L’approfondimento: quel Ceccio armato di rientro dalla Toscana

di Gianfranco Pensavalli – Aveva sentito odore di bruciato e si era allontanato dalla sua Messina. Accadeva nel giugno del 2014. Beh, si è fatto prendere sabato alle 2,30 con la compagna, mentre scendeva dalla Caronte dopo un viaggio in auto monitorato dagli uomini di Messina Sud, la compagnia dell’Arma guidata magistralmente dall’ex Gis ( Gruppo Intervento Speciale) di Livorno, il maggiore Paolo Leoncini ( steso corso di Emanuela Rocca di Messina Centro,ndr).
In più al Nucleo Operativo c’è il tenente Vincenzo Spataro. Uno che si è fatto le ossa tra Caltanissetta e Reggino.
Dunque, Fabrizio Ceccio, pluripregiudicato di 45 anni, originario di Pagliara, latitante da tempo in Toscana, chissà cosa doveva fare in Sicilia se sulla BMW 320 c’erano due pistole con matricola abrasa, una Beretta calibro 22 e una Sig Sauer calibro nove, con colpi in canna e cane armato.
Armi che teneva sotto il portabagagli e pronte all’uso.
Con lui Fortunata Caminiti, pluripregiudicata. In vero, avevano documenti falsi perché lui risulta di Acireale e di nome fa Giovanni Russo. Lei è “reggina”, dieci anni di meno di quelli effettivio e un improbabile Venusia Emanuela Romano.
Che ci facevano in Toscana? Lui ha un B&B. E perché tornavano a Messina? Perché allora l’avevano lasciata appena in tempo dopo che la polizia aveva decapitato i componenti della gang specializzata in truffe e furti messi a segno tra S. Teresadi Riva e Letojanni , svaligiando la scuola elementare e portandosi via venti computer oltre a un chiosco di Giardini Naxos e una gioielleria a S. Margherita di Messina.
Non solo. La gang era specializzata in truffe agli autonoleggi attraverso documenti falsificati. Ma tra le persone arrestate nell’inchiesta denominata «Operazione Clone» – Salvatore FeCAMINITI FORTUNATArrara, Luca Lo Turco, Silvio Santoro, Caterina Bitto e Angelo Augliera – mancava proprio quello che gli inquirenti ritengono essere la mente dell’organizzazione: Fabrizio Ceccio, al tempo residente a Roccalumera (Messina). Lui era «sparito» in «continente». Nascosto in un’abitazione a Dezza di Castelnuovo.
L’ordinanza di custodia cautelare chiesta dalla procura di Messina era stata emessa dal gip Monica Marino ed era rimasta lettera morta.
Ceccio quindi figurava come latitante. Ma la sua presenza nella piccola frazione del comune di Castelnuovo non era passata inosservata e i carabinieri di Castelnuovo assieme a quelli delle stazioni di Coreglia e Bagni di Lucca lo tenevano d’occhio con turni anche notturni.
Così la decisione di entrare in azione proprio poco dopo pranzo quando Ceccio si concedeva la classica pennicchella.
Il latitante rimase sorpreso nel vedere i militari fare irruzione nell’abitazione che aveva preso in affitto. Proprio come è accaduto a Messina. Ah, a Lucca gli avevano contestato l’evasione dagli obblighi e lo avevano spedito a carcere ma Ceccio si diede latitante. Facile chiedersi : ma chi ha aiutato il malvivente durante la latitanza in Garfagnana? E chi è oggi Ceccio? Lo difende l’avvocato Silvestro.
Delle due l’una: armato per difendersi o per offendere. Magari ” ingaggiato” da qualcuno. Escluso, al momento, ogni collegamento con la morte del vigile del fuoco Roberto sciplitti, consumato in zone che Ceccio conosce come le sue tasche.

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