IL PD MESSINESE: CORSI, “RICORSI” E LA STRATEGIA DELLO “GNORRI”

Nessuno potrà mai affermare che non sia diritto di ogni cittadino, a maggior ragione se trombato alle elezioni a cui si è candidato, di far ricontare i voti, cercando un’ulteriore conferma del dato elettorale.

Ma a Messina niente è mai come sembra. Quel tratto culturale di tanti personaggi per i quali è stato coniato il detto dialettale di “u sceccu nto linzolu” pare si stia manifestando tra chi, politicamente, è chiamato ad assumersi la responsabilità di un ricorso “spacciato” per puro esercizio di diritto di “liberi cittadini”, come se il fatto che siano, tutti e tre i ricorsisti, legati alla compagine che ha sostenuto il candidato sindaco perdente, fosse una quisquiglia.

Eppure, quello che Felice Calabrò si affretta a dire dalle pagine di tempostretto.it, cioè che lui non ne sapeva nulla, appare l’ennesimo autogol di un partito che politicamente non ha più una guida. Infatti, a prescindere da quello che accadrà, non è il “fare ricorso” che ha scatenato le critiche contro il partito democratico, ma la strategia dello “gnorry”. Sarebbe stato più opportuno difendere dei compagni di partito, difendere politicamente un atto sostanziale che avrà comunque conseguenze, piuttosto che continuare a dire di non saperne nulla.

E se davvero i vertici del PD non ne sapevano nulla, allora dovrebbero subito prendere una posizione, dire una parola chiara, così come avevano detto prima del ballottaggio. Perchè questo ricorso ha un valore politico, è di fatto un atto politico. 

Ma cosa aspettarsi da un partito come quello che abbiamo visto all’assemblea di Cristo Re? Anche li ha prevalso la strategia dello “gnorry”: in molti hanno sottovalutato l’importanza di un dato politico inequivocabile, ovvero la sconfitta della linea genovesiana che, nonostante tutto, non è riuscita a fermare la “rivolta” di chi vuole un partito con una sua sede, chiarezza nella gestione del tesseramento e delle spese, un maggiore dialogo con gli iscritti. Prova ne è la “reggenza” del segretario regionale Giuseppe Lupo, nonostante pochi giorni prima del congresso lo stesso organo d’informazione vicino a Calabrò, lo aveva di fatto “candidato” quale nuovo segretario provinciale.

Quale sia il risultato del ricorso lo vedremo tra dieci mesi. Chissà se tra dieci mesi il PD messinese sarà in grado di rispondere anche a quell’elettorato che ha dato un segnale politico chiaro, un segnale che molti nel PD  hanno analizzato e trasformato in accuse nei confronti di una classe dirigente eterodiretta,  con parole “non gradite” che però hanno nei fatti, posto delle condizioni. E magari spianato la strada di un cambiamento anche nel PD. (PAL.MA.)

 

 

 

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