MASTERS OF SEX ARRIVA IN ITALIA

Dal 9 Giugno e per altri 11 lunedì va in onda su Sky Atlantic ( il nuovo canale dedicato alle serie televisive) la prima stagione di Masters of Sex, trasmessa negli Stati Uniti lo scorso autunno e ora finalmente disponibile anche nel nostro paese. 

Un bel colpaccio per Sky, dopo le tante “serie evento” rivelatesi, poi, dei fiaschi colossali (Terra Nova, Touch, Last Resort). Già, perché Masters of Sex sarà pure una serie evento, ma di quelle solide abbastanza da resistere all’impatto con le alte aspettative di pubblico e critica, capace, dunque, di vincere anche sulla lunga distanza. Le due nomination ai Golden Globe 2014 (miglior serie, miglior attore protagonista),  i ratings più che discreti e il rinnovo per una seconda stagione (in partenza a luglio) lo confermano ampiamente.

Ma di cosa parla esattamente questa serie?

Anni ’50: il Masters del titolo (che quindi non sta soltanto per “maestro” o “esperto” ma rappresenta la chiave di un felice gioco di parole) è un ginecologo e sessuologo ante litteram realmente esistito, che insieme alla sua assistente Virginia Johnson condusse nell’arco di circa 11 anni quelli che vengono considerati  i primi studi scientifici sulla sessualità mai realizzati. Insieme pubblicarono, nel 1966, il libro La risposta sessuale umana, che sfatava molti dei miti allora (e forse ancora oggi) diffusi sul sesso: un vero e proprio best seller – nonostante il linguaggio specialistico – che si ritiene abbia notevolmente contribuito allo scoppio della cosiddetta “rivoluzione sessuale”.

Un concept intrigante, insomma, ma  allo stesso tempo difficilissimo da gestire. Questo perché a rappresentare il sesso in tv si rischia quasi sempre di scadere nella provocazione gratuita, o magari,  in questo caso, di realizzare una messa in scena fin troppo distaccata e freddamente scientifica  proprio per evitare accuse del genere.

Michelle Ashford, creatrice della serie, non aveva  certo un compito facile. Eppure, contro ogni pronostico,  Masters of Sex riesce a fornire una rappresentazione del sesso per nulla pruriginosa né tanto meno “accademica”, senza sovraesposizioni. Da questo punto di vista l’episodio pilota non risulta ancora del tutto credibile (anche a causa di un personaggio che rimarrà per tutta la stagione forse un po’ troppo macchiettistico- la segretaria Jane) ma con il tempo la serie saprà trovare  la propria dimensione.

Una delle critiche più centrate rivolte a Masters of Sex riguarda il personaggio di Virginia, interpretato dall’ottima Lizzy Caplan. Nella serie viene descritta come una donna fin troppo carismatica e disinibita, non soltanto per i suoi tempi ma probabilmente anche in senso generale. Coraggiosa, brillante, moderna: l’incarnazione della figura femminile perfetta,  ma proprio per questo inverosimile. Tuttavia, ancora una volta,  la serie dimostra di sapere vincere sulla lunga distanza riuscendo pian piano a smussare gli angoli e tratteggiare una caratterizzazione più realistica, seppure ancora largamente migliorabile.

Nella vita reale Masters e Johnson finiranno per sposarsi (nel 1971) e poi divorziare (nel 1992), ma al momento in cui li incontriamo nella serie lui (Michael Sheen) è sposato con la dolce Libby (Caitlin Fitzgerald), mentre Virginia è una madre single due volte divorziata. Non sappiamo quando e come avverrà “la svolta”, ma sappiamo che prima o poi ci sarà, tanto più che fin dal primo istante la scintilla tra i due appare evidente. La relazione che lega i due protagonisti è quindi centrale nell’economia della storia. E’ interessante, però, come non vi sia alcuna deriva stucchevole: i personaggi appaiono per quello che sono, e così anche il loro colpevole rapporto a metà tra il professionale e il personale. William Masters, in particolare, si comporta in maniera egoistica, spesso infantile e arrogante. E’ lui, senza dubbio, il personaggio più riuscito. Con la sua sgradevolezza bilancia l’eccessiva idealizzazione di Virginia, dando vita a dinamiche per nulla scontate.

Altro pregio della serie è sicuramente l’accuratissima ricostruzione storica. L’attenzione al particolare è quasi maniacale, dai costumi agli oggetti di scena: caratteristica che accomuna questa produzione ad altri capolavori come Mad Men (ambientata negli anni ’60) e The Americans (anni ’80). Riferimenti difficili da eguagliare sotto tutti i punti di vista, ma in fin dei conti non troppo lontani da Masters of Sex.

La visione, in italiano quanto in lingua originale, è quindi altamente consigliata. Se non altro anche solo per carpire qualche informazione in più sul sesso, dato che, a quanto pare, agli italiani non guasterebbe.

(Francesca Anelli)

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