Zero Dark Thirty: Niente petali di rose e poesie

 

 

Le recensioni dei bei film sono noiose, poco affascinanti e non fanno aumentare il numero di letture. Sono i film brutti che accendono gli animi, i film con attori o registi che puoi insultare che fanno commentare gli articoli, che creano alle volte reazioni scomposte. E visto che è molto divertente (soprattutto la parte delle reazioni scomposte devo dire), questa settimana avevo deciso di vedere e recensire l’ultimo film con Fabio Volo, che è una garanzia in questo senso. Alla fine però non ce l’ho fatta, e nonostante l’avvincente ed originalissima trama dell’avvocato single sciupafemmine che scopre l’amore che gli cambia la vita, sono entrato a vedere l’ultimo film di Kathryn Bigelow, che, sorprendentemente, ha una cosa in comune con Fabio Volo: anche lei è una garanzia.
Ed ho fatto bene, perchè Zero Dark Thirty è un gran film, difficile, duro, non per tutti sicuramente, che non fa sconti e che probabilmente per questo non attira pubblico. Pensate che durante il primo giorno di programmazione non è venuto nessuno a vederlo (ed è per questo che la recensione è pubblicata con un giorno di ritardo questa settimana).
Il film ci racconta la caccia a Bin Laden; 10 anni in cui i servizi segreti statunitensi hanno usato ogni mezzo possibile per arrivare a catturare ed uccidere il numero uno di Al Qaeda ed è stato al centro di furiose polemiche negli Stati Uniti perchè si sostiene che nel film venga data una giustificazione alla tortura, pratica che la CIA ha usato per estorcere informazioni a presunti terroristi.
Polemiche ridicole ed irritanti, perchè frutto del pregio più grande del film: il profondo rispetto nei confronti dello spettatore. Lo stile scelto dalla regista per raccontare la storia è quello di mettere in scena la trama con estremo realismo, e la tortura viene mostrata senza prendere posizione: è successo, hanno torturato degli esseri umani in maniera violentissima e grazie anche alla tortura Bin Laden è stato catturato.
Se sia stato giusto o sbagliato dipende dalla sensibilità dello spettatore, e vi assicuro che il dilemma a livello etico non è di facile soluzione.
Per 10 anni una donna grazie alla sua incredibile testardaggine e alla sua capacità fuori dal comune ha lavorato per rintracciare ed uccidere Bin Laden; in un mondo maschile e velatamente maschilista, Maya, la protagonista, lotta  sola contro tutti, tra lo scetticismo dei colleghi e gli sguardi di traverso; ed è bello  per una volta vedere la femminilità messa in scena in maniera così poco tradizionalista, ma in maniera così reale: niente petali di rose e poesie, ma tenacia e dedizione. E in questo senso il parallelismo con la regista che lavora in un mondo maschile e velatamente maschilista, ma che ha un talento limpidissimo ed uno sguardo così inconvenzionalmente femminile è fin troppo facile.
Se volete rilassarvi un paio d’ore forse è meglio Fabio Volo, ma se volete un film che vi rispetta e che alla fine vi lascia qualcosa da portarvi a casa, allora forse un tentativo con Zero Dark Thirty va fatto.

(Voto 8/10) 

(Umberto Parlagreco)

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