Scafisti ‘Diciotti’, decide il Tribunale di Messina

Sono detenuti nel carcere messinese di Gazzi, in attesa dell’interrogatorio di garanzia del gip, i 4 fermati ieri dalla Procura di Palermo ritenuti gli scafisti dell’imbarcazione soccorsa dalla nave Diciotti della Guardia Costiera e fatti sbarcare, con gli altri migranti salvati, a Catania. La dda del capoluogo siciliano, guidata dal procuratore Francesco Lo Voi, che indaga sui trafficanti che hanno gestito il viaggio dei profughi verso l’Italia, li accusa di associazione per delinquere finalizzata alla tratta di persone, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, violenza sessuale e procurato ingresso illecito in Italia dei migranti.

Il decreto di fermo di pm, che dovrà essere convalidato dal gip, riguarda tre cittadini egiziani e uno del Bangladesh.

Sono in 143 nell’hotspot di Messina, sbarcati da nave Diciotti della Guardia costiera rimasta per cinque ormeggiata al porto di Catania, in attesa di potere scendere. E adesso attendono con trepidazione di sapere dove andare. Alle spalle storie terribili di violenze subite durante i loro lunghi viaggi per raggiungere la Libia e poi nei centri di raccolta sul quel lembo infuocato della costa nord dell’Africa che sono come prigioni, a volte peggio: luoghi di sopraffazione e tortura. In molti mostrano le cicatrici evidenti di quegli abusi, come le 11 donne eritree che sarebbero state violentate prima di partire dalla Libia.

Adesso di nuovo l’attesa. Che non dovrebbe essere lunga nell’hotspot dell’ex caserma di Bisconte. E’ la speranza condivisa dall’arcivescovo di Messina, monsignor Giovanni Accolla già al lavoro “con i rappresentanti delle istituzioni Italiane per decidere insieme in quali centri della Curia trasferirli”. Un centinaio saranno accolti dalla Chiesa Italiana, altri 40 saranno distribuiti tra Albania e Irlanda.

 

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