Sicilia arancione, nessun politico rosso di vergogna e il bisogno di razionalizzare

di Palmira Mancuso – In Sicilia paghiamo lo scotto di un sistema sanitario inadeguato, ma se è plausibile il colpevole ritardo del governo Musumeci sul contenimento di una seconda ondata, è da sciacalli fare campagna elettorale su questo ultimo dpcm. Da decenni in Sicilia la sanità è business… non solo per la classe politica. Più che arancione qualcuno dovrebbe farsi rosso di vergogna.

Ma questo non succede. Anzi. Diventa tutto propaganda: De Luca (sindaco di Messina) contro Musumeci contro Conte. Il balletto ha stufato, e le responsabilità sono ben distribuite.

Partiamo dai dati – non dati: il Presidente del consiglio dei Ministri solo ieri ha dichiarato di aver chiesto al’ISS di condividere i dati del monitoraggio e che siano accessibili alla comunità scientifica e a tutti i cittadini. Numeri che hanno costretto alla resa persino l’ISS con la cabina di regia che ha rinunciato ad aggiornare il monitoraggio in vista delle ordinanze di Speranza perchè i dati regionali sono pochi e tardivi, e quindi si è fatto riferimento a quelli in possesso al 25 ottobre.

E’ chiaro quindi che serve un provvedimento nazionale per imporre alle Regioni criteri omogenei di raccolta e per garantire la pubblicazione dei dati in formato aperto e disaggregati.

Cosa è accaduto in Sicilia, in riferimento all’aumento dei posti letto (come annunciato da Musumeci e rinfacciato da De Luca) lo spiega il messinese Ferdinando Croce, capo della segreteria tecnica dell’assessorato alla salute, che sui social dichiara: “il dato delle terapie intensive attuali non è la conseguenza di interventi strutturali (fatti o non fatti) ma dell’attivazione dell’interruttore che – come già fatto nella fase 1 – deriva dalla riconversione dei reparti degli ospedali “rebus sic stantibus”. Gli interventi strutturali la Regione Siciliana li ha attesi invano per tre mesi.

A maggio 2020 infatti, con il DL 34 é stato assegnato alle Regioni un termine di trenta giorni per realizzare il piano di potenziamento strutturale delle terapie intensive, che la Sicilia ha approvato con provvedimenti prima del 19 giugno e poi dell’8 luglio e trasmesso ad Arcuri per ottenerne l’approvazione, l’assegnazione delle risorse (solo per la Sicilia: 128 milioni) e l’autorizzazione all’impiego di procedure accelerate e derogatorie in materia di appalti, inclusa la nomina del Presidente della Regione come commissario delegato per l’attuazione del piano.
Arcuri risponde con questi poteri speciali soltanto l’8 ottobre!!! Inevitabilmente quindi si é partiti da poco e si sta correndo. Oggi quello che si sta facendo é riconvertire l’esistente (on/off) – come nella fase 1 dell’emergenza – i reparti degli ospedali, tenendo bene a mente che non siamo in lockdown integrale e che quindi bisogna pensare anche a tutte le altre patologie.
Per il resto, il numero dei contagi e dei ricoveri é assolutamente controllato e non elevato, con un turnover soddisfacente sui tempi di dimissione dei ricoverati, senza terapie intensive ancora piene”.
Intanto il cavallerizzo De Luca è pronto a montare sulla rabbia delle categorie commerciali più colpite, che in Sicilia avevano lentamente ripreso le attività spendendo anche soldi per adeguarsi alle ultime norme anticovid. Annunciando la sua diretta fb ha già chiesto le dimissioni dell’assessore Razza e le scuse “dell’inconcludente Presidente Nello Musumeci”.
Ma l’emergenza covid non ha causato il  collasso del sistema sanitario siciliano, è stato piuttosto lo specchio sul quale la classe politica cerca di arrampicarsi per giustificare il clientelismo che ha sempre considerato il bisogno sanitario come mezzo di scambio elettorale (dalla prenotazione di un semplice esame alle vergognose liste d’attesa, dalle nomine di manager i cui obiettivi erano far “risparmiare” le strutture (dove c’è chi la coperta se la deve portare da casa), alla chiusura di presidi territoriali con le donne che finiscono a partorire in autostrada mentre cercano di raggiungere un ospedale ormai lontano.
La pandemia avrebbe dovuto responsabilizzare sulle falle di un sistema da ricostruire. Il virus si potrebbe affrontare in maniera più razionale, perchè i tumulti di piazza aiutano chi non vuole ragionare. Basta pensare alla Francia che entra in lockdown e a quanto succede in Germania per raffreddare i toni di quelli del “ci state togliendo la libertà senza motivo”. Ma serve serietà e verità, come per attuare un nuovo piano sanitario nazionale, scaduto da 12 anni, in cui si preveda di estendere il ruolo dei medici di medicina generale e raddoppiare gli attuali interventi per l’assistenza domiciliare integrata.

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