“Voglio nascere a Lipari”: lo sfogo di una partoriente eoliana

di Luana Spanò – Dopo la chiusura del Punto Nascita a Lipari le partorienti eoliani, di ben 7 isole, sono costrette a partorire lontane dai propri cari e dai figli ancora piccoli per molte settimane.
Lo sfogo  di Alessia Sciacchitano una partoriente eoliana:

“La situazione in cui versa l’ospedale di Lipari ci porta ancora una volta ad interrogarci sullo stato delle cose.
Siamo forse considerati cittadini di serie b?
Eppure anche noi paghiamo le tasse. O forse i soldi degli eoliani servono ad altri e per altri scopi, ma non sicuramente ai nostri bisogni. Oggi mi interrogo e valuto, con occhi diversi, con la preoccupazione concreta di far crescere mia figlia a Lipari, ma non nascere. Con questo messaggio vorrei quindi riportare l’attenzione sul punto nascite.

In contrasto ai proclami sulla sacralità della maternità e dell’infanzia, la chiusura del punto nascite è chiaramente la svalutazione della stessa, nonché del bambino che porta in grembo. Siamo costrette a vivere l’ultima fase e non solo, della gravidanza con disagi e incertezze, viaggiando per controlli spesso anche di routine e oggi col rischio concreto di contrarre il Covid, magari per farsi seguire dal ginecologo/a che poi ti condurrà al parto e alla fine di tutto cercare un alloggio, lontano da casa, aspettando il momento tanto atteso.
Ma dove? A Patti magari c’è la ginecologa che mi ha seguito. O a Messina? A Messina mi presterebbero la casa e caspita se è buono! Però Milazzo è più vicino, magari così mia madre può venire da sola con l’aliscafo. Ma quanto costerà l’affitto? Speriamo che mio figlio non nasca ad agosto!

La costrizione di vivere in un posto che non è il tuo, in un alloggio tal volta di fortuna e in un paese che non conosci, lontano dai propri affetti non fa altro che creare una sensazione di disagio e sconforto e anche un forte stress emotivo.
Non c’è cura della madre, non c’è cura del bambino. Il giorno della partenza, quando magari mancano tre settimane al parto, salire sull’aliscafo e guardare Lipari allontanarsi è come aver mancato un’opportunità per essere davvero serena perché si sa, sarebbe stato bello partorire a casa e nessun posto è come casa!
Non è trascurabile neanche l’aspetto economico. Cercare casa e pagare l’affitto di un mese (perché non si sa mai quando puoi partorire), sospendere momentaneamente il proprio lavoro a Lipari, trovare qualcuno che si possa trasferire con te, assentare i propri figli da scuola, assume davvero un tono di beffa.
Ed è vero che la regione provvede ad un contributo, salvo imprevisti, ma solo dopo mesi e mesi, alcune volte anni e per chi non ha i soldi nel momento in cui servono? Come si fa?

Ma niente potrà mai ripagare il danno morale e psicologico delle partorienti e dei familiari. E cosa succede se invece non facciamo in tempo a trasferirci? Un bel viaggio in extremis in elicottero. Tolto il dente, tolto il dolore? Non credo proprio.
Spaventata, sola, contrazioni ogni minuto, un dolore che non conosci e che non hai mai provato. Non si sa dove ti porteranno, non si sa neanche se un tuo familiare farà in tempo a raggiungerti, soprattutto ora che sull’elicottero non fanno salire nessun altro. Quando invece sarebbe bastato prendere la macchina, con un tuo parente accanto e arrivare in ospedale, nel tuo ospedale. Ed è per tutto questo che la figura della donna non viene protetta, viene lasciata alla mercé degli eventi.

Vi stupite poi cari diretti interessati che in questo paese non nascano abbastanza bambini, ma vi stupite davvero? Considerando che quello di Lipari non è l’unico ad essere stato chiuso. A breve dovrò salutare mia madre al porto degli aliscafi, il mio compagno dovrà accantonare il suo lavoro per settimane e io la mia serenità, questo perché qualcun altro ha deciso per noi, ha deciso per me e per mia figlia.
Ma a noi donne cosa ci viene sempre detto? Voi donne avete una forza incredibile!. Che è sicuramente vero, ma chissà perché la maggior parte delle volte mi suona come una presa in giro. Forse per farci sopportare pacatamente ogni tipo di ingiustizia.

Ogni tanto mi capita di sognare ad occhi aperti… Pensare a come sarebbe stato partorire a Lipari. Non avremmo avuto nessuna necessità di fare i bagagli, nessun bisogno di cercare casa, nessun arrivederci. Avremmo aspettato il momento nella nostra casa, con i nostri comfort e i nostri affetti. Avrei voluto leggere sulla carta d’identità di mia figlia: nata a Lipari. Vorrei avere la possibilità di scegliere dove partorire, ma non mi sarà data, perché avrei scelto casa. Ho perso.

Vorrei poter avere un giorno un ospedale efficiente, con tutto quello che ci serve e anche di più, così da poter condurre una vita serena e sicura alle Eolie. Vorrei un giorno poter scrivere messaggi di gioia con un incipit diverso, magari con Evviva e non con Purtroppo. Non perdo la speranza di poterlo fare, di poter scrivere: Evviva ce l’abbiamo fatta!

Potrei continuare all’infinito… ma basta così.”

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