Cateno De Luca condannato a 8 mesi per diffamazione: “La sentenza di Reggio Calabria mi dà ragione”

Il sindaco di Taormina e leader di ScN, Cateno De Luca, è stato condannato in primo grado a Reggio Calabria a 8 mesi di reclusione per diffamazione. Questa sentenza giunge nell’ambito del processo innescato dalla denuncia dell’ex procuratore generale di Messina, Vincenzo Barbaro, in riferimento a quanto riportato da De Luca nel suo libro intitolato “La Lupara giudiziaria”. Il libro è diventato centro di un’accesa polemica, essendo stato accusato di contenere affermazioni diffamatorie nei confronti di Barbaro. In rappresentanza legale del denunciante vi è l’avvocato Tommaso Autru Ryolo, mentre De Luca è stato difeso dagli avvocati Carlo Taormina e Tommaso Micalizzi.

Riguardo alla sentenza, De Luca ha rilasciato le seguenti dichiarazioni: «La Procura di Reggio Calabria ha esaminato la causa avviata dall’ex procuratore Vincenzo Barbaro, che aveva chiesto un risarcimento danni di 100 mila euro a seguito delle accuse espresse nel mio libro “Lupara Giudiziaria”. Quest’opera narra i 12 anni di complesso iter giudiziario che mi ha visto protagonista, avendo origine a Messina quando decisi di intraprendere una battaglia legale contro la Procura di Messina, a seguito del mio primo arresto».

De Luca ha proseguito sottolineando gli ostacoli affrontati nel corso degli anni: «Mi sono ritrovato ad affrontare una vera e propria macchina triturante giudiziaria che sembrava incessante. Benché mi sentissi isolato e osteggiato, non ho mai ceduto alle pressioni e alle avversità. Ho persistito con determinazione e, in seguito alla sentenza di Reggio Calabria, si è riconosciuta la veridicità della mia posizione. Tutto ciò che ho documentato nel mio libro ha subito un rigoroso scrutinio da parte del tribunale, che ha deciso di respingere la richiesta di risarcimento danni. Questo è un inequivocabile riconoscimento della verità e dell’integrità delle mie azioni».

In conclusione, De Luca ha espresso ottimismo per il futuro: «Anche in questo frangente, la giustizia ha riconosciuto la mia ragione. Sono confidente che in appello potremo chiudere definitivamente questa vicenda. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli».

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