TASSE INGIUSTE? OLTRE I CANCELLI CHIUSI DELLE NOSTRE MENTI, DALL’URLO GROTTESCO ALLA DISOBBEDIENZA CIVILE

Dinanzi ad un evento di  portata sociale, come le manifestazioni di piazza, la politica, gli osservatori, hanno il dovere di fermarsi e cercare il modo migliore di affrontare le istanze che giungono dalla gente. La difficoltà sta nell’interpretare e nel raccontare gli eventi, evitando di cadere nelle trappole del cercare un colpevole o un grande manovratore, o peggio avendo un approccio vittimistico.

Sulla questione Tares i giornali (anche il nostro) hanno cercato di fare chiarezza e di informare sul perché e come è stato possibile arrivare ad una tassazione così gravosa. Elementi che ci hanno fatto ritenere giustificato il malcontento, sebbene i tempi di reazione della gente ad un atto amministrativo sono stati sbagliati. Se il comitato che ora prepara la class action fosse stato attivo durante le discussioni in consiglio comunale, piuttosto che chiedere oggi la sospensione in autotutela della delibera, probabilmente molta rabbia sarebbe stata veicolata verso una forma più costruttiva di protesta.

Ecco il punto. Canalizzare la rabbia dei cittadini non a favore di un cambiamento e di un diritto a manifestare, ma contro un’amministrazione (e ancor peggio contro un solo uomo) è pericoloso. Limitare le riflessioni a “di chi è la colpa”, o puntare sulla chiusura dei cancelli non solo è banale, ma persino ridicolo  alla luce delle immagini che hanno testimoniato la presenza di persone violente nel linguaggio e nelle azioni.

Nei  panni del Questore, infatti, non avrei consentito di lasciare ad una piazza scomposta, di persone con la bolletta in mano e nell’altra un volantino con la sagoma di un uomo, che questo stesso uomo affrontasse da solo una situazione di estrema tensione sociale. Ma non è sulla solitudine politica di Accorinti che vogliamo aprire una discussione, in questo momento.

I luoghi delle risposte politiche ci sono stati, ci sono e ci saranno. Le critiche politiche sul come fare meglio, sull’inadeguatezza dell’assessore Signorino, sui correttivi da apportare nell’immediato, sono condivisibili e lecite. Ma se non passa la consapevolezza che in ordine alle tassazioni è con i nostri amministratori che bisogna protestare e non contro, finiremo solo con rafforzare la vecchia logica del bisogno e del favore, in attesa che qualcuno più furbo ci dica (senza troppe spiegazioni) che ci penserà lui a farci pagare meno.

E’ quanto mai necessario non perdere  la lucidità politica di affrontare il vero dramma: cioè quello di un sistema-Stato che legifera non su indicazione del popolo elettore (e la fine del potere referendario lo dimostra) ma sulla base di sole logiche economiche dettate dalle grandi potenze bancarie.

Se partiamo dal presupposto che sosteniamo (con Thorau) che è ammissibile non rispettare le leggi quando esse vanno contro la coscienza e i diritti dell’uomo, non possiamo che riflettere su alcune derive che nulla hanno a che fare con il diritto di ciascuno di pretendere  giustizia sociale in questa come in altre città italiane. Messina non è estranea alle problematiche che hanno dato vita a reazioni: ma la città non era unita contro i poteri forti, piuttosto contro i poteri deboli (e questo è un altro problema che il movimento di Accorinti deve affrontare).

Se la nostra Messina è pronta ad una rivolta fiscale, così come è stata capace di portare dentro le Istituzioni degli uomini di estrazione non politica (e per questo fin troppo ingenui anche nell’affrontare la macchina dell’ipocrisia mediatica) che si inizi subito a non pagare le bollette, a non canalizzare gli stipendi in banca, a non pagare il canone Rai.

La Tares verrà presto sostituita da una tassa governativa in corso di elaborazione.  Che i cancelli di Palazzo Zanca siano chiusi, oppure no. E i cornuti, anche in questo caso, saremo tutti. (@palmira.mancuso)

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