IL DISASTRO ITALIA NASCONDE UNA POSSIBILITÀ: IL RINNOVAMENTO GENERAZIONALE

A pochi giorni dalla disfatta dell’Italia calcistica al Mondiale brasiliano, la tempesta mediatica su Prandelli e gli azzurri imperversa ancora. Una burrasca di quelle da cielo plumbeo, bavero alzato e notte inoltrata. All’ormai ex ct sono state rinfacciate mille scelte, non ultima quella di portare degli sfascia-spogliatoio come Balotelli e Cassano a questo Mondiale, preferendo un presunto apporto tecnico (che non c’è stato visto l’altalenante rendimento dei due bad boys azzurri) alla coesione del gruppo. Non faremo finta, come altri, di sapere cosa è successo nello spogliatoio azzurro, non diremo che i senatori hanno fatto delle scelte. Quello di cui parleremo è semplicemente il futuro, che a dispetto della delusione rimediata nel paese “do futbol”_ potrebbe essere roseo. E adesso vi spieghiamo il perché.

Innanzitutto, dopo 4 anni di gestione Prandelli, l’Italia è arrivata probabilmente all’estremo del concetto tecnico proposto dall’allenatore di Orzinuovi: tanta tecnica e possesso palla in mezzo al campo alla ricerca del varco giusto. Se all’Europeo 2012 questo concetto ci aveva portato dritto in finale, accompagnandosi nel suo sviluppo ad una discreta spettacolarità e al buon gioco, l’involuzione dello stesso concetto ci ha regalato un’Italia lenta e parsimoniosa in Brasile. Gli uomini di Prandelli correvano poco e male sulle fasce (tranne il buon Darmian, piccola nota positiva nella sventurata kermesse brasiliana), e il gioco s’imbottigliava al centro, tra i piedi di un centrocampo sulla carta fantastico ma nei fatti troppo affollato. L’Italia ha imparato da Prandelli a fare possesso e a pressare l’avversario. Quello che ha perso, nel compenso, è la capacità di soffrire, di difendere ad oltranza, di sparare i contropiede alla velocità della luce, di verticalizzare ad ogni piè sospinto: insomma, nell’amore stentoreo mostrato al modello spagnolo (altro flop di questo Mondiale) l’Italia ha perso la sua “italianità”. Non ci fraintendete, non siamo per il ritorno del famoso “catenaccio”: stiamo semplicemente dubitando della validità assoluta del possesso palla, e dell’involuzione difensiva che questo bel palleggio ha nascosto agli occhi del mondo. Perché l’Italia che prende goal su calcio d’angolo contro l’Uruguay a 10 minuti dalla fine, fa male. Soprattutto se il signore che ha segnato, tale Diego Godin guerriero dell’Atletico Madrid, è uno degli elementi più pericolosi della Celeste quando si tratta di colpire di testa. Dove è finita la marcatura a uomo?

Cosa ha apportato il progetto Prandelli, è ben evidente: cosa potrà fare un altro allenatore in più di Cesare? Questo è tutto da scoprire. Riflettiamo sui papabili nomi e proviamo a pronosticare chi sarà il successore, come già si è iniziato a fare sulla stampa specializzata (ma anche sui siti di scommesse, se è vero che è possibile puntare sul prossimo ct azzurro). Le piste più calde sono quelle di Roberto Mancini (quotato a 5,10) e Massimiliano Allegri (4,80). Tecnico di successo con le squadre di club, il Mancio potrebbe essere un’opzione interessante, avendo esperienza internazionale e avendo vinto in ben tre campionati diversi (Italia, Inghilterra e Turchia). Il dubbio che sorge è sulla personalità del tecnico marchigiano: abituato a grandi squadre e a lavorare con campioni, non sappiamo se Mancini sia anche capace di esser padre, guida morale, trascinatore. In Nazionale serve tutto e soprattutto si lavora poco con i giocatori: saperli motivare e trasformarli in un gruppo, indicare l’obiettivo e dare l’esempio diventa fondamentale. Per quanto non dubitiamo delle capacità tecniche e della professionalità dello iesino, non sappiamo di contro se sia capace di ricoprire il ruolo di condottiero e educatore.

Per lo stesso motivo, con dubbi ancora più grandi, non ci piace l’opzione Allegri, allenatore dal carattere spigoloso. Anche lui ha vinto (molto meno di Mancini), ma ha mostrato poca duttilità tattica (celebre la sua scelta di epurare Pirlo al Milan, grande fortuna per la Juventus che col grande Andrea ha vinto tre Scudetti di seguito) e scarsa capacità nel gestire i momenti difficili. Allegri ci sembra una scelta azzardata per una squadra che ha bisogno di ritrovare coesione e di esaltare il capitale umano e tecnico che possiede. Serve un allenatore capace di portare in Nazionale giovani, d’inventare moduli in situazioni diverse, d’esulare dalle logiche dei club e creare calcio in modo saltuario, a distanza di mesi. Serve qualcuno capace di cambiare con naturalezza, d’istillare fiducia nei giovani e di moderare il carattere forte dei veterani.

Abbiamo due nomi restanti: Spalletti e Guidolin. L’ex Roma ha fatto bene, benissimo in Russia, vincendo due campionati, una coppa nazionale e una Supercoppa. Il tecnico toscano gioca un bel calcio, offensivo, ha dimostrato a Roma di saper valorizzare i giovani, ha esperienza all’estero, sa trattare con caratteri difficili (ha gestito gente come Totti e Cassano). Guidolin ha, nel suo palmares, la sola Coppa Italia vinta nel ’97 col Vicenza: ma tanti, tanti anni di Serie A, a tirare la carretta, a guidare squadre di provincia e a portarle in alto. Negli ultimi anni, all’Udinese, il tecnico veneto ha fatto davvero miracoli: con una squadra che cambiava nella sua quasi totalità ogni anno, Guidolin ha centrato per ben due volte la qualificazione ai preliminari di Champions, ricostruendo anno dopo anno una squadra competitiva quasi da zero. L’allenatore da Castelfranco Veneto ha, nei suoi punti di forza, quello di saper valorizzare i giovani e d’adattare gli schemi secondo la rosa a disposizione.

Spalletti e Guidolin ci sembrano le due opzioni migliori, per background professionale e, soprattutto, predisposizione caratteriale: due uomini capaci di raccogliere l’eredità di Prandelli, con un lato umano sviluppato ed un’esperienza non indifferente. Soprattutto Guidolin, con la grande gavetta che ha fatto, con le situazioni difficili gestite negli anni e con i tanti giocatori allenati, sembra il più adatto a svolgere il ruolo di maestro e guida che tanto serve ad una Nazionale che sul finire di questa Coppa del Mondo ha perso in coesione e coerenza. Non si tratta di proporre codici etici o stili di gioco: Guidolin s’adatta alla situazione e da sempre rappresenta un modello dal punto di vista comportamentale. Se dovessimo scegliere, prenderemo lui. Scalando le nostre preferenze, seguono a ruota Spalletti e Mancini.

Se i nomi degli allenatori sono fatti, si comincia già a pensare a come sarà l’Italia che verrà: tanti giovani calciatori scalpitano per un posto nell’Azzurra in vista dell’Europeo 2016 in Francia. Ma, innanzitutto, parliamo dell’usato assicurato: Pirlo che sembrava aver deciso di lasciare gli azzurri, ci ha ripensato, proponendosi di nuovo per le prossime convocazioni. Lasciare la maglia azzurra in malo modo non va giù ad uno che con la stessa maglia ha vinto, sognato, sudato e combattuto mille battaglie. La nostra guida resterà così ancora un po’ al timone dell’Italia: non possiamo che esserne contenti. Insieme a Buffon, il cui posto resta saldo sino all’Europeo del 2016: il portierone della Juve vuole vincere prima di appendere scarpini e guanti al chiodo. Resta anche De Rossi, ancora giovane con i suoi 30 anni: un interditore dai piedi buoni come il “Capitan Futuro” romanista è difficile da trovare.

Veniamo agli altri: pochi hanno il posto assicurato dopo questo Mondiale in Brasile. Pensiamo che Verratti e Darmian, il nuovo che avanza, siano sicuri della maglia azzurra. Il torinista è stato l’unico all’altezza sulle fasce italiane, in un panorama calcistico che offre solo desolazione nel ruolo per il momento. Verratti, beh… Verratti è un campioncino in erba, dal carattere immenso, capace di giocate a tutto campo e dal futuro sicuro. Con Pirlo a fargli da chioccia, a breve, il talento del PSG diventerà il cuore e il cervello della nazionale azzurra. Seguono un Marchisio a corrente alternata, ma che ha messo sempre il cuore in campo: la squadra non girava e il torinese ne ha risentito. Il baronetto juventino sarà di nuovo protagonista ad Euro 2016. Per il resto, abbiamo poche sicurezze: forse Immobile, forse no (vediamo come il napoletano giocherà a Dortmund, vera palestra per grandi campioni). Ma almeno, sulla carta, siamo rassicurati da una nuova generazione che offre prospetti interessanti. Se prendiamo infatti la nostra Under, ci sono giocatori che fanno ben sperare per avere ricambi freschi in vista dell’Euro. In porta, aspettiamo uno Scuffet ad alti livelli, dopo l’esplosione di quest’anno nell’Udinese. In difesa tra Rugano, arcigno difensore dell’Empoli salito in Serie A, e Romagnoli che ha ben figurato con la Roma, sentiamo di aver dei centrali pronti a dar un po’ di respiro al duo Chiellini-Barzagli. Sulle fasce abbiamo Biraghi e Zappacosta che aspettano la grande occasione in Serie A. La nota migliore viene dall’attacco: quel Berardi che al primo anno di Serie A ha realizzato 16 goal con la maglia del Sassuolo sembra in rampa di lancia per un futuro da gran giocatore. Un attacco con lui e il ritrovato Giuseppe Rossi potrebbe costituire una coppia goal da leccarsi i baffi per l’Italia che verrà. Ultima attesa: l’esplosione di Saponara, giovane fantasista in forza al Milan, che quest’anno ha trovato poco spazio nel fallimento rossonero.

Di nuovi giocatori ce ne sono, quelli della rosa attuale non sono da riformare ma da rimotivare, gli infortunati torneranno: insomma, non tutto è perduto. L’importante è cambiare, riunirsi e lottare: una cosa che la nazionale prandelliana ha fatto per due anni e che poi ha dimenticato. Venga quindi un nuovo ciclo; vengano volti nuovi. E non preoccupiamoci dei momenti bui: le grandi delusioni sono i semi per le rivincite future…  (red)

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