Vangelo Ora: dubito ergo sum, dubito dunque sono

Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

Non so voi ma a me viene davvero difficile porre fiducia o dare un incarico a persone che mi hanno abbandonato magari nel periodo difficile della mia vita o che nutrono dei dubbi sulla mia persona. Ma dopo aver letto questo brano è evidente che per Gesù non è così. Egli sul monte della Galilea, compie un atto illogico, si fida di coloro che lo hanno rinnegato e abbandonato. Pone la sua fiducia in loro, crede in quegli uomini così come continua a credere in me e in te. Affida il suo messaggio a chi dubita ancora, nonostante sia prostrato dinnanzi a lui. Affida il suo messaggio di salvezza e di speranza non ai primi della classe ma a dei pescatori, esattori delle tasse, pubblicani, zeloti… donne la cui reputazione è calpestata solo per il fatto di essere donne. Egli ha fede in noi anche quando noi non abbiamo una fede salda.

Mi piace un’espressione di Ronchi che voglio condividere con voi: “Non esiste fede vera senza dubbi. I dubbi sono come i poveri, li avremo sempre con noi”. Ed è vero. Personalmente faccio fatica a credere a coloro che asseriscono di non avere dubbi. Dubitare non è un atto contro la fede; la fede e il dubbio sono le facce della stessa medaglia, l’una non può stare senza l’altra!
È il dubbio che interpella la fede e la spinge a cercare ancora, senza mai arrendersi. Cercare non fuori di noi, all’esterno ma dentro di noi, meditando, ruminando la Parola di Dio dopo averla ascoltata. Sant’Agostino riguardo al dubbio dice: “Il dubbio è un’esperienza interiore. Comincia con la sensazione delle cose esterne che ha carattere incerto. Non lo si supera cercando appigli nelle cose, aggrappandosi alla realtà esterna e cercando in essa il fondamento della verità. La via dell’esteriorità offre sempre nuovi appigli al dubbio: cercare verifiche esterne è un po’ come frenare sul ghiaccio. Il dubbio si supera solo approfondendo la sua esperienza interiore”.

Quindi non preoccupiamoci, e soprattutto, non sentiamoci in colpa! Dubitare non significa negare. Se dubitiamo sul serio, cercheremo anche sul serio.  Il dubbio ci aiuta anche ad avere un senso del limite, a non sentirci onnipotenti e infallibili. Quando al dubbio non segue la ricerca, significa che il dubbio non è reale. Forse si tratterà di indifferenza. Dell’indifferenza sì, dobbiamo preoccuparci e dobbiamo sentirci in colpa. L’indifferenza chiude le porte al pensiero, agli affetti…
“In una parola: l’indifferenza smentisce l’umano”.

Scriveva Leopardi nello Zibaldone: “Piccolissimo è quello spirito che non è capace o è difficile al dubbio“. E mai come in questo momento storico, nel quale siamo bombardati dalle informazioni e da fragili certezze, il dubbio, come metodo di ricerca e strumento di conoscenza soprattutto di Dio, torna di grande utilità.

Come ai discepoli, Gesù ci da appuntamento in Galilea, terra dei pagani, lontana da Gerusalemme, luogo dove Gesù ha vissuto la vita di ogni giorno, e iniziato il suo annuncio.  La Galilea è il luogo dove ognuno di noi vive la propria quotidianità, dove incontriamo l’altro, dove celebriamo l’amore di Dio e non mi riferisco solamente alla chiesa dove ci rechiamo per celebrare l’Eucarestia o per pregare.

Voglio riportare un pensiero del tedesco, H.U. Von Balthasar  che può aiutarci meglio a comprendere questo versetto del Vangelo di oggi:
“Ogni volta che un credente cerca il Signore, comincia dai luoghi dove è convinto di poterlo trovare; soltanto dopo si rassegna a cercarlo ove invece è convinto che non lo troverà… ma proprio lì, finalmente lo incontra. Anche Maria e Giuseppe fecero l’amara esperienza di cercare il loro bambino prima nella carovana, ove pensavano che fosse, insieme con gli altri figli del clan. Solo dopo tre giorni si risolsero a tornare indietro, nel Tempio, e lì, stupefatti, lo trovarono mentre discuteva con i Dottori della Legge e li interrogava. Questo accadeva molti anni prima della passione del Signore.
Dopo la Risurrezione, la situazione è per così dire capovolta: non cercate il Risorto soltanto nel Tempio; il Figlio di Dio è ritornato in vita per essere il Dio dei vivi e dei morti, il Dio dei Giudei e dei pagani, dei credenti e dei non credenti… Potrete trovarlo là dove si raccolgono tutte le confessioni e nessuna confessione; in Galilea.
Vi sta aspettando”
.

È ovvio che Gesù ci invita a non stare in disparte come i farisei, ma camminare tra i peccatori, mescolarci con la gente di poco conto per essere uno dei tanti così come era nel suo stile nei luoghi che Papa Francesco chiama periferie esistenziali.

Gesù, oggi come allora, manda ogni battezzato ad annunciare la sua Parola, a trasmettere il suo amore. Ci manda a trasmettere la stessa esperienza di amore ricevuto dal Padre. Manda noi con le nostre fragilità e i nostri dubbi a svolgere un umile servizio di condivisione chiedendo di battezzare.  La nostra mentalità legata  al concetto di sacro più che al santo, spesso ci impedisce di comprendere che non si tratta di compiere un rito ma di condividere un evento che è di tutta la vita e che trova il suo principio nella Incarnazione del Signore (cfr. Fil 2,6-11): essere immersi nella profondità di Dio. Il compito di ogni battezzato che sceglie di essere in Cristo nella quotidianità è quello di testimoniare di essere tuffati, immersi, nella essenza stessa di quel Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo. Testimoniare che facciamo parte del sistema Trinitario che è unità, comunione… accoglienza.

Quanto sarebbe bello capire che siamo chiamati a camminare sulla terra come dentro un tabernacolo, dentro un battesimo infinito testimoniando che Cristo non è lontano da noi ma è il Dio con noi ogni volta lo sappiamo riconoscere nel mondo che ci circonda.

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