“MARI” PER SEMPRE

Già rappresentato varie volte a Messina e dintorni, ritorna alla sala Laudamo il fortunato “Mari” scritto da Tino Caspanello, in scena insieme a Cinzia Muscolino per “La prima volta”.

È già un piacere vederli nuovamente calcare questo palco del Teatro di Messina, dopo la messa in scena mutilata di “1952: A Danilo Dolci”, rimandato più volte in conclusione della stagione scorsa e poi mai andato in porto.

Come richiede la rassegna stessa, Caspanello quindi sceglie di riproporre “Mari” dalla sua produzione drammaturgica, un testo che gli valse nel 2003 il Premio Riccione, già tradotto in francese e in polacco e pubblicato per Editoria e Spettacolo nel 2012, insieme a N’ta llaria, Malastrada, Rosa, Interno, Sira, Fragile. 

“Mari” del titolo pare il nome di una donna semplice e di cuore, ma è più facilmente il plurale di mare, che in francese suona come madre, ventre di femmina che accoglie e rigetta.

Sono perciò le onde dello Stretto – non altre, e solo così poteva essere, dato che “Mari” è in dialetto, quello specifico di Pagliara – a cullare la platea verso lo spettacolo: sulla scena chiara, illuminata dalla luna mentre lui pesca e guarda da solo il mare, dalla battigia in avanti, arriva lei a marcare lo sviluppo del testo, ad andar via in apparenza, per poi tornare ripetutamente, seguendo il ritmo delle mani dell’uomo sulla lenza, in un dialogo che sembra a tratti un monologo doppio a ritmo di onde.

La donna, una composta e intima Cinzia Muscolino, forse un tempo era più forte, ora è di certo provata dall’attesa di un uomo che si fissa sulla sabbia e parla solo la lingua del mare, ogni tanto sente freddo, ma fa fatica a dirlo.

L’uomo, le insegna infine come si fa l’amore con l’acqua, con le mani, lui che non ha bisogno di orologio, mentre invece lo scorrere del tempo è ben presente alla compagna, che conta il sonno mancato nell’attesa notturna di fronte al posto vuoto nel letto, e saprebbe riconoscere la chiave di casa fra mille soltanto guardandola.

Poi i due si comprendono nel profondo, si stringono silenziosamente, e il mare di notte ne è testimone: forse bastava soltanto uno scialle addosso per fare pace cu scantucu scuru, con la paura del buio. Non una parola di più.

La produzione è del Teatro del Pubblico Incanto, l’elaborazione del suono di Giovanni Renzo, Cinzia Muscolino cura i costumi, Tino Caspanello scrive il testo, si occupa delle scene e della regia, entrambi anche sulla scena. “Mari” sarà in Francia fino al 2015, messo in scena in francese dalla Compagnia La Strada de Troyes. (NUNZIA LO PRESTI)

Nella galleria fotografica di Serena Capparelli, anche l’incontro con la compagnia, “Prima della prima”.

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