Atm e “SalvaMessina”: da MessinAccomuna l’allarme su un possibile danno erariale, “non appesantiamo i debiti”

In un corposo documento inviato a Sindaco, assessori, consiglieri comunali e parti sociali, il laboratorio di partecipazione civica MessinAccomuna, forte della presenza di chi conosce bene la situazione economico-finanziaria, ovvero alcuni tra gli ex amministratori, fornisce alcuni dati allarmanti sul possibile danno erariale e mette in guardia gli attuali amministratori sugli effetti di un debito che nel piano di riequilibrio formulato da De Luca verrebbe appesantito.

Ecco il documento integrale:

 

Al Signor Sindaco,

Ai Signori Assessori,

Al Presidente del Consiglio Comunale,

Ai Signori Consiglieri,

Ai Gruppi Consiliari,

Alle Organizzazioni Sindacali e Datoriali,

Agli Ordini Professionali.

Premessa

MessinAccomuna ritiene necessario che ogni discussione delle misure proposte nel cosiddetto “salvamessina” sia preceduta da una seria, attenta e approfondita valutazione della reale necessità di ridefinire il perimetro economico del riequilibrio finanziario di Messina e dalla precisa quantificazione di questa eventuale ridefinizione. In assenza di questa base i provvedimenti varati sarebbero carenti di motivazione e fonte di potenziale danno erariale, poichè imporrebbero ai cittadini sacrifici non dovuti ed eventualmente non legittimi. Per questa ragione “messinAccomuna” sottopone ai Consiglieri Comunali, alle forze politiche e sociali, agli ordini professionali questa nota che discute uno dei presupposti economici del cosiddetto “salvamessina” (i provvedimenti relativi ad ATM). In questa premessa sintetizziamo brevemente gli elementi di valutazione proposti, poi tecnicamente approfonditi nei due paragrafi che seguono.

A premessa del “salvamessina” viene rappresentata la necessità di incrementare l’esposizione debitoria del Comune nel rimodulando piano di riequilibrio. Una quota importante di questo appesantimento finanziario è attribuita all’assorbimento delle passività ATM. In questa nota viene discussa la fondatezza normativa di questa ipotesi. In particolare, l’amministrazione De Luca propone per ATM due interventi: 1) l’incremento del passivo del piano di riequilibrio del Comune (ossia del costo a carico della collettività) per “perdite” ATM (portando l’esposizione relativa a questa voce da 32 a 81 milioni, secondo quanto pubblicamente annunciato dagli esponenti dell’amministrazione e, in primis, dal Sindaco); 2) la liquidazione dell’azienda e la costituzione di una nuova SpA. La prima operazione proposta appare giuridicamente non fondata e per conseguenza illegittima, la seconda non necessaria.

Le ragioni delle valutazioni sopra espresse (approfondite nei prossimi paragrafi) sono le seguenti:

  • ATM non è “società di capitali”, ma “azienda speciale”. Come tale è regolata dal Testo Unico degli Enti Locali (TUEL), che definisce tassativamente cosa può essere portato a riconoscimento di debito fuori bilancio per i Comuni;
  • Il TUEL, vincolando a riconoscere i “disavanzi” dell’azienda speciale (cfr. lettera b dell’art. 194), non consente al Comune di riconoscere i “debiti” di un’azienda speciale qualora questi risultino coperti da crediti e non generino “disavanzi” nei bilanci;
  • La citata lettera b) dell’art. 194 del TUEL, a differenza della lettera c) che disciplina il caso delle “società di capitali”, non prevede alcuna forma di ricostituzione del capitale di un’azienda speciale;
  • L’importo di 32 milioni circa già inserito nel piano di riequilibrio corrisponde a quanto previsto dalla normativa, è stato definito con il coinvolgimento e il parere favorevole del Collegio dei Revisori e non è stato censurato dal Ministero dell’Interno nella prima sommaria istruzione del piano;
  • Le “aziende speciali” (soggetti non fallibili) non sono assoggettate alle norme fallimentari o concorsuali, ma solo alla disciplina del TUEL e non sussiste per le stesse alcun obbligo di liquidazione;
  • È invece necessario mantenere la gestione del trasporto pubblico locale nell’alveo pubblico per coerenza con l’esito del referendum del 2011 sui servizi pubblici locali.

Di seguito lo sviluppo e l’approfondimento delle argomentazioni esposte.

 

  1. Aumento della massa debitoria del Comune per circa 50 milioni

L’amministrazione De Luca ritiene che il piano di riequilibrio del Comune debba dare copertura totale all’esposizione debitoria di ATM, che viene determinata in un totale di 81 milioni. L’appesantimento di circa 50 milioni rispetto ai 32 già stanziati dal piano di riequilibrio appare improprio (frutto di una erronea sovrapposizione concettuale tra “perdite” e “debiti coperti da crediti”) e non dovuto per legge (a meno di non confondere le prescrizioni normative relative alle “aziende speciali” con quelle relative alle “società di capitali”). Per comprendere perché il valore proposto dall’amministrazione è improprio e non dovuto dobbiamo in primo luogo distinguere tra “disavanzi” (o perdite) e “debiti” dell’azienda e, in secondo luogo, chiarire alla luce del Testo Unico degli Enti Locali quale parte dei “disavanzi” di un’azienda speciale debba essere effettivamente portata a riconoscimento da un Comune.

L’importo di 81 milioni indicato dall’amministrazione De Luca risulta dalla somma delle perdite registrate nei bilanci ATM al 31.12.2013 (circa 51 milioni), cui vengono indebitamente aggiunti circa 30 milioni di debiti risultanti nei bilanci del periodo 2013-2016, bilanci che però chiudono tutti in attivo. La coesistenza di debiti e bilanci attivi indica che a fronte di obbligazioni di pagamento non saldate l’azienda ha maturato crediti non riscossi. Non ci sono quindi perdite di bilancio, essendo i debiti coperti da crediti considerati certi dall’organo di revisione e come tali riportati nei bilanci aziendali (ricordiamo che di recente l’amministrazione e il Collegio dei Revisori dell’azienda hanno definito “corretti” i bilanci ATM). È evidente che i debiti coperti da crediti determinano ritardi nei pagamenti, ma non costituiscono perdite per l’azienda e non generano disavanzi[1].

La distinzione sopra fissata è essenziale per definire la parte di esposizione debitoria dell’azienda che, riferendosi alle prescrizioni di legge contenute nel Testo Unico degli Enti Locali (D. Lgsl. 267/2000) (e in particolare nell’art. 194 che disciplina la materia dei debiti fuori bilancio), può essere riconosciuta dal Comune e dunque inclusa nel piano di riequilibrio finanziario pluriennale dello stesso. Con riferimento alle passività delle “aziende speciali” riconoscibili dai Comuni come “debiti fuori bilancio”, l’art. 194 del TUEL prescrive al c. 1, lett. b), che: “Gli enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da copertura di disavanzi di aziende speciali. Il TUEL, dunque, vincola tassativamente[2] i Comuni a riconoscere solo ed esclusivamente i disavanzi (non anche i debiti) delle aziende speciali, che siano dovuti a fatti di gestione. L’inclusione dei “debiti” tra le passività riconoscibili dai Comuni, se gli stessi sono coperti da crediti certi e inseriti nel bilancio aziendale, è esterna alle previsioni di legge, in quanto non indicata nel tassativo elenco delle figure che possono costituire “debito fuori bilancio” (cfr. nota 3, più avanti).

Da quanto precede, appare evidente che l’eventuale inserimento nel piano di riequilibrio di Messina dell’importo di 81 milioni derivanti dalla somma di “disavanzi” e “debiti coperti da crediti” relativi ad ATM sarebbe illegittimo, non possedendo le qualità o le condizioni richieste dalla legge per essere riconosciuto come tale. Dai bilanci aziendali risulta infatti che, al 31.12.2013, le “perdite aziendali” (ossia i disavanzi cumulati nei bilanci precedenti al consuntivo 2014) sono pari a € 51.450.010. Dagli stessi bilanci risulta però che l’azienda dispone di risorse (dotazioni e riserve) per un totale di € 18.795.079; per conseguenza le perdite aziendali non coperte dalle risorse aziendali (ed equivalenti al valore negativo del patrimonio netto dell’azienda) sono pari a € 32.406.771.

Poiché l’ATM è “azienda speciale” e non “società di capitali”, la legge non prevede che la copertura delle perdite aziendali riconoscibile dall’Ente Locale debba spingersi alla ricostituzione della dotazione iniziale. L’art. 194 distingue infatti il primo soggetto (azienda speciale) dal secondo (società), trattando il riconoscimento delle perdite in due differenti lettere. Come già visto, nel caso di aziende speciali si applica la già richiamata lettera b), che stabilisce il riconoscimento delle “perdite” delle aziende speciali (come sopra definite, al netto dei “debiti” che hanno copertura in bilancio) senza prescrivere la ricostituzione del capitale di dotazione dell’azienda. Nel caso delle società, invece, si applica la lettera c), secondo la quale “gli enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da (…) ricapitalizzazione di società di capitali costituite per l’esercizio di servizi pubblici locali[3]. L’obbligo di ricostituzione del capitale, espressamente richiamato per le società, non è altrettanto espressamente previsto per le aziende speciali ed è, pertanto, non dovuto per legge. Anche la ricostituzione del capitale di dotazione non appare dunque espressamente riconoscibile come debito fuori bilancio ai sensi dell’art. 194.

Vale la pena evidenziare due dati procedurali che confermano la correttezza e la rispondenza a norma del valore inserito a copertura tra le passività riconoscibili dall’Ente Locale verso l’azienda. In primo luogo, il piano di riequilibrio approvato dal Consiglio Comunale, che includeva tra le passività dell’Ente la quota di perdite ATM definita dal valore negativo del patrimonio netto dell’azienda risultante al bilancio consuntivo 2013, è stato costruito con la partecipazione dell’Organo di Revisione del Comune. La delibera del piano di riequilibrio relazionava chiaramente circa l’operazione posta in essere, recitando in merito al punto: “Alla luce di quanto previsto alla lettera b) dell’art. 194 del TUEL, il piano di riequilibrio del Comune di Messina include il valore negativo del patrimonio netto risultante dallo schema di bilancio consuntivo 2013 trasmesso in data 09/07/2014[4] e il parere favorevole del Collegio dei Revisori, dopo aver richiamato l’operazione posta in essere, concludeva che: “L’Ente ha valutato congruo l’importo destinato in considerazione delle ormai prossime iniziative volte al rilancio delle attività dell’azienda speciale, e idonee a consentire alla stessa di colmare autonomamente la differenza di risorse necessarie al suo riequilibrio finanziario[5]. In secondo luogo si rammenta che questa versione del piano di riequilibrio è stata assoggettata a un primo esame istruttorio da parte del Ministero dell’Interno, a esito del quale il documento contabile è stato oggetto di 23 osservazioni e/o richieste di integrazioni, ma che nulla è stato in quella relazione osservato o rilevato circa il valore inserito nel piano con riferimento alle passività ATM.

Da quanto sopra argomentato consegue che, con riferimento alle perdite di ATM, l’importo legittimamente riconoscibile come debito fuori bilancio da parte del Comune è limitato al valore negativo netto del patrimonio aziendale; ogni altro importo causerebbe un danno indebito ai cittadini.

 

  1. Liquidazione dell’azienda e costituzione di una nuova società per azioni

Poi c’è la questione della trasformazione dell’azienda in società. Da quanto precede si capisce che la premessa posta dall’amministrazione a questa proposta è infondata: la situazione finanziaria dell’azienda appare governabile e risolvibile con: risorse di bilancio, piano di riequilibrio del Comune, riduzione del debito definita dalla “rottamazione delle cartelle”[6] e ricapitalizzazione tramite immobile, dovendo invece l’azienda affrontare un problema di disponibilità liquide immediate; l’allungamento a 20 anni del periodo di riequilibrio del Comune consente inoltre lo sviluppo dei servizi e degli investimenti. Quanto al presunto obbligo di trasformazione societaria, l’operazione NON è necessaria, anche in considerazione che, data la necessità di garantire l’universalità dell’accesso e quella di servire tratte strutturalmente in perdita, il servizio “unitario” e di rilevanza costituzionale del trasporto pubblico locale finisce col perdere la ” rilevanza economica”, e un servizio non avente carattere pieno di rilevanza economica può essere svolto da azienda speciale (art. 113-bis del TUEL). Non c’è dunque una stretta NECESSITA’ (né finanziaria né di obbligo normativo) per la sua trasformazione.

Né vale il richiamo agli obblighi di liquidazione delle società in perdita di cui al Codice Civile, dato che le aziende speciali, rientrando nel novero delle aziende “non fallibili”, non sono soggette alle normative concorsuali o fallimentari e sono invece regolate solamente dal Testo Unico degli Enti Locali.

Se tale operazione dovesse comunque avvenire, la convenienza andrebbe preventivamente e tecnicamente dimostrata e l’azienda dovrebbe prendere la forma della società “in house”, prevedendo la totale partecipazione pubblica e l’impossibilità di cedere quote a privati. Ciò per evitare (in linea con l’esito del referendum del 2011) che sui servizi pubblici si realizzino profitti privati.

 

 

 

 

 

 

 

 

MESSINACCOMUNA, 11 Novembre 2018

[1] Il disavanzo economico di un’azienda è il “decremento che subisce il patrimonio netto aziendale per effetto della gestione [come risultante] dai dati consuntivi”. (“Dizionario di Banca e di Borsa”, Ed. Giuffrè, pag. 545).

[2] Sulla necessità di considerare “tassativa” (e, conseguenzialmente, limitata all’indicazione letterale e non estensibile con interpretazioni analogiche) è ripetutamente intervenuta la Corte dei Conti con numerose e convergenti pronunce; citiamo tra le più recenti la Deliberazione n. 95/2018 della Sezione di Controllo della Regione Puglia, dove si conferma che: “L’art.194 del D.Lgs. n. 267/2000 individua, in modo tassativo, l’ambito e le procedure per riconoscere la legittimità dei debiti fuori bilancio”. Ciò porta ad escludere, ad esempio, che le transazioni possano essere considerate “debito fuori bilancio” e sottoposte allo stesso iter di riconoscimento di legittimità.

[3] Per completezza, si riporta l’intero testo del primo comma del citato articolo che definisce le cinque fattispecie di debito riconoscibili dagli Enti Locali:

Articolo 194 – Riconoscimento di legittimità di debiti fuori bilancio

  1. Con deliberazione consiliare di cui all’articolo 193, comma 2, o con diversa periodicità stabilita dai regolamenti di contabilità, gli enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da:
  2. a) sentenze esecutive;
  3. b) copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni, nei limiti degli obblighi derivanti da statuto, convenzione o atti costitutivi, purché sia stato rispettato l’obbligo di pareggio del bilancio di cui all’articolo 114 ed il disavanzo derivi da fatti di gestione;
  4. c) ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal codice civile o da norme speciali, di società di capitali costituite per l’esercizio di servizi pubblici locali.
  5. d) procedure espropriative o di occupazione d’urgenza per opere di pubblica utilità;
  6. e) acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 191, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’ente, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza.

[4] Cfr. Delibera del Consiglio Comunale di Messina n. 23/C del 02/09/2014, relazione al Piano di Riequilibrio Pluriennale Finanziario 2013-2022 (art. 243-bis del T.U.E.L.) del Comune di Messina, pag. 54.

[5] Cfr. Collegio dei Revisori, Prot. n. 36/2015 Rev./U./ del 06/02/2015 “Parere sulla proposta di Deliberazione Consiliare n. 3 del 22/01/2015, avente ad oggetto: “Rimodulazione piano di riequilibrio pluriennale”, par. 6) “Debiti azienda trasporti”.

[6] Alla luce del chiarimento fornito dall’Agenzia delle Entrate, le facilitazioni della “rottamazione-ter” definita nell’’art. 3 del D.L. 119/2018 sono automaticamente estese a chi avesse fatto accesso alla “rottamazione-bis”, trovandosi in regola col pagamento delle rate previste fino al 31 ottobre 2018, la cui scadenza è posticipata al 7 dicembre p.v. (cfr: https://www.agenziaentrateriscossione.gov.it/it/Per-saperne-di-piu/definizione-agevolata/Definizione-agevolata-2017/ ).

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