L’Esperto Ignorante da “Famoso per un pugno di Like 2.0”

di Giuseppe Contarini – Quale sia il senso della nostra vita? Chi siamo? Cosa siamo? Come siamo arrivati sulla terra e c’è vita nell’universo? Perché siamo venuti alla sala Laudamo a vedere Famoso? Queste e tante altre domande esistenziali, ce le spiega Lelio Naccari con la sua ultima fatica drammaturgica: “Famoso per un pugno di like 2.0” con: Lelio Naccari (Autore e Regista e Attore), Dario Naccari (Attore, Cantautore e Sosia di un ormai vecchia versione di Paride Acacia), Tamara Cutugno (Ballerina), Vincio Siracusano (Scenografie digitali), Claudio Naccari (Grafica e Illustrazioni), Luca Stella (Assistente generico), Andrea Scimone che faceva i video, io qualche foto molto bella e questo articolo, e Aristide Ciervo che non faceva nulla, ma veramente nulla.

Lelio Naccari, da’ delle risposte ai più importanti quesiti eterni e prova e indirizzare il nostro pensiero verso delle riflessioni esistenziali che tutti dovremmo fare, secondo lui, riguardo il nostro passaggio terreno; ad osservarci sono i Picatroz, entità universali che vivono senza tempo e senza spazio, senza cibo e senza necessità fisiologiche, hanno creato l’uomo e collocato sulla terra per un solo personale scopo che verrà svelato alla fine.

Non posso sapere, secondo quale studio scientifico, Lelio Naccari sia arrivato a queste conclusioni riguardo l’esistenza dei Picatroz: è evidente che Lelio è un pensatore, un attento osservatore sociale ed introspettivo, ed i quesiti che egli pone, sono i quesiti che egli si pone, le risposte che egli da e non da, sono le risposte che egli si da e non si da.

La scrittura drammaturgica di Naccari è dunque una scrittura sincera, scevra da ogni restrizione, un suo libero fluire che sfocia in ogni assurdo creativo e fantasioso che la sua mente genera, lui gioca a carte da solo, passa dall’altro lato del tavolo dopo che butta la carta; è tutto questo che, con coraggio e decisione, egli mette in scena; risultando dunque riconoscibile per uno stile personale, che piaccia o meno; sicuramente la follia creativa di Naccari, come quella di qualsiasi altro artista che esprime se stesso liberamente, richiama sempre il mio interesse, le sue performance vanno comunque viste, per la loro assoluta e assurda imprevedibilità, per lo stile rischioso e un po’ fuori dalle solite convenzioni.

Uno spettacolo complesso, che vede lavorare assieme varie arti performative, si snoda su vari quadri, su varie situazioni, senza un chiaro collegamento fra loro, alcune divertenti altre provocatorie, altre, invece, assurde, alcune superflue e senza motivo, allungando un brodo che è già un po’ lungo di suo; si passa dal Cabaret stile Aldo Giovanni e Giacomo, al ballo carnale, vivo ed energico di Tamara, al canto piacevole con chitarra e voce di Dario, alla performance scenica corale, insomma troppe cose, bisognerebbe stenderlo al sole e lasciarlo asciugare un po’, alcuni di questi cambi di scena sono lenti un’eternità e creano un vuoto scenico che ammazza il ritmo, noi siamo umani, non siamo certo i Picatroz che non hanno una mazza da fare, per noi il tempo ed il ritmo sono importanti, altrimenti le comode poltrone della Laudamo, prendono il sopravvento.

Le scene sono sostenute, devo dire molto bene, dalle interessanti proiezioni grafiche di Vincio Siracusano, più debole, invece, nel disegno luci, ma chi se ne frega, queste sono cose che si possono facilmente migliorare, i contenuti invece viaggiano su una dimensione mediamente interessante, nulla di pretenzioso, semplici e umane riflessioni esistenziali che non destano il mio interesse ne stimolano il mio pensiero, ma lasciano solo qualche momento di sincero divertimento, che comunque non è poco; grazie anche ad un Dario Naccari che in scena è a suo agio, esibisce con sincerità e onestà tutta la sua inesperienza, si diverte e fa divertire, risultando sempre efficace.

Tra il pubblico un inaspettato e affascinante Davide Patania, noto gestore di un noto locale della nota movida messinese, il noto Retronouveau. Egli irrompe alla Sala Laudamo prendendo subito posto e osservando attentamente il lampadario di tanto in tanto, nel tentativo di farlo forse cadere solo con il pensiero, ma riuscendo, a suo dire, solo a farlo muovere un poco: il genio si palesa sempre all’improvviso, e spero, dopo questa, che mi offra da bere, almeno una volta.

Si conclude cosi, il penultimo appuntamento dell’incubatore/contenitore culturale della sala Laudamo, adesso, non ci resta che attendere: “Affabulazione” riadattamento di Giovanni “Gionni” Boncoddo dell’opera di Pasolini, dal 15 Giugno in scena, dove tutto può succedere e dove tutto succederà.

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