
Anche la Sicilia si prepara a recepire la normativa nazionale sulla rappresentanza di genere nelle giunte comunali. Dopo un acceso dibattito e la pressione dei giorni scorsi, la Commissione Affari Istituzionali ha dato il via libera all’incremento della quota di rappresentanza femminile dal 20% al 40%. Il presidente della commissione, Ignazio Abbate, ha annunciato che è emersa la disponibilità unanime a recepire la norma, che sarà discussa in Aula.
Questa decisione arriva dopo una pioggia di critiche e proteste, soprattutto riguardo alla proposta iniziale di fissare la quota al 20%. Il Partito Democratico ha immediatamente definito tale proposta una “violazione dei diritti costituzionali”, accompagnato da appelli di sindacati e da un gruppo trasversale di donne elette all’Assemblea Regionale Siciliana e nei consigli comunali.
Secondo i dati emersi, attualmente le donne alla guida dei Comuni siciliani rappresentano solo il 4,86%. Appena sei sindache governano nei principali 50 comuni dell’isola, mentre in alcune province, come Enna, Caltanissetta e Siracusa, non ci sono sindache.
Palmira Mancuso, coordinatrice regionale di Più Europa, ha duramente criticato la proposta iniziale, dichiarando: “In Sicilia fare politica per una donna è difficilissimo. Non solo manca la doppia preferenza di genere nelle elezioni all’Ars, ma si tenta anche di ridurre la rappresentanza delle donne nelle giunte comunali. Questo disegno di legge è un attacco diretto all’uguaglianza di genere e alla nostra dignità”. Mancuso ha confermato la sua partecipazione alla manifestazione del 15 ottobre in Piazza del Parlamento a Palermo e ha invitato l’intera società civile siciliana, uomini e donne, a unirsi per fermare quella che definisce una “vergogna e difendere i nostri diritti”.