Son giudici: prescrivere, prescrivere, prescrivere

di Gianfranco Pensavalli – Suvvia, credere che due magistrati di Messina, seppur accusati di reati gravissimi, debbano pagare è pura utopia. Così arriva la prescrizione per Giovanni Lembo, già alla Direzione Nazionale Antimafia con delega sulle regioni adriatiche e per l’ex capo dei gip di Messina, Marcello Mondello (foto in alto, edg). Han fatto passare 21 anni dalla denunzia dell’avvocato Ugo Colonna, che ha vissuto e vive vita da blindato e che fu costretto a trasferirsi a Torino. Tutto nasce dalle denunzie sulla gestione del boss Luigi Sparacio, poi finito tra i collaboratori di giustizia.
La Corte d’Appello di Catania, tornata a decidere dopo che la Corte di Cassazione nel 2014 aveva annullato la sentenza di secondo grado emessa nel 2012, ha respinto l’appello della Procura e della Procura generale di Catania, dichiarandoli inammissibili, ed ha prescritto tutte le accuse contestate agli imputati.
giovanni_lemboNel 2014 la Suprema Corte aveva annullato con rinvio l’assoluzione decisa in primo grado per Lembo, ravvisando l’aggravante di aver agevolato l’associazione mafiosa. In primo grado, addirittura nel 2008, l’aggravante ex articolo 7 era costata al magistrato la condanna a 5 anni. In secondo grado, nel 2012, i giudici l’avevano riqualificata in aggravante semplice, prescrivendo poi le accuse principali. Ora la caduta in prescrizione.
La prima sentenza d’appello era stata annullata anche per il maresciallo Antonino Princi e per l’ex Gip Marcello Mondello, per il quale i giudici d’appello avevano confermato la condanna a 7 anni. Erano stati quindi accolti i rilievi del pg Vito D’Ambrosio, che aveva chiesto alla Corte (presidente era Esposito) di annullare la sentenza del 2012.
Chiedendo l’annullamento, D’Ambrosio aveva preannunciato che avrebbe valutato l’attivazione dell’azione disciplinare nei confronti dell’estensore della sentenza per la pochezza – a suo dire – dell’atto depositato. Il pg ha anche precisato che avrebbe trasmesso gli atti alla Procura di Catania per verificare una presunta difformità fra dispositivo e motivazione.
sparacio
Luigi Sparacio

La II sezione della Corte d’appello di Catania aveva chiuso con una sentenza il caso giudiziario più clamoroso della storia messinese.

Sul banco degli imputati due ex giudici messinesi e un sottufficiale dell’Arma, accusati di aver pilotato le dichiarazioni di Luigi Sparacio, ex boss di primo piano e pentito di primo livello. Tra gli imputati lo stesso Sparacio.
I giudici catanesi, escludendo l’aggravante di aver agevolato l’associazione mafiosa, contestata a corollario delle due principali accuse, favoreggiamento e abuso d’ufficio, hanno poi applicato la prescrizione dichiarando quindi il non doversi procedere. L’ex magistrato era stato inoltre assolto dall’accusa di minaccia al pentito Paratore e per lui è stata revocata l’interdizione dai pubblici uffici. In primo grado era stato condannato a 5 anni.
Assoluzione perché il fatto non sussiste per il maresciallo dei Carabinieri Antonio Princi per le minacce al pentito Paratore, condannato in primo grado a 2 anni. Rispetto alla sentenza di primo grado, emessa nel 2008, erano rimaste in piedi sostanzialmente le condanne a 7 anni per concorso esterno a carico dell’ex capo dell’ufficio Gip di Messina, Marcello Mondello, ed a 6 anni e 4 mesi per il pentito Luigi Sparacio.
L’accusa per Lembo era quella di aver gestito la collaborazione di Luigi Sparacio in maniera deviata, così da tener fuori dalle dichiarazioni il boss Michelangelo Alfano, poi suicidatosi a Faro Superiore.
A dare il via al caso Messina erano state le dichiarazioni del penalista di Rodì Milici Ugo Colonna, che nel ’96 denunciò la falsa collaborazione di Sparacio. Alfano e Santino Sfameni, capo del mandamento di Villafranca, erano in contatto col boss messinese Domenico Cavò e, dopo la sua morte, con Sparacio, come hanno raccontato diversi pentiti, che hanno anche svelato i rapporti di Alfano con i politici e gli imprenditori messinesi.
A Mondello, invece, è stato imputato il collegamento con don Santo Sfameni. Concretizzatosi, secondo l’accusa, nell’archiviazione per Gerlando Alberti jr e Giovanni Sutera, poi condannati all’ergastolo per l’omicidio della giovane Graziella Campagna, 23 anni fa.
Nota finale. Il giudice catanese ha impiegato 13 mesi per depositare la sentenza. 13 mesi… (foto Enrico Di Giacomo)

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