22 anni fa ci lasciava Fabrizio De André, il poeta dell’amore e cantore degli ultimi

di Salvatore Di Bartolo – “Ama e ridi se amor risponde piangi forte se non ti sente dai diamanti non nasce niente dal letame nascono i fior”. L’11 gennaio 1999 ci lasciava Fabrizio De André. Morì in un letto dell’Istituto dei Tumori di Milano, dov’era stato ricoverato a causa dell’aggravarsi delle sue condizioni fisiche in seguito ad una diagnosi di carcinoma polmonare avvenuta circa un anno e mezzo prima. Il tumore si portò via un artista sopraffino e sempre straordinariamente attuale che oggi viene ricordato non solo come un cantautore, ma anche come un poeta e un intellettuale.

Così molti amano descrivere Faber, cantore degli emarginati, degli indignati, delle vittime d’ingiustizia, delle minoranze, ma anche dell’amore, della morte, della solitudine. Bocca di rosa, Il pescatore, La guerra di Piero, Via del Campo, Don Raffaé, Amore che vieni amore che vai, Amico fragile, Anime salve sono solo alcuni dei brani più famosi ed apprezzati di De André.

Fu tuttavia una magistrale interpretazione della celeberrima La canzone di Marinella da parte di Mina a farlo conoscere al grande pubblico nel 1957. Una vita vissuta a 360 gradi quella di Faber, che spazia dall’interesse per la politica che lo portò a definirsi un anarchico, all’alcolismo superato poi grazie ad una promessa strappatagli dal padre sul letto di morte, dalla paura di esibirsi dal vivo superata con un concerto alla Bussola nel 1974, fino alla ricerca di un contatto con la natura e il lavoro agricolo in Sardegna.

E poi ancora la tragica esperienza del rapimento, avvenuto il 27 agosto 1979, che vide De André e Dori Ghezzi allora sua compagna, diventata sua moglie dieci anni più tardi, finire nelle mani dell’anonima sequestri sarda, che li liberò solo quattro mesi dopo, tra il 21 e il 22 dicembre, dopo il versamento del riscatto da parte della famiglia (550 milioni di lire circa).

Il resto è storia. Un gran bel pezzo di storia della musica italiana che, fortunatamente, anche a distanza di 22 anni dalla dipartita di Faber, non sembra sfuggire alla memoria collettiva.

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