Incontro su “Attilio Manca. Un suicidio di mafia”, il 7 febbraio a Palazzo dei Leoni

Sabato 7 febbraio, alle 17.30, al Salone degli Specchi della Provincia Regionale di Messina, si svolge un incontro sul tema con il giornalista Luciano Mirone, autore del libro “Un suicidio di mafia. La strana morte di Attilio Manca” (Castelvecchi Editore). Organizza l’iniziativa l’Osservatorio sui temi e i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza “Lucia Natoli” di Messina. Sarà presente l’autore. Intervengono il magistrato Sebastiano Ardita (Procura della Repubblica di Messina), il deputato Francesco D’Uva (Commissione Parlamentare Antimafia), l’avvocato Enzo Guarnera, l’avvocato Gianluca Manca (fratello di Attilio) e Saverio Masi, maresciallo dei Carabinieri. Modera Saro Visicaro, coordinatore dell’Osservatorio “Lucia Natoli”. Sarà presentato il progetto “Bibliò Attilio Manca”, un centro promosso dall’Osservatorio.

Il libro

Viterbo, ore 11:00 del 12 febbraio 2004. Un uomo riverso sul letto. Per terra una pozza di sangue. Nel braccio sinistro due buchi. A pochi metri due siringhe da insulina. Il cadavere è quello di Attilio Manca, 34 anni, originario di Barcellona Pozzo di Gotto, in Sicilia, primo urologo italiano a operare il cancro alla prostata col sistema laparoscopico. I magistrati di Viterbo sono sicuri che si tratti di un decesso per overdose, causato dall’assunzione di eroina, alcol e tranquillanti. Peccato che il giovane medico sia un mancino puro. Quei buchi dunque si trovano sul braccio sbagliato. Tutti i suoi colleghi escludono che Attilio facesse uso di droga. Solo gli «amici» siciliani accusano il giovane, ormai morto, di essere un eroinomane.

Troppe le cose che non tornano in questa storia. Per i familiari si tratta di un omicidio camuffato da suicidio. La morte del figlio, dicono, è da collegare con l’operazione di cancro alla prostata cui, nel settembre del 2003, è stato sottoposto a Marsiglia Bernardo Provenzano, capo dei capi di Cosa nostra, nascosto sotto falso nome e la cui latitanza – durata più di 40 anni –, secondo i magistrati di Palermo, fu favorita da pezzi dello Stato. Attilio avrebbe visitato e curato il boss in Italia, sia prima sia dopo l’intervento in Francia. E non è escluso che fosse presente anche in sala operatoria.

Quella raccontata da Mirone in questo libro è una vicenda intricata e incredibile, piena di colpi di scena e di omissioni investigative, di chiamate misteriosamente sparite dai tabulati telefonici e di strani silenzi. Una trama che porta in Sicilia, a Barcellona Pozzo di Gotto, dove una delle mafie più sanguinarie del mondo ha già ucciso un giornalista, Beppe Alfano, e costruito il telecomando utilizzato per la strage di Capaci. Ma è anche la storia di un dolore immenso: quello dei familiari di Attilio Manca che ancora oggi reclamano verità e giustizia. Un’inchiesta che cerca di fare luce su uno dei casi più clamorosi dell’ultimo decennio.

 

«La morte di Attilio è avvenuta in una regione dove la mafia è sbarcata da alcuni anni e la massoneria comanda indisturbata» (Angela Manca).

 

Luciano Mirone

Ha iniziato la sua carriera collaborando con il «Giornale di Sicilia», per poi passare a «I Siciliani» di Giuseppe Fava. Quindi ha scritto per una serie di testate nazionali come «il Venerdì di Repubblica», «Oggi» e «Marie Claire». Fondatore e direttore dei periodici «Lo scarabeo» e «Liberidea», oggi dirige il periodico «L’informazione», e collabora con la redazione palermitana de «la Repubblica», con il settimanale «Left-Avvenimenti» e con il mensile «Nuova ecologia».

Oltre a “Gli insabbiati”, ha pubblicato “Un paese” (Trincale, 1988, Premio Nazionale «NinoMartoglio»), “Michele Abruzzo racconta… Il Teatro siciliano” (Greco, 1992), “Le città della luna” (Rubbettino, 1997), “L’antiquario di Greta Garbo” (A&B, 2008).

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