DR. JEKYLL E MR. HYDE: UN MUSICAL CON LE KESSLER E TANTI TRALLALLA’

 

Dottor Jekyll e Mister Hyde  non è una storia che parla della lotta eterna tra il bene e il male, non lo è mai stato il romanzo di R.L. Stevenson e non lo è nemmeno questo libero adattamento. Ciò di cui tratta invece è un tema ben più complesso, più difficile da incanalare in regole semplici e comprensibili: quello che siamo diventati, incatenati da una società che ci impone di essere giusti secondo dettami estremamente soggettivi, e quello che invece dovremmo essere se si assecondasse la nostra reale natura, il nostro Io più nascosto.

Ed ecco che sul palcoscenico Mr. Hyde, visto come un cruento assassino alla stregua di Jack lo Squartatore, fa scoprire in realtà un’omosessualità che lui stesso cerca di uccidere, di rinnegare, rivelando il proprio odio di fronte a quello che, per la prima volta, è conscio di desiderare, ma che al tempo stesso gli è fonte di profondo turbamento.

Così come tutti i cittadini di questa Londra grottesca e tetra, imprigionati in un eterno crepuscolo, non sopportano più la propria immagine fasulla rimandata da uno specchio bigotto e perbenista e tentano di liberarsi da quegli abiti che non sono la loro vera pelle.

Oh bene, ora che ho fugato il dubbio del lettore sul fatto che ci sia, alla base di questa recensione, la comprensione della storia, passiamo alla critica.

Alice e Ellen Kessler, le Sorelle Kessler, come Dracula,  hanno attraversato gli oceani del tempo, approdando ad uno spettacolo dove il loro contributo sta unicamente nel fatto di essere gemelle. “The silence is sexy” cantano appena si alza il sipario, con un vocione da travestito brasiliano (presumo voluto), ed io non mi sono mai trovato più d’accordo, specialmente dopo le innumerevoli stecche e la straziante performance vocale sulle note di “Perfect Day”.  Fiore all’occhiello (un crisantemo probabilmente) è stato il momento di pseudo macarena con sottofondo di musica dance, momento reso ancor più epico dalla vociona fittizia di Alessandro Benvenuti che ci cantava “You touch my trallallà” (toccami il trallallà). Penso che valga da solo il prezzo del biglietto, ma solo per veri intenditori.

E di “Trallallà” se ne son visti davvero tanti nel momento in cui i ballerini/attori si sono denudati completamente. Personalmente avrei apprezzato molto se si fossero viste più “Trallallesse” e meno membri maschili, ma l’allegria delle signorotte di mezza età a fine dello spettacolo mi ha fatto pensare ad un apprezzamento profondo. Dato a Cesare quel che è di cesare debbo dire che il nudo vero in scena non funziona praticamente mai: non è la prima volta che assisto a queste trovate di realismo, ma qui è particolarmente imperdonabile visto che non c’è realismo concreto e quotidiano in nessuna parte dello spettacolo, se devo credere che Hyde accoltelli una prostituta con un pugnale inesistente, allora anche il nudo allegorico avrebbe dovuto essere una conseguenza inevitabile.

Per il resto lo spettacolo vantava un effetto scenico, d’atmosfera, di luci e di costumi fatti veramente da qualcuno con gli attributi, ma una falsità ed una vuotezza di interpretazione abissali. Movimenti estremamente meccanici non facevano pensare alla meccanicità dei personaggi costretti da un qualche ruolo sociale, bensì al fatto che il regista, o il coreografo, gli avesse detto di far così. E non mi si tedi con la faccenda che un ballerino ha un modo completamente diverso di esprimersi rispetto ad un attore : andate a vedervi i ballerini del Bol’šoj per comprendere l’interpretazione del viso e dei movimenti.

Una mia collega ha ipotizzato una certa autoironia nello spettacolo, un’autoironia voluta, a quanto pare dal regista Giancarlo Sepe, ma non mi trova d’accordo. Potrebbe, semmai, esistere una certa ironia sui bigotti e benpensanti (si veda il testo “toccami il Trallallà” e la nudità vera) ed anche una certa crudeltà assolutamente consapevole sull’utilizzo delle sorelle Kessler, ma non è in alcun modo supportato dal contenuto interpretativo, registico (scene troppo lunghe e monologhi atti a raccontare ciò che avrebbe invece dovuto succedere) e molte coreografie erano eccessivamente lunghe. Il messaggio era già contenuto nel romanzo, e la sensazione è che lo spettacolo sia nato solo ed esclusivamente per la voglia di portare in scena certe istantanee molto belle ma anche molto fini a sé stesse. 

Apprezzo ad ogni modo lo sforzo fatto per impedire che le gemelline cantassero Dadaumpa e per sopperire alla mancanza di Rosalinda Celentano, assente per problemi di salute e alla quale auguriamo di rimettersi presto in piedi.

Insomma, mi è piaciuto? Ovviamente no, ma indubbiamente è stato un esperimento interessante.

(RE CARLO)

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