
Alla luce dei tanti commenti sul suicidio di Stefano Argentino, pubblichiamo l’intervento di Angelo Fabio Costantino, già garante dei minori del Comune di Messina, che offre un toccante e lucido punto di vista sulla morte del giovane assassino, avvenuta nel carcere di Gazzi. Costantino invita a riflettere senza dimenticare l’umanità di un ragazzo che si è tolto la vita, e denuncia le profonde criticità del sistema penitenziario e sociale italiano, evidenziando come questa tragedia sia lo specchio di un Paese che fatica a tutelare sia le vittime che i detenuti. Di seguito, il suo appello coraggioso e commovente.
“Si è tolto la vita Stefano con le lenzuola portate in carcere da sua madre.
Si è ucciso in cella appendendosi al soffitto.
Voglio chiamarlo Stefano e non l’assassino di Sara Campanella, perché anche di fronte al suicidio di un ragazzo che si è macchiato di un delitto efferato non bisognerebbe perdere l’umanità.
È morto suicida dentro un Istituto di pena, dentro uno di quelli dove ogni anno si tolgono la vita circa 100 detenuti.
Si è impiccato in carcere a Messina, a Gazzi, dove da anni i Sindacati denunciano la carenza di personale di sorveglianza ed educativo, dove le aggressioni agli agenti sono frequentissime, dove si è tentato di far entrare la droga con i droni, dove sono stati sequestrati telefoni e dove la stessa Direttrice nei mesi scorsi è stata aggredita dai detenuti.
La morte di questo ragazzo non cancella le sue responsabilità e non fa giustizia a Sara e alla sua famiglia ma consegna l’immagine di uno Stato che non sa proteggere le donne vittime di violenza e non sa garantire una giusta detenzione ai colpevoli.
Fin quando la salute mentale non diventerà una priorità di questo paese registreremo altre tragedie, altre morti, altre donne uccise da violenti e da malati.
Il suicidio di Stefano ci consegna una amara verità.
Sara poteva essere salvata, Sara avrebbe potuto laurearsi e realizzare i suoi sogni.
Se solo il sistema avesse funzionato Sara non sarebbe morta.
Molti dei politici che chiedono giustizia e si indignano sono gli stessi che tagliano la spesa pubblica per la sanità e per la salute mentale, che tagliano i fondi per la prevenzione e che non sostengono i centri antiviolenza.
Basterebbe convenzionare i Centri antiviolenza accreditati secondo parametri precisi, garantire loro sedi gratuite e fondi da rendicontare regolarmente.
Non basta rinchiudere in carcere gli assassini per sentirsi la coscienza pulita.
Bisogna garantirgli una giusta detenzione da paese civile quale è l’ Italia, in cui alla sicura detenzione, alla certezza della pena si associ l’assistenza sanitaria e dove possibile anche la rieducazione.
Dietro un delitto c’è spesso la disattenzione di uno Stato che non sa proteggere e non sa punire, che costruisce tragedie dentro la tragedia.
Mi auguro che almeno uno dei nostri Deputati o Senatori decida di chiedere una ispezione urgente nel carcere di Gazzi per certificare le condizioni in cui versa la struttura, le condizioni lavorative del personale e le condizioni in cui vivono i detenuti perché uno Stato degno di questo nome non invoca la vendetta, non lascia solo il personale non fa propaganda sul dolore.
Ho il cuore spezzato per Sara e per la sua famiglia a cui è stato negato persino il processo.
Non gioisco per la morte di Stefano ma provo una profonda pena”.