Vangelo Ora: la Parola di Dio, “centro estetico” per essere portatori di bellezza

di FraPè – Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

Ho letto e riletto questo brano, un racconto che è pieno di riferimenti all’Antico Testamento. Voglio iniziare la mia meditazione con una domanda semplicissima: “Cosa dice oggi a me uomo, cristiano battezzato e poi frate, questo brano di Vangelo. Cosa può dire a noi oggi il racconto della trasfigurazione”.

Con Gesù domenica scorsa siamo stati “sospinti dallo Spirito nel deserto” luogo del fidanzamento in cui, come dice Osea, Dio conduce la sua amata. Oggi, chiamati a cambiare il nostro sguardo per guardare la realtà con occhi diversi, con gli occhi di Dio.

Ma per fare ciò bisogna guardare anche Dio con occhi nuovi: il Signore non toglie nulla, non priva, non castiga, non ci sottomette. Dio è Padre e non padrone.

Per troppo tempo la religione è stata vista, non sempre a torto, come oppio dei popoli. Qui l’evangelista Marco ci parla di tre uomini che riescono a vedere Gesù con uno sguardo diverso, non più il rabbino, il Maestro, il profeta ma il Figlio Amato dal Padre e che va ascoltato. Solo dall’ascolto della Parola, dall’assumere gli stessi sentimenti di Cristo possiamo scorgere una realtà diversa da quella vista con uno sguardo prettamente umano. Dio ci invita a metterci dalla sua parte, ad alzare lo sguardo, di assumere il suo punto di vista.

“Possiamo essere cristiani da sempre, ed essere cresciuti a pane e Vangelo; possiamo frequentare la parrocchia e andare a Messa, finanche essere preti e suore e volere bene a Gesù, rispettarlo, amarlo, finanche. Ma quello che cerchiamo è uno sguardo diverso su di lui.”(Curtaz)

L’evangelista Marco ci sta raccontando un momento di felicità di Gesù che contagia i suoi tre discepoli. La felicità di Gesù è dettata dalla relazione col Padre, con le scritture rappresentate da Elia e Mosè. Dall’ascolto e dal compimento di quest’ultime che sono parole che escono dalla bocca di Dio.

Solo impastati di Parola e diffidenti alle parole dei falsi profeti che seminano odio, diffidenza, paura, possiamo guardare a questo deserto rappresentato soprattutto dalla pandemia in cui siamo immersi da tempo, deserto di affetti, di sogni, di certezze, di abbracci, per vederlo non come il luogo della prova, ma Kairos, tempo di grazia, luogo dove lasciarsi abbracciare dall’infinita bellezza del Dio di Gesù.

Ma se non siamo capaci di osare, di avere il coraggio di abbandonare la pianura della quotidianità della ripetitività, dell’assuefazione, della paura, dello scoraggiamento, del vittimismo, non saremo mai contagiati dalla felicità vera che è saper vedere la bellezza di un Dio che si fa prossimo in ogni fratello e sorella.

Sicuramente molti di noi hanno fatto l’esperienza dello stare in intimità con il Signore: ci sono momenti, nella preghiera, nella meditazione, durante una passeggiata in mezzo alla natura, in cui abbiamo la percezione profonda e precisa della bellezza di Dio. ci sentiamo invasi dal fuoco dello Spirito, ci sentiamo amati. Come Pietro anche noi desideriamo piantare una dimora e non muoverci da quel luogo di consolazione e pace. Ma il cristiano non può e non deve cedere al sentimentalismo. Queste esperienze servono per metterci in cammino, scendere a valle, annunciare con la vita quello che abbiamo udito, ciò che abbiamo visto.

“Camminando con Gesù nella nostra Galilea, nella nostra quotidianità, impariamo a seguirlo su un alto monte dove possiamo stare in intimità, liberi da tutto ciò che ci distrae per rispecchiarci in Gesù. Siamo invitati a diventare come Lui, ascoltando la Parola che trasforma la nostra vita e ci fa sentire la pienezza dell’amore”(Tiziana Frigione)

Solo mettendo in pratica la Parola possiamo operare la metamorfosi di Cristo in noi. Essere luce che attinge alla vera Luce. È la relazione con Dio che ci riveste di bellezza, della sua bellezza. È la Parola il centro estetico da frequentare con più assiduità per essere noi una realtà diversa, per essere noi portatori di bellezza, è a noi che in questa quaresima è chiesto di cambiare, di essere creature nuove, di fare metamorfosi del nostro modo di vedere le cose e gli altri. Di essere figli nel Figlio che guardano alla resurrezione.

Trasfigurati per trasfigurare nella gioia, in modo che nei momenti bui della vita possiamo tirare fuori dagli archivi dell’anima la luce e la bellezza sperimentata nella relazione con Dio.

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