Messina ricorda il compatrono “dimenticato”: solenni festeggiamenti per Sant’Alberto degli Abbati

“Alberto: il compatrono dimenticato” è stato il titolo dell’incontro che si è tenuto lo scorso 10 Luglio, alla Chiesa del Carmine, nel calendario dei festeggiamenti in onore della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo. L’appuntamento ha fornito l’occasione per riaccendere i riflettori su una figura che ha dato tanto alla nostra città: Alberto degli Abbati, patrono di Trapani (la città che gli ha dato i natali, intorno al 1250) e compatrono di Messina (insieme a San Placido Martire, Santa Eustochia Smeralda Calafato e San Francesco di Paola), dove è morto nel 1307.

Sant’Alberto Carmelitano, nato a Trapani e morto a Messina, è protettore della nostra città, insieme a San Placido, Santa Eustochia e San Francesco di Paola. A lui è legato il celebre episodio della liberazione di Messina dalla carestia, ricordato dal “Vascelluzzo”. Venerdì 7, alle ore 18.30, verrà fatta memoria del santo con una solenne Celebrazione Eucaristica nel Santuario di Santa Maria del Carmine dove sarà esposto il braccio reliquiario del Santo e un prezioso dipinto che lo raffigura.

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La reliquia di Sant’Alberto

Per tutta la giornata sarà esposto il braccio reliquiario contenente un osso del Santo e con esso verrà benedetta l’acqua portata dai fedeli. Le origini di questo rito risalgono ad alcuni decenni dopo la morte del Santo ed è legato a due fatti prodigiosi riguardanti la guarigione di Federico III d’Aragona, re di Sicilia e di Nicola figlio del nobile Guglielmo Peralta da Sciacca, che ottennero la salute dopo aver bevuto l’acqua benedetta con una reliquia del santo.

Sarà inoltre possibile ammirare, nella Cappella dedicata a lui dedicata, la riproduzione della tela del palermitano Giuseppe Crestadoro “S. Alberto Carmelitano, la Vergine e la SS. Trinità”, dipinta nel 1782 e conservata, sino al terremoto del 1908, presso la Chiesa del Carmine Maggiore di Messina (oggi nei depositi del Museo Regionale). Il ritorno di tale opera in Santuario, avvenuto dopo oltre un secolo, segna una tappa importante nel percorso di riscoperta di questo nostro Santo dimenticato. Accanto a questo dipinto, si potrà anche osservare la riproduzione della “Madonna del Carmine fra i Santi Elia ed Eliseo”, tela del XV secolo, di autore ignoto (forse si tratta del Maestro del Trittico di Sant’Omobono) e recentemente restaurata. Si potrà, quindi, contribuire, con un’offerta, al restauro della stessa Cappella che, una volta realizzati i lavori, accoglierà definitivamente le due tele.

Alberto, discendente dell’illustre famiglia toscana degli Abbati, si distinse, nel suo tempo, per la dedizione alla predicazione evangelizzatrice e per la fama dei miracoli che il Signore operò per sua intercessione. Negli anni 1280 e 1289 fu a Trapani, e più tardi si trasferì a Messina. Nel 1296 governò la provincia carmelitana di Sicilia come padre provinciale. Con la sua instancabile predicazione, convertì molti ebrei. Nel 1301 riuscì a eludere l’embargo posto alla città di Messina nel 1301 da Roberto di Calabria, poi re di Napoli: per intervento di Alberto una o più navi – le fonti ne ricordano da una a dodici – riuscirono a rompere l’assedio e a portare vettovaglie ai messinesi affamati. Questo episodio è ricordato nel “Vascelluzzo”, che, com’è noto, sfila in processione ogni anno, nel giorno del Corpus Domini. In uno dei quattro medaglioni incisi su questa preziosa opera è raffigurato infatti proprio S. Alberto con la Bibbia e un giglio. Alberto morì nella città dello Stretto il 7 Agosto del 1307. La tradizione ricorda l’episodio della disputa sorta tra i chierici e il popolo al momento di celebrare le esequie: l’affetto e la devozione popolari avrebbero voluto celebrare Alberto come santo, mentre i chierici preferivano una normale messa funebre. La leggenda racconta che, nel bel mezzo della disputa, apparvero degli angeli che intonarono l’Os justi, l’antifona d’introito della messa dei confessori, quasi a dar ragione al sentimento popolare e a confermare la fama di santità di Alberto. La Messa funebre fu celebrata in Cattedrale e presieduta dall’arcivescovo Guidotto d’Abbiate, alla presenza del re Federico III d’Aragona. Alberto fu il primo santo ad avere culto nell’Ordine, e pertanto ne venne considerato patrono e protettore. Ebbe anche il titolo di «padre», titolo condiviso con l’altro santo del suo tempo, Angelo di Licata. Nel XVI secolo fu stabilito che ogni chiesa carmelitana avesse un altare a lui dedicato. A Sant’Alberto degli Abbati furono particolarmente devote anche santa Teresa d’Avila e Maria Maddalena de’ Pazzi.

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