IN VETTA SPIRA FORTE IL VENTO DEL SUD. CIAO MILAN

 

Federico Balzaretti, Diego Milito e Fernando Llorente: sono loro i tre uomini copertina della quarta giornata del campionato di serie A. Manca all’appello Gonzalo Higuain? Era già in vetrina nel punto di sette giorni fa e si vuol provare a non inflazionare da subito la sua immagine, dal momento che, di questo passo, se ne dovrà fare uso e abuso durante tutto l’arco della stagione. In attesa della Cassazione primaverile, il primo weekend autunnale ha già emesso alcune sentenze di primo grado. 1) Come previsto, Roma e Inter difficilmente saranno catalogabili alla voce fuochi di paglia; 2) il Napoli di Benitez sembra essere realmente più solido di quello di Mazzarri; 3) per il secondo anno di fila, i tifosi del Milan devono contemporaneamente riporre nel cassetto creme solari e velleità di scudetto. Perché diciamolo chiaramente: chiunque parteggi per una delle tradizionali grandi, per una questione di dna non può che coltivare la massima ambizione. Magari non lo ammette pubblicamente, ma in fondo in fondo ci spera, anche quando deve fare i conti con scelte di mercato più che discutibili. E gli 8 punti di ritardo accumulati dalle battistrada, in sole quattro partite, sembrano già suonare come un De Profundis tricolore per i rossoneri. Piazzamento Champions? Stavolta sarà meno facile, perché lassù corrono in cinque e non più in due-tre, come era accaduto nelle ultime edizioni.

Fatte le debite premesse, passiamo in rassegna esiti e spunti ricavati dalle dieci contese, iniziando proprio da uno dei big-match di giornata, quello di San Siro che ha visto i partenopei violare la “Scala del calcio” grazie alle reti sudamericane di Britos e del già citato El Pipita. Dopo il trionfo sui vice campioni d’Europa del Borussia Dortmund, gli azzurri hanno dunque brillantemente superato il secondo esame importante nel giro di quattro giorni, giocando con il classico piglio della prima della classe nonostante l’intera batteria dei trequartisti, ieri composta da Insigne, Hamsik e Callejon, fosse decisamente sotto tono rispetto alle ultime uscite. Per ciò che concerne il Milan, precisato che ai punti avrebbe ampiamente meritato il pareggio, l’appunto che può muoversi alla banda di Allegri è traducibile nel twitterino #sempreesoloBalotelli. Super Mario si è infatti caricato la squadra sulle spalle, ha segnato, scheggiato una traversa, tirato altre 7-8 volte in porta, si è fatto espellere dopo il fischio finale e – udite udite – ha anche sbagliato il primo penalty della sua carriera, facendosi ipnotizzare dal pararigori Pepe Reina. Insomma, croce e delizia in piena regola.

L’altro piatto forte era costituito dalla stracittadina della Capitale, che ha visto la Roma co-capolista imporsi sulla Lazio con il risultato all’inglese maturato nella ripresa per effetto della volée mancina di Balzaretti e del rigore realizzato, a tempo scaduto, da Adem Ljajic. Per Rudi Garcia valgono le medesime considerazioni esplicitate in passato per Benitez: i giallorossi si trovano quasi a memoria, come se interpretassero un canovaccio conosciuto a menadito da anni anziché da un paio di mesi. Il tecnico transalpino, accolto tra lo scetticismo iniziale, sembra aver già conquistato la sponda giallorossa del Tevere. La squadra lo segue e l’organico è ben assortito: il giusto mix tra fenomeni in cerca di riscatto, elementi di categoria e campioncini sfrontati quanto famelici. Le premesse per andare lontano ci sono tutte. Il discorso si attaglia perfettamente anche a Walter Mazzarri, che ha rivoltato come un calzino la disastrosa Inter ereditata dal simpatico Stramaccioni, trasformando un’accozzaglia di casacche nerazzurre in un’orchestra di primo livello, che adesso potrà contare anche sul ritrovato bomber Diego Milito. Basti pensare che nove degli undici titolari scesi in campo ieri, nel 7-0 (sic !) rifilato al malcapitato Sassuolo, erano in organico anche la scorsa stagione. Thohir a maggio pensa di cambiare allenatore? Beh, prima di firmare potrebbe anche assistere a qualche partita del nuovo corso.

Venendo adesso alla Juventus campione d’Italia, i tre punti conquistati dai bianconeri allo Stadium contro il Verona recano in calce le firme più attese, apposte dopo l’effimero vantaggio scaligero griffato Cacciatore. Se Carlitos Tevez era già una certezza, Fernando Llorente, fino alle 15.45 del pomeriggio domenicale, integrava al contrario un gigantesco punto interrogativo, rapidamente tramutatosi in esclamativo con buona pace di chi lo aveva bocciato prima ancora di vederlo all’opera. Inserirsi in un meccanismo collaudato, come quello varato nel biennio scorso da Antonio Conte, non è il più facile degli esercizi. Intanto, il Re Leone ha stordito tutti con una inzuccata delle sue, guadagnando credito e tempo. Sorrisi anche in riva all’Arno: l’incerottata Fiorentina è rientrata vittoriosa dalla trasferta di Bergamo. Una vittoria che allontana le polemiche e conferma la bontà del progetto dell’ingegnere viola Vincenzo Montella.

Per quanto riguarda le altre partite, vanno segnalati il blitz del Torino al “Dall’Ara” di Bologna e il primo successo del Chievo, che, nell’anticipo disputato tra le mura amiche del “Bentegodi”, ha avuto la meglio sull’Udinese nel terzo 2-1 di giornata sigillato interamente nella prima frazione di gioco, al pari di quelli conseguiti dalle due compagini della Mole. Su tre campi si è, infine, registrata la spartizione della posta in palio. Ma se il 2-2 che ha visto impattare Cagliari e Sampdoria sul neutro di Trieste è da consegnare agli annali per lo scoppiettante finale (fino all’89’ i sardi vincevano per 1-0), non altrettanto si può dire per i due scialbi pareggi a reti bianche che hanno tediato coloro che hanno assistito dagli spalti a Genoa-Cagliari e Catania-Parma. I telespettatori? Novelli campioni di zapping, almeno il telecomando ha regalato loro qualche sussulto.(JODY COLLETTI)

 

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