Caso Attilio Manca, la procura di Viterbo chiede la condanna della “pusher”

La mafia dietro la morte di Attilio Manca? Una “supposizione fantasiosa” per la procura di Viterbo dove continua il processo per Monica Mileti, l’infermiera accusata di aver ceduto la dose di eroina fatale ad Attilio Manca, l’urologo di Barcellona in servizio all’ospedale di Belcolle, trovato morto nel suo appartamento il 12 febbraio 2004. Ieri pomeriggio   il pm Paolo Auriemma  alla fine del processo in corso davanti al Giudice di Viterbo, ha chieesto per l’imputata quattro anni e sei mesi di reclusione.

Secondo il magistrato, a incastrare la Mileti ci sono i tabulati con le tante telefonate tra la donna e l’urologo. ”Che Manca fosse un assuntore sporadico di sostanze stupefacenti lo dicono le testimonianze di persone incensurate, tutti professionisti, con nessun interesse a mentire. Tutte le altre ricostruzioni su questa vicenda sono supposizioni fantasiose”,  ha spiegato Auriemma, che ha chiesto per la donna anche 35.000 euro di multa.

L’ennesimo schiaffo per una famiglia che non ha mai smesso di cercare giustizia e che ora confida nell’apertura di una nuova indagine su quello che ha i contorni di un omicidio commissionato direttamente dal boss Bernando Provenzano per mettere a tacere l’unico testimone scomodo della sua latitanza, che lo avrebbe operato in una clinica di Marsiglia durante una delle sue tante fughe all’estero.

La nuova inchiesta è stata aperta circa due mesi fa dalla procura di Roma alla quale quella di Messina ha trasmesso i verbali con le dichiarazioni, tutte da verificare, del collaboratore di giustizia Carmelo D’Amico.

I familiari proseguono nelle loro battaglia mai interrotta in questi lunghi  13 anni, difesi dagli avvocati Fabio Repici e Antonio Ingroia: “Abbiamo le prove che mio fratello si trovasse a Marsiglia negli stessi giorni in cui fu operato alla prostata Bernardo Provenzano, e che il boss si sia fatto curare per i postumi dell’intervento nella provincia di Viterbo: ci chiediamo quale urologo lo abbia curato proprio in quella provincia. Sappiamo e abbiamo le prove ma non abbiamo alcuna fiducia nelle istituzioni, nessuna speranza. Solo un’opinione pubblica vigile può aiutarci ad uscire d questi anni di oblio”.

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