Quando muore un congiunto, i familiari non possono che stringersi in un accorato dolore e piangerne la dipartita; si ricorda quanto fosse una brava persona, quante cose avesse ancora da fare su questa terra e l’immenso vuoto che lascia. Capita anche, a volte, che in alcuni casi, il trapasso avvenga in circostanze violente, traumatiche e, non di rado nella storia della nostra terra, anche poco chiare. Attilio Manca, un brillante urologo dalla carriera in ascesa e il sorriso sempre dipinto sul giovane volto, è proprio un esempio di questo. Un nuovo libro per raccontare una vicenda alla quale i parenti del medico da anni lottano per dare una risposta chiara. Perchè se muore un figlio o un fratello e già cosa straziante di per sé ma se in più il suo nome viene infamato da chi non ha interesse a che giustizia sia fatta, è come vederlo morire mille volte. Per questo la famiglia Manca, dal 2004 ad oggi, instancabilmente, ha diffuso la storia di Attilio in modo da creare un movimento di coscienza che cammina di pari passo alle vicende giudiziarie che da anni sono in corso tra nuovi dettagli e continui tentativi di archiviazione. Attilio non si sarebbe suicidato, questa è la posizione di chi era a lui vicino, sin dalla prima ora. La sua morte sarebbe direttamente connessa ad un intervento che avrebbe eseguito in Costa Azzurra sul boss allora latitante Bernardo Provenzano.
Tra i vari megafoni della storia del medico di origine siciliana c’è Lorenzo Baldo, vicedirettore di Antimafia Duemila che ieri ha presentato la sua nuova pubblicazione, “La mafia ordina: suicidate Attilio Manca”, durante un incontro a Santa Maria Alemanna a cui hanno preso parte in molti, da giornalisti a giovanissimi studenti insieme alle famiglie e qualche insegnante col pallino dell’educazione alla legalità. Gente accorsa per salutare “nonna Angelina”, così la chiamano i ragazzi prima di abbracciarla, perché nel tempo questa famiglia è diventata cara a quanti le conoscono le vicende e seguono l’iter giudiziario in maniera attenta. Attilio diventa come un parente per chi si avvicina a questa triste e ingiusta storia a cui diventa corale il desiderio di mettere la parola fine.
Presenti, oltre all’autore, i familiari dell’urologo -il fratello Gianluca al tavolo dei relatori-, il legale della famiglia, Fabio Repici, il pm Sebastiano Ardita e il sindaco Renato Accorinti, da sempre vicino ai parenti di Attilio. Quella del medico è una vicenda che chiaramente trova una collocazione nella dinamica della Trattativa tra Stato e Mafia: a chiarirlo è proprio lo scrittore, introdotto dal moderatore dell’incontro, il collega Nuccio Anselmo. Per dovere di cronaca si dovrà ancora usare il condizionale prima di parlare di rapporti tra i due poteri, si dovrà usare il termine “presunto” nel dire “omicidio di mafia”, ma a guardar bene certe immagini, un suicida drogato, così come si è voluto farlo passare in modo diffamante , non avrebbe avuto l’aspetto che invece quel corpo esanime presentava al momento del ritrovamento nella casa di Viterbo; non avrebbe riportato dei buchi nel braccio sinistro, essendo mancino il medico che, senza temere critiche, ci sentiamo di chiamare vittima di un gigantesco inganno storico su cui pende un segreto di Stato non ufficiale ma evidente.
Un libro per riportare i fatti, per seguire dei fili di semplice logica e ragionamento deduttivo, un momento di analisi che ad Attilio e alla sua instancabile famiglia è dovuto, nella corsa verso una verità che sarà un piccolo riscatto ma pur sempre un elemento essenziale per restituire ai protagonisti della vicenda un riconoscimento alla dignità che qualcuno ha tentato di piegare e spezzare in nome di un superiore interesse occulto tra poteri.
@ElUeMme
foto di @LilloLoCascio