Povertà e Tso: cadono tre capi di imputazione per i due attivisti, condannati per resistenza. Protesta in tenda il collettivo Pinelli

Quattro capi d’accusa che il pubblico ministero riduce ad uno (parlando durante la requisitoria  di “attitudine psicologica volta alla resistenza” )  e una sentenza che invece raddoppia la richiesta di pena che era di quattro mesi (due in meno rispetto a quanto previsto dal codice penale che prevede per il reato di resistenza dai 6 mesi ai 5 anni di reclusione). Il giudice monocratico Massimiliamo Micali, ha dunque condannato a dieci mesi il 39enne Sergio Runci e a 6 mesi la 29enne Irene Romeo. Lui resta ai domiciliari, lei da ieri è completamente libera poichè il giudice ha revocato l’obbligo di firma (entrambi non avevano precedenti penali).

La vicenda giudiziaria che vede protagonisti due attivisti scesi in piazza a manifestare contro l’abuso del Tso, in risposta all’infelice provocazione del consigliere comunale Adamo seguita all’occupazione da parte di una donna indigente dell’aiuola difronte l’Università,  è valsa uno scontro politico-ideologico di cui questa sentenza sembra riaprire i termini.

Se i due attivisti sono stati infatti entrambi assolti “per non aver commesso il fatto” dall’ipotesi di oltraggio a pubblico ufficiale, appare chiaro che quanto sostenuto dal vigile urbano non corrisponde alla verità, o che comunque non siano stati loro a provocare quelle lesioni contestate in aula. I reati contestati erano infatti: resistenza a pubblico ufficiale, lesioni volontarie, oltraggio a pubblico ufficiale e rifiuto a fornire le proprie generalità.

In attesa di conoscere le motivazioni di una sentenza ritenuta “complessa” dagli stessi avvocati difensori (il catanese Goffredo D’Antona e i messinesi Pierluigi Venuti e Guido Moschella) emerge anche la volontà del giudice di capire fino in fondo cosa è accaduto. Infatti, ordinando la trasmissione degli atti al pubblico ministero, in relazione al reato di lesioni con la classica dicitura “per fatto diverso da quello contestato” si apre la strada alla possibilità di riformulare l’accusa o che sussistano ulteriori reati.

La difesa proporrà l’appello, sebbene i tempi della giustizia potrebbero risultare addirittura più lungi di quello previsto dalla restrizione.

Intanto non è mancata una presa di posizione da parte del collettivo Pinelli, che si è autotassato per acquisire le immagini dell’arresto (registrate dal cameraman di Rtp presente al momento dello sgombero) prodotto in aula dalla difesa, e che dopo la sentenza di condanna ha inscenato una manifestazione itinerante per le piazze della città, posizionando delle tende.

“La sentenza giunge inaspettata – scrivono i membri del collettivo Pinelli – specie dopo la visione completa dei video forniti da emittenti locali e le testimonianze, favorevoli agli imputati, da parte di carabinieri presenti all’azione dimostrativa delle settimane scorse. Testimonianze e filmati privi di tagli, che mostrano una realtà dei fatti ben diversa da quella suggerita nel corso di una campagna politica e mediatica volta a descrivere i suddetti attivisti come violenti”.

“Crediamo che la sentenza di ieri sia estremamente preoccupante – continua una nota – non solo perché contraria alla realtà sensibile (quella che ognuno potrà presto vedere coi propri occhi sui social network), ma perché conferma il modo in cui la tendenza ad affrontare le questioni sociali per via penale sia ormai una pratica che caratterizza le istituzioni nel loro complesso e come ciò abbia fatto saltare, forse definitivamente, il principio di divisione dei poteri e i classici meccanismi di garanzia dei cittadini”.(@Pal.Ma)

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