Corruzione negli appalti per il torrente Bisconte, ai domiciliari Maurizio Croce

La Guardia di Finanza di Messina ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di tre persone (due poste ai domiciliari, la terza ha la misura interdittiva della capacità di contrarre con la Pubblica Amministrazione), indagate, a vario titolo, per una serie di fatti corruttivi nell’ambito dell’aggiudicazione e dell’esecuzione di appalti, promossi dal commissario di governo contro il dissesto idrogeologico per la Regione Sicilia.

Ai domiciliari è stato posto anche l’attuale consigliere comunale di Messina Maurizio Croce, che era candidato a sindaco nelle ultime elezioni amministrative con il Centrodestra ed ex commissario per il dissesto idrogeologico. L’indagine scaturisce dal controllo disposto dal Prefetto di Messina, nel cantiere dei lavori di “riqualificazione ambientale e risanamento igienico dell’alveo del torrente Cataratti – Bisconte e opere varie nel Comune di Messina”.

Le indagini hanno consentito di svelare l’esistenza di un rapporto privilegiato, consolidatosi nel tempo, tra il vertice della struttura commissariale, Croce, e il rappresentante legale dell’impresa esecutrice dei lavori. Quest’ultimo, infatti, al fine di ottenere una più favorevole e celere gestione delle fasi esecutive dell’appalto, ovvero di garantirsi future commesse pubbliche, in accordo con il vertice della struttura commissariale, prometteva ed erogava utilità varie ai funzionari incaricati di sovrintendere all’opera e, segnatamente, sia al direttore dei lavori che al funzionario incaricato di validare i lavori svolti. Concretamente, le utilità consistevano nell’effettuazione di lavori edili presso abitazioni private risultate nella disponibilità dei medesimi funzionari pubblici, per importi complessivi quantificati in circa 80 mila euro; nel caso del funzionario impiegato direttamente presso la Struttura Commissariale, nel pagamento di tasse universitarie, per un corso di laurea che lo stesso funzionario intendeva frequentare, per un valore di oltre 7 mila euro.

Si appurava che lo stesso vertice della Struttura Commissariale, avendo preso parte a una competizione elettorale, aveva ricevuto dall’imprenditore, per il tramite di un fidato  intermediario, benefici economici sotto forma di finanziamenti, illeciti, della campagna elettorale, per oltre 60 mila euro. In questo senso, per congiurare il rischio della ricostruzione della provenienza dei finanziamenti, l’imprenditore, attraverso un meccanismo di fatturazione per operazioni inesistenti, solo formalmente, intestate alla contabilità dell’appalto pubblico, aveva costituito la provvista finanziaria in capo ai responsabili di ulteriori imprese, con cui aveva ordinari rapporti economici, affidando loro il compito di effettuare i pagamenti a sostegno della campagna elettorale. Da qui la contestazione provvisoria, mossa agli indagati, anche del delitto di illecito finanziamento ai partiti, di cui alla legge 195 del 1974, essendo emerso che i contributi venivano corrisposti, senza che degli stessi vi fosse traccia nelle deliberazioni sociali e nei bilanci delle ditte private coinvolte.

La storia dell’appalto del torrente

Queste condotte, inoltre, chiarivano la volontà dell’imprenditore di tentare di reperire le risorse utili alla conclusione degli accordi corruttivi, facendole pesare direttamente e indebitamente sui costi dell’appalto pubblico, di cui era affidatario.

Il rappresentante di fatto della società affidataria dell’appalto – secondo l’accusa – aveva acquistato un orologio Rolex Daytona del valore di oltre 20 mila Euro in favore della persona che “intermediava” le dazioni illecite a favore della campagna elettorale ed effettuava, sempre a beneficio di quest’ultimo, lavori di ristrutturazione presso un noto negozio di abbigliamento sito in Messina, per un valore di oltre 30 mila euro; e ciò al fine di remunerarne l’illecita attività.

Da ultimo, sempre su richiesta del vertice della struttura commissariale, e, in questo specifico caso, con l’intermediazione di un diverso soggetto privato legato da rapporti di fiducia al Commissario, la società appaltatrice effettuava importanti lavori di messa in sicurezza presso una rinomata struttura ricettiva privata, per un importo di quasi 100 mila euro.

In conseguenza dei molteplici illeciti attribuiti al rappresentante legale della società affidataria dell’appalto pubblico, sono stati contestati alla stessa compagine privata gli illeciti di cui al decreto legislativo 231 del 2001 (Responsabilità amministrativa dell’impresa derivante dalla commissione di reati dei propri amministratori o dipendenti).

Nel corso delle indagini, inoltre, una mirata attività di perquisizione delegata dalla Procura della Repubblica  ha impedito la consumazione  di due  distinte  fattispecie  di truffa:
–    la prima,  la “truffa dei pali”, consistita nel collocare presso il cantiere, sfruttando la difficoltà di rilevare la difformità tra il dato formale/progettuale e quello reale, un numero di pali inferiore rispetto a quello previsto dal progetto (ben 291 pali in meno), per ottenere un maggiore e indebito esborso di somme, a suo favore, per un valore di oltre 1.200.000 mila euro;
–    la seconda, consistita nel simulato conferimento a discarica di rifiuti provenienti dal cantiere Catarratti – Bisconte (terre e rocce da scavo), riguardante, di contro, materiale proveniente da un diverso cantiere gestito dalla società esecutrice dell’appalto pubblico e posto all’interno di un immobile di proprietà di un privato, in modo da consentire all’impresa di richiedere il  rimborso a carico della stazione appaltante e ottenere, contestualmente, il pagamento dello smaltimento realmente avvenuto anche dal citato committente privato.

Sono in corso di esecuzione, contestualmente, sequestri pari al profitto dei vari reati ascritti agli indagati, per l’importo complessivo pari a oltre 230 mila euro (comprensivi del valore dell’orologio oggetto di indebita regalia).

 

 

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