Verso il Referendum, “Il Tramonto della democrazia” e le ragioni del No: Mori, “La riforma è la fine dello Stato”

La genesi della dittatura europea codificata dai trattati dell’Unione europea e l’imposizione di un modello neoliberista, rifiutato dai padri della Costituzione italiana perché considerato  causa del secondo conflitto mondiale, ha determinato pesanti responsabilità penali da parte di quei governi che, attuandone il modello, hanno messo da parte gli interessi nazionali per aprire la strada al “Tramonto della democrazia”.

Un’attenta disamina dell’attuale momento storico, in vista del referendum confermativo del prossimo 4 dicembre, che Marco Mori, avvocato ed esponente del movimento Alternativa per l’Italia, ha illustrato, sabato 12 novembre, nel salone delle Bandiere di palazzo Zanca.

Un appuntamento, promosso dalle associazioni culturali Energia Messinese 2.0 e La Sicilia ai siciliani, in collaborazione con Vento dello Stretto e Atreju, nel corso del quale l’autore del libro “Il tramonto della democrazia” ha motivato le ragioni del No al testo della “deforma” varata dal governo nazionale, svelandone inquietanti retroscena.

“L’obbligo di introdurre nella nostra Costituzione il pareggio bilancio  – esordisce Mori – è  un ricatto della Banca centrale europea, maturato nelle stanze dove la grande finanza manovra il destino degli Stati. Interessi personali che hanno portato l’Italia alla misera di oggi; una condizione che in un passato ha rappresentato uno dei principali fattori che ha scatenato il secondo conflitto mondiale. La graduale, ma inesorabile, cessione della sovranità nazionale – spiga l’autore de Il tramonto  della democrazia – ha giocato un ruolo fondamentale, perché se si tiene un popolo in apnea economica, questo si allontanerà della politica e sarà più facile governare le democrazie. E’ un processo che in Italia inizia nel 1981, con una prima cessione della sovranità monetaria ad opera di Ciampi e Andreatta che, cavalcando l’inflazione  – ricorda – porteranno l’Italia a sottoscrivere il trattato di Maastricht e a rinunciare a controllo e gestione del territorio”.

La crisi, quindi, è il prodotto di una volontà precisa, che mira a soddisfare gli interessi di una ristretta oligarchia: “Lo strumento migliore attraverso il quale costringere un Paese a cedere sovranità, imponendo le riforme – denuncia Mori – è successo con il JobsAct, che ha ridotto i salari e i diritti dei lavoratori, e continua ad accadere con la riduzione dei prezzi, la diminuzione del costo del lavoro e il tasso di disoccupazione strutturale. Un copione già visto, che ha portato alla nascita del governo Monti; esecutivo imposto dalla finanza attraverso un diktat: o appoggiate questo governo, ci hanno detto gli enti sovranazionali – spiega – o noi chiudiamo i rubinetti. Enti e norme europee ci hanno costretto cedere sovranità, perché le costituzioni del sud Europa tutelano i lavoratori, consentono di protestare e per questo vanno liquidate”.

Cancellare le garanzie costituzionali è l’obiettivo del governo nazionale: “Molti non ricordano che l’articolo 139 della Costituzione stabilisce che la nostra forma di stato è immodificabile e che il tentativo di modificarla, sino al 2006, era reato penale – prosegue Mori – la necessità di saldare l’Europa, imponendo le sue regole di bilancio, è la spiegazione di questo governo alla riforma costituzionale. Un progetto all’interno del quale sarà un Senato di nominati ad attuare la normativa dell’Unione. E’ questo il sistema economico che detta legge e che ha portato alla seconda guerra mondiale; non è tramonto – conclude Mori – ma qualcosa di più: è il suo epilogo”.

 

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