprio nel momento più buio della sua vita: così la cera si scioglie, il filo si rompe e gli occhi si spengono. La metamorfosi ad aquila anelata da Vanni, Dedalo, costruttore di fantasie fallaci, Icaro, dalle deboli ali, si rivela fallimentare, poiché la sua lacrima di dolore si mischia al mare, il suo corpo si fa terra solida da calpestare. Non ci sono santi, né dei a salvarlo, ma c’è solo se stesso nella luce fioca di una piazza desolata.

La storia di “Icaro” è la nostra storia, di chi vive ai margini della società e di chi pensa di guardare gli altri dall’estrema altezza del cielo. È la storia che ci ricorda chi, come e perché siamo su questo strano pianeta, che con l’aria ci tiene appesi alla vita.

Sala gremita, tantissimi applausi, pubblico in piedi per Luca Fiorino che, a fine spettacolo, fortemente commosso ed emozionato, ringrazia in particolare chi ha costruito questo progetto: da Salvatore Arena per il testo, Filippo Gessi alla regia, Giulia Drogo per scene e costumi, Gabriele Furnari Falanga per l’aiuto regia ad Antonio Rinaldi alle luci, Giovanni Pulifiato per le musiche e la compagnia “Scena Nuda” di Reggio Calabria per la produzione.

Lo spettacolo andrà in scena anche oggi pomeriggio alle ore 17.30. Estremamente entusiasta così commenta Giuseppe Ministeri, fondatore della compagnia Daf, “Un altro esaurito alla Laudamo! E anche per oggi pomeriggio siamo pieni! Fantastico, stiamo davvero superando ogni record di pubblico e di incasso! “Icaro” è uno spettacolo dei più importanti all’interno della rassegna “Incroci” che a sua volta è parte integrante del nostro più ampio progetto “Laudamo in città”. Lo abbiamo fortissimamente voluto, abbiamo fatto di tutto per creare le condizioni giuste perché si realizzare. Luca Fiorino dimostra davvero di essere un grande interprete. La sua prova attoriale è di altissimo livello. Questo spettacolo, in collaborazione con la compagnia “Scena Nuda” di Reggio Calabria, è un’ ulteriore prova di come mentre altri, anche e soprattutto a livello istituzionale, continuano a “chiacchierare” di “area integrata dello Stretto”, noi, sul piano culturale, attuiamo lo scambio, il confronto e l’integrazione e non promuoviamo convegni e firmiamo inutili protocolli d’intesa. Tutto questo in linea con quanto ci chiede di fare il Ministero secondo il nuovo decreto Fus 2015-2017, ovvero di rafforzare il lavoro sul territorio”.

(Clarissa Comunale)

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