L’Isola pedonale? Pessima idea perché non è la mia: ecco come sei persone decidono per tutti

Ripensando all’ordinanza del Tar di Catania che archivia, per il momento solo temporaneamente, poi chissà, l’isola pedonale Cairoli, potrebbe non essere azzardato ripercorrere in pochi attimi gli ultimi 20 anni della storia politica italiana. Poiché, nella decisione del Tribunale amministrativo, appaiono condensati i vizi e i mali di questo Paese. Gli stessi che hanno condotto alla paralisi che sta peggiorando la qualità della vita di molti.

C’è per esempio tanto del partito che oggi governa ma che per circa dieci anni ha fatto opposizione. E che opposizione… sempre, costantemente e sistematicamente distruttiva. Tesa esclusivamente a demolire l’avversario – Silvio Berlusconi e il “suo” centrodestra – e le sue proposte.

Pura immaginazione? Sarà… ma allora perché il Romano Prodi presidente dell’Iri auspicava la costruzione del Ponte sullo Stretto e quello leader del centrosinistra ne ha perorato la demolizione, sia pure metafisica? Perché nel 2002 la minoranza parlamentare, con in testa Francesco Rutelli – di certo non un ex socialista – osteggiava l’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e oggi, quella stessa forza politica divenuta maggioranza, con in testa Matteo Renzi, marcia nella direzione contraria?

Tra parentesi, la specifica sul Garofano Rosso è essenziale poiché, come ricordato proprio in questi giorni dal premier, i comunisti, a cavallo tra la fine degli anni ’60 e i primi mesi del 1970, si schierano contro lo Statuto, voluto fortemente dal Psi e da un suo ministro, Giacomo Brodolini.

E perché per anni, sempre il centrosinistra, a causa dell’assenza delle preferenze, ha massacrato senza pietà la vigente legge elettorale varata nel 2005 e ribattezzata Porcellum – dopo che il suo fautore, il leghista Roberto Calderoli, la definì egli stesso “una porcata” – e adesso ne ripropone una, l’Italicum, con lo stesso, identico peccato originale? Peccato per il quale, esattamente otto anni dopo, va aggiunto, la Consulta ne ha proclamato l’incostituzionalità.

Passando dal generale al particolare, è breve il passo che conduce alle isole pedonali. In tutto lo Stivale, il Pd insieme al resto dei partiti della sinistra ne promuove giustamente la realizzazione. A Rovigo, per esempio, proprio la suddetta coalizione ha provveduto a pedonalizzare il centro, dopo avere scalzato dalla guida della città Forza Italia, An e Lega Nord, nel 2006. Lo stesso Gaetano Cacciola, assessore messinese alla Mobilità Urbana, ha commentato che, se all’Anci raccontasse quello che sta succedendo a Messina, gli riderebbero dietro.

Ma allora perché il Pd promuove isole pedonali ovunque tranne che a Messina? Semplice, per mere ragioni di bottega, di speculazione politica, di interesse particolare. Perché l’opposizione non deve mai essere costruttiva ma distruttiva. Più fanciullescamente, perché non è stata una sua idea. Come per l’articolo 18, il Ponte, il Porcellum e tanto altro.

Ma a tornare è anche un altro tormentone dell’ultimo ventennio: il conflitto di interessi. Sì, perché, andando a rileggere l’ordinanza del Tar di Catania, si apprende che uno dei ricorrenti è rappresentato dall’avvocato Giuseppe Trischitta. Sicuramente è un caso di omonimia perché pensate che cosa triste sarebbe se si trattasse di quello stesso Giuseppe Trischitta che siede in Consiglio comunale a Messina. Quello che è addirittura capogruppo di Forza Italia. Non sarebbe esattamente il massimo presentare un ricorso al Tar contro l’isola pedonale, da professionista, e votare contro la stessa, da rappresentante degli elettori. Alcuni dei quali, magari, favorevoli all’area Cairoli. Eh sì, è proprio vero: se l’opposizione massimalista è appannaggio della sinistra, il conflitto d’interesse è assolutamente materia forzista.

Per non farsi mancare niente, ecco arrivare anche i tribunali che si sostituiscono alla politica. A rimarcare che “giudici e non eletti hanno deciso per tutti”, l’altro ieri, è stato il deputato regionale del Ncd, Nino Germanà. Proprio come è accaduto negli ultimi 20 anni, dove le strategie politiche di una delle due fazioni sono state pesantemente condizionate dai processi giudiziari. Processi sacrosanti per molti. Pretestuosi per altrettanti. Con il popolo a pagare per tutti, a prescindere da chi abbia avuto ragione.

Ieri, il risultato finale, è stato che la volontà di sei cittadini ha prevalso su quella di un sindaco eletto dalla maggioranza dei votanti con regole democratiche. Perché anche questo è stato uno dei mali della Seconda Repubblica: non accettare che chi vince le elezioni possa governare.

La verità, l’unica che forse appare incontrovertibile, è che c’è una certa refrattarietà a imparare dagli errori del passato. Ma si sa… i corsi e i ricorsi storici… per non parlare di quelli giudiziari.

Se son rose… ricorreranno. (@FabioBonasera)

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