AUTORITA’ PORTUALE, RIFORMA A RISCHIO. DE SIMONE: “MI AUGURO CHE SALTI, SERVIREBBE BEN ALTRO”

Lo scorso 29 agosto, dopo aver fatto sparire all’improvviso la riforma delle Autorità portuali dal decreto Sblocca Italia, si dice per mano di Matteo Renzi in persona, il Governo si è dato 90 giorni di tempo per vararne una nuova. E’ stato il deputato messinese del Ncd, Vincenzo Garofalo, ad anticipare i nuovi orizzonti fissati dall’esecutivo, annunciando l’accantonamento degli accorpamenti e la volontà di procedere a una “ristrutturazione del sistema portuale e logistico”. Eppure, da più parti, si avanza l’ipotesi che la riforma della legge 84/94 sia definitivamente saltata. Anche perché, molto stranamente, dopo la cancellazione del provvedimento dallo Sblocca Italia, tutte le maggiori testate giornalistiche del Paese, a differenza del passato, hanno fatto calare un silenzi tombale sulla vicenda.

A volere la riforma era stata la numero due del Pd nazionale, Debora Serracchiani, governatrice del Friuli Venezia Giulia e braccio armato della lobby dei porti del nord Europa e del nord Italia che volevano far fuori la concorrenza. Ma pare che proprio i mandanti siano rimasti scontenti. Per non parlare degli accorpamenti proposti, che hanno seminato più proteste che altro.

I venti di guerra spirano soprattutto in Liguria. Il governatore, Claudio Burlando, a sua volta esponente di una potente lobby, si è messo di traverso, al pari di Luigi Merlo, presidente dell’Authority di Genova, che ha annunciato, come riporta Antonio Fulvi su La Gazzetta Marittima, un testo alternativo “come suggerimento” entro settembre. Merlo, lo scorso 31 luglio, si è dimesso da Assoporti, insieme al presidente ravennate Galliano Di Marco, ritenendo la riforma “un’occasione persa”. Ad appoggiarlo, l’ala dissidente ma interna ad Assoporti, capeggiata dal presidente dell’Autorità portuale di Bari, Palmiro Mariani.

Altro presidente che in Assoporti ha fatto sentire la propria voce è Nino De Simone (in foto), dell’Autorità Portuale di Messina: «Sono un uomo delle istituzioni – afferma, parlando al telefono – prima di tutto, per me, viene la volontà popolare. Volontà che è stata espressa attraverso i parlamentari eletti dai messinesi, attraverso il sindaco (Garofalo, Gianpiero D’Alia e Renato Accorinti si sono detti favorevoli all’accorpamento con Gioia Tauro, ndr). Io avrei scelto diversamente. Avrei fatto emergere Messina. Non sono di qua, anche se amo questa città quanto i suoi abitanti, e non capisco la paura nei confronti di Catania».

Quando gli si fa presente l’ipotesi che tutto salti, De Simone non appare per nulla turbato: «Mi auguro che la riforma salti – ammette – sono uno dei pochi, in Assoporti, ad averla bocciata. Non è una vera riforma ma un’operazione di spending review. Accorpare le Authority non serve ai porti, né risolverà i problemi il taglio dei compensi di quei 6 o 7 presidenti in meno. Per i porti serve ben altro. Occorre rivedere le regole sugli appalti, sulle tariffe, sui dragaggi».

In attesa di sapere come andrà a finire, il prossimo 19 settembre Assoporti si riunirà proprio per affrontare la questione. (@FabioBonasera)

Partecipa alla discussione. Commenta l'articolo su Messinaora.it