Messinesità #adminchiam – Il parcheggiatore ambulante

di Simone Bertuccio – Quando esco di casa la mattina il traffico sotto casa mia è immenso. Auto parcheggiate in doppia e terza fila, motorini che sorpassano impennando, venditori ambulanti che occupano chilometri di marciapiede, precedenze non rispettate, doppie strisce continue diventate, de facto, strisce discontinue.

C’è di tutto ma di queste cose ne abbiamo parlato tante, troppe volte.

Io la mattina mi sveglio orientativamente alle 7:30 ma ce ne sono tante di persone che si svegliano pure prima. Lo conoscete benissimo quel detto africano della gazzella e del leone, no? Bene. A Messina devi correre sempre, devi anticipare la vita di tutti per piazzarti davanti alla posta, in banca, per trovare il parcheggio migliore vicino al luogo di lavoro. Una corsa contro il tempo.

Come dicevo, mi sveglio alle 7:30 e, tra doccia e preparazione, riesco ad uscire di casa per le 8:15. Non è un orario esagerato ma metteteci pure che io, appena sveglio, devo fare i conti con la mia “Mezzora di odio verso il mondo” in cui il mio atteggiamento è simile a quello di un robot sotto pilota automatico, ma molto molto nervoso. Trenta minuti, non di più, e considerando che per arrivare a lavoro, dal mio ingresso in auto, ci sto altri 30 minuti, mi sembra comunque palese che questo mio periodo di “Odio” non ferisce nessuno. Quindi io arrivo a lavoro che ho già sfogato per i fatti miei.

Solo che sfogare per i fatti propri significa anche osservare tanto, perché ogni occasione è buona per imprecare e quindi diventi come un radar che non aspetta altro che trovare un modo per alimentare la propria rabbia. Ovviamente non mi vedrete mai parlare in auto da solo ma la mente di mattina è molto più lucida. Certo è anche che non c’è assolutamente bisogno che la mente sia lucida per valutare determinate cose, tutt’al più sei più ponderato nel riuscire ad azzardare delle considerazioni.

Come dicevo, alle 8 e 15, zona sud direzione centro, v’è un accumulo di tensioni. Ogni cittadino messinese che si imbatta nella coda sulla statale 114, ci mette dentro tutte le sue frustrazioni, paure, nevrosi. Diventa un po’ come il vaso di Pandora e guai a scoperchiarlo. Percorrendola ogni giorno però arrivi anche a non farci più caso e la tua mente cerca di trovare nuove Muse ispiratrici a cui dedicare i propri deliri contro l’inciviltà.

Ti incanti come quando sei bloccato con lo sguardo fisso su qualcosa mentre qualcuno ti sta parlando. A me è capitato mentre salivo il Viale Gazzi. Un’auto mi taglia la strada e questo avviene in tutte le parti del mondo, per carità. Il motivo è il “Perché” ed è stato proprio quando l’ho scoperto che mi sono lanciato a scrivere questo pezzo. Il Viale Gazzi, altezza Policlinico, sia in salita che in discesa, è colmo di auto che ad un certo punto, mentre tu sei tranquillo tranquillo sulla tua corsia, iniziano ad impazzare cambiando repentinamente direzione. Un po’ come se un flusso elettromagnetico si impossessasse del motore, o della centralina, o del cervello del conducente, creando una sorta di effetto “Triangolo delle Bermuda”, in cui tutto ciò che avviene in quell’area non si spiega che fine faccia o perché determinate cose le faccia.

Credetemi, capita ogni santo giorno e volete sapere perché? Perché in bella vista – quel segmento di strada non è composto da alberi, palazzi, ma è un bel vialone nudo e crudo – vi sono illegittimi operatori della comunità, altresì detti “Parcheggiatori ambulanti”. Lo so, lo so che ci sono ovunque. Li ho visti in altre città d’Italia, che credete? Quello che mi colpisce di questa situazione è tuttavia la sfacciataggine attraverso cui queste persone operano senza alcun problema. Dico, vuoi fregare lo Stato, fallo con una certa dignità, furbizia, tattica. Qui invece nessuno sembra curarsi di tutto ciò ed io ho un’idea del perché. Che motivo avrebbero di curarsi di tutta questa serie di cose quando non v’è alcun controllo che possa vietare che costoro svolgano questa attività nel modo più chiaro e palese possibile? Certo, se avessero un po’ più di zelo si guarderebbero bene, ma io, quando ci faccio caso, vedo in loro una sorta di legittimità tacitamente acquisita. Sarò troppo antico ma per me il fuorilegge è fuorilegge e qui non si sta parlando di rubare caramelle ma di fare soldi. Soldi che vengono meno alla ZTL, all’ATM e via dicendo. Loro invece, da fuorilegge, non fuggono, non si nascondono, non si preoccupano di essere beccati durante la contrattazione con gli automobilisti che parcheggiano lungo il Viale.

Io sinceramente questa cosa non la sopporto. O sono esagerato io, o non è ben chiaro il problema in tutta la sua beffarda schiettezza. Sa un po’ di “Danno e Beffa”. Io non sono un vigile, non sono un poliziotto, non ho fatto il militare ma credo anche che qui sia anche superfluo fare un’indagine.

La zona del Viale Gazzi adiacente al Policlinico può essere considerata una zona centrale. Vi sono molte attività commerciali e c’è pur sempre il nosocomio peloritano, basterebbe questo per riporvi un minimo di attenzione. Invece tutto avviene alla luce del sole, con i parcheggiatori abusivi che camminano avanti e indietro lungo lo spartitraffico che separa la carreggiata in salita e quella in discesa. Hanno pure potato i maestosi alberi che fuoriuscivano dal perimetro murato del policlinico ma loro, imperterriti, continuano a mostrarsi nella loro più sana illegittimità. O forse li hanno potati per permettere una ricognizione con gli elicotteri e beccare chi di dovere. Ah, no, scusare, guardavo CSI.

Io sinceramente non credo che nessuno lo sappia perché, se così fosse, significherebbe che da quelle parti non v’è alcun controllo, o che si preferisce non far nulla. Quale scegliamo? Io sono un po’ combattuto perché entrambe le risposte potrebbero essere plausibili.

Sta di fatto che quanto avviene lungo il suddetto segmento del Viale Gazzi è abbastanza ridicolo. Ci diranno che per i controlli “Mancano i mezzi”, “Manca il personale”, “Manca l’aria”, “Manca l’acqua”, “Manca il sale”, “Manca lo zucchero”, “Mancano i soldi” ma, nel frattempo, si permette che un po’ alla volta venga rubata, come per le caramelle ad un bambino, anche un po’ di credibilità.

Per quel che ne rimane, ovviamente.

 

 

 

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